Con tutto rispetto per i calciatori in campo, anima e cuore grandi con portafogli vuoti, la prima cosa che m’è venuta in mente, appena visto il rettangolo di gioco, è che oggi avrei assistito alla classica della saga fantozziana “Scapoli-Ammogliati”, organizzata dal ragionier Filini e giocata sotto il diluvio per la felicita di Fantozzi.

Resterà pura impressione, Cellamare è una bellissima realtà e la gara, secondo le regole illogiche del calcio moderno, sarebbe stata rinviata se ci fossimo trovati in altre categorie. Ma ci ritroviamo in Terza Categoria, per fortuna non al cospetto di una perfezione mascherata, di calciatori-signorine con conti in banca stratosferici o tifosi disposti ad accettare qualsiasi scempio dettato dalle logiche del calcio industria.

Si gioca ugualmente senza che a nessuno passi per la mente il triste pensiero di provare se il pallone rimbalzi: il calcio per combattenti, senza moralismi o perfezionismi in campo e senza telefonini nel settore.

Il tempo è di quelli che invoglierebbe la gente normale a farsi un giro in un triste ipermercato domenicale, dove potresti trovare uomini felici tirati come animali ammaestrati al guinzaglio dalle proprie mogli, compagne o amanti di turno. In barba al tempo decido invece di partire per un paesino che ho sentito nominare, o meglio avrò letto nei cartelli stradali ma che mai ho osato varcare per farci un giro.

Raggiungo con facilità il Campo Comunale. Da premettere che  ne ho girati davvero tanti ma, a mente lucida, sono consapevole che  al Comunale sarà la prima e molto probabilmente classica ultima volta. Per esperienza, in zone mai bazzicate preferisco arrivare in anticipo, perlustrare il campo sportivo e cercare di capire, nella lucidità che ancora mi accompagna, i punti più idonei per ricavare un dignitoso servizio fotografico.

Oggi tutto costituisce l’insieme di ostacoli rognosi per il mio obiettivo: rettangolo fangoso, una piccola gradinata classica da oratorio e un fauna selvatica nei dintorni, caratterizzata da cespugli, alberi incolti, ortaggi, patate e piantine cresciute per grazia ricevuta.

A rigor di logica ho solo due opzioni, riservandomene una terza che poi puntualmente ho dovuto usare: entrare in campo, opzione scartata a priori visto il terreno fantozziano di cui sopra, per cui furbamente seguo la strada dei signorini accreditati, quindi entrata dalla cancellata. Anche la seconda opzione appare impercorribile già dalla distanza: lucchetto, catena e il classico addetto di turno che mi fanno capire che oggi non avrò vita facile. Dopo un accordo verbale, patteggio per 10 minuti di scatti: non pensavo minimamente che venissero presi al cronometro, ma l’addetto senza pietà mi chiede cortesemente di andar via.

Faccio orecchio da mercante guadagnando secondi preziosi per godermi qualche altro scatto, che poteva essere l’ultimo data la giungla che c’era attorno. Le motivazioni non erano chiare, forse l’arbitro che si sentiva il Casarin della situazione o la visita dei commissari di campo, che ancora non capisco cos’abbiano da controllare in una Terza Categoria.

Ringraziando dei 10 minuti concessi, saluto l’addetto augurandomi tra me di non rivederlo più. Esco dallo Stadio Comunale un po’ sfiduciato e cerco la strada più difficile: avventurarmi dall’esterno in una fitta fauna e cercare di raggiungere la ringhiera dirimpetto alla gradinata. Quando la missione sembra essere compiuta, mi vedo nuovamente sbucare dai cespugli, con mio grande stupore, l’addetto in cerca dei palloni persi.

Mi spiega che l’arbitro (il novello Casarin) è stato categorico: nessuno attorno alla ringhiera. Ora mi torna tutto. Patteggio ancora una volta promettendogli aiuto nella ricerca dei palloni, in caso mi fossero balzati agli occhi: in cambio mi avrebbe finalmente fatto avvicinare alla ringhiera e avrei scattato come si deve.

Ovviamente dei palloni poco me ne fregava, così tra erbacce e ululati di cani/lupi mi accorgo che eravamo giunti già al 10′ del secondo tempo.

Ripartendo dal principio: gli ultras arrivano alla spicciolata, qualcuno assonnato, qualcuno con i postumi della sbronza del giorno prima, ma la preoccupazione di tutti è per la birra che non poteva in nessun modo mancare.

Ad occhio la curiosa gradinata raccoglie 150/200 sostenitori quasi tutti dell’Ideale. Noto con grande piacere la pezza dei veterani Ultras Bari (prima sede, “Via Altamura 14”) che hanno onorato della loro presenza i ragazzi dell’Ideale.

Massiccio il sostegno, diverse le torce accese. Nulla da dire, il gruppo è in grandissima crescita, numericamente e qualitativamente. Tanta acqua presa ma un “ideale” ultras che li contraddistingue inequivocabilmente. Per me, mi auguro mille di queste avventure, tra campi di patate, calcio popolare, calcioni a palla o gambe ma sopratutto aria genuina e gente genuinamente ultras.