Difficile trovare gare interessanti nel circondario laziale della Serie D. Poche squadre hanno un seguito importante e troppo spesso questure, osservatori e prefetti si mettono di mezzo chiudendo settori e vietando trasferte. Parliamo di una regione che ha lasciato il calcio in mano ai più disparati aguzzini, facendo fiorire e morire un mare di squadre senza batter ciglio e senza avere il minimo rispetto per chi, a livello locale, ha comunque scritto la storia dello sport più seguito del Paese. Nulla di nuovo sotto questo cielo, verrebbe da dire.

Il prologo è per spiegare come gare tipo questa, con la presenza di ambo le tifoserie nonostante la rivalità, siano davvero merce rara nel Lazio. Mi vengono in mente le decine di interdizioni e divieti che mensilmente piovono da organi spesso nullafacenti e corrotti come sono le varie prefetture delle diverse province, Roma in primis, oppure la noncuranza che costringe alla chiusura prolungata e coattiva di impianti storici come quello di Terracina.

Certo, non è tutto oro quel che luccica e per lasciare il proprio marchio di fabbrica l’Osservatorio ha, quasi ovviamente direi, obbligato i tifosi sorani ad acquistare i tagliandi solamente in prevendita, dietro esibizione di un documento di identità e con il limite di 100 biglietti a disposizione. Una buffonata, ovvio. Ma se fosse altrimenti non parleremmo di quest’organo e del calcio nostrano.

Dalla vicina Tarquinia mi metto in marcia per il capoluogo, distante appena 50 chilometri. Arrivo nei pressi dello stadio Rocchi quando manca un’ora al fischio d’inizio. Giusto il tempo di mangiare, ritirare l’accredito e sono sul verde manto dell’impianto cimino. Gli spalti si stanno lentamente popolando quando noto che, a differenza della mia ultima apparizione a queste latitudini, il piccolo gruppetto che si riconosce dietro l’insegna Antichi Valori, si è spostato dalla Nord in Tribuna Coperta. Nello storico cuore del tifo viterbese sono invece presenti le classiche pezze di Questione di Stile, che negli ultimi anni accompagnano i gialloblu in casa e in trasferta.

Quando mancano venti minuti alle 14,30 i tifosi ospiti cominciano a fare il loro ingresso. Mi metto vicino al loro settore per scrutare la porticina dalla quale la polizia li fa entrare uno alla volta, dopo minuziose perquisizioni in stile Alcatraz. Per carità, non che ami i piagnistei che vogliono sempre gli ultras vittime sacrificali del sistema o agnellini docili sacrificati per il pranzo pasquale, tuttavia quando vedo il trattamento che spesso viene riservato ai tifosi, oltre all’imbarazzante spiegamento di forze dell’ordine per gestire neanche cento persone, avverto una sensazione mista tra disagio, rabbia e voglia di non far più ritorno in uno stadio. Se il nostro Paese fosse così efficiente in altri campi, penso che nazioni come la Germania o i Paesi Scandinavi ci sarebbero dietro anni luce.

L’ingresso degli ultras sorani riscalda subito l’ambiente, con invettive che partono da un settore all’altro. Classica sfida tra città poste ai due antipodi del Lazio, totalmente diverse per tradizioni, storia e modo di parlare. Più vicino al toscano e all’umbro, per i viterbesi, più simile al campano, il dialetto dei sorani. Aspetti antropologici che mi trovano sempre interessato e che sottolineano la bellezza dell’Italia proprio per le sue diversità distanti anche solo 200 chilometri.

Quando le squadre fanno il proprio ingresso in campo i due settori si compattano. Da parte viterbese buon blocco centrale, che mette in mostra una bella fumogenata arancione condita dall’esplosione di alcuni bomboni. In merito a ciò voglio aprire l’ennesima parentesi su come vengano ormai emanate sanzioni in maniera arbitraria e a dir poco indecente. In settimana infatti verranno comminati alla Viterbese 2.000 Euro di multa e un turno a porte chiuse per aver utilizzato il materiale pirotecnico di cui sopra. Una decisione, secondo me, esagerata. Il vero e proprio specchio della demonizzazione ormai latente nei confronti non solo del tifo organizzato, ma proprio del tifoso in generale. Non credo che nessuno dei presenti si sia sentito offeso o messo in pericolo da un fumogeno, anzi ho visto bambini guardare con interesse quel denso fumo arancione levarsi al cielo. Eppure c’è sempre chi è pronto a scrivere e punire in base alle proprio buoniste e ipocriti credenziali legate la pallone. Facendosi poi troppo spesso sfuggire chi si aggiusta una partita o chi favorisce l’ascesa al calcio di squadre prive di storia ma pieni di soldi, capaci di durare il tempo di qualche anno facendosi terreno bruciato attorno ed infettando ancor più il mondo dello sport. Questione di punti di vista quindi. L’unica differenza è che il mio non danneggia nessuno, quello di altri invece va spesso a colpire intere città che hanno nella propria squadra il più bel punto di aggregazione.

Tornando alla cronaca del tifo, quello degli ultras viterbesi si mantiene abbastanza costante per tutta la gara, forse inficiato da qualche pausa di troppo. Belli i bandieroni sventolati per tutti i 90’ e il modo di occupare la curva facendo letteralmente quadrato e riuscendo a restare compatti. Per quanto riguarda i tifosi ospiti, credo che oggi siano stati un po’ al di sotto delle proprie possibilità, pur offrendo una buona prova a livello corale e di colore. E’ evidente che una tifoseria come quella sorana, che fonda il proprio stile sul tradizionale tifo all’italiana, abbia risentito e non poco del preventivo divieto di ingresso del tamburo. Altra vergogna tutta italiana. Non si capisce infatti con quale criterio a questi strumenti venga negato l’accesso da parte delle questure. Le stesse istituzioni che magari non riescono a contrastare fenomeni di microcriminalità legati allo spaccio di droga, alle truffe e oppure gli omicidi, rivalgono tutta la loro frustrazione e incompetenza la domenica nei settori ospiti e non solo. Vietando, a proprio giudizio, tamburi, piuttosto che bandiere o striscioni.

In campo la Viterbese ha la meglio, vincendo per 3-1 e confermandosi al secondo posto del girone. Finisce così con i gialloblu a festeggiare assieme ai propri tifosi, mentre per i calciatori del Sora c’è delusione e rabbia da parte dei supporters che li hanno seguiti in questa attesa trasferta. Mi concedo gli ultimi scatti e poi anche per me è arrivato il momento di rimettermi in marcia verso Roma. E’ l’8 marzo, e percorrendo la Strada Cimina non posso far altre che fermarmi a raccogliere qualche ramo di mimosa per le donne della mia vita: Milly e Nera, le due cagnoline che fedeli mi aspettano a casa!

Simone Meloni

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