Dopo la cavalcata trionfale nello scorso campionato di Eccellenza, il Termoli torna a giocare in Serie D potendo contare sul sostegno della propria tifoseria. La gara con il Trastevere cade esattamente nell’ultima domenica di estate, lo ricorda anche un sole caldo e un cielo terso.
Arrivo a ridosso dell’impianto di Via Vitellia quando manca una mezz’ora al fischio d’inizio. La bella zona in cui questo campo è incastonato (tra Villa Pamphilj e Monteverde Vecchio) non è certamente agevole dal punto di vista del parcheggio, pertanto da buon romano sono costretto a inventarmene uno affidando alla sorte il destino di ritrovare o meno il mezzo. Fortunatamente stavolta mi sarà amico.
Ho ben pensato di inframezzare il mattutino Ferentino-Sora e il posticipo tra Roma e Atalanta con questo match, per la curiosità di rivedere all’opera i supporter molisani a distanza di qualche anno. Gli ultras fanno il loro ingresso a partita iniziata, disponendo le classiche pezze e sventolando tre bandieroni. Sono circa trecento i chilometri che dividono la Capitale da Termoli, pertanto direi che la distanza, gli scarni risultati ottenuti dai giallorossi sinora e la mancanza di qualsiasi stimolo nel confrontarsi con una tifoseria casalinga, fanno sì che quella ospite sia una presenza di tutto rispetto.
Tralasciando l’aspetto calcistico – con il Termoli nuovamente sconfitto – quello che ovviamente più mi interessa è il responso delle gradinate. I molisani confermano le ottime sensazioni avute su di loro in passato. Prestazione vocale costante, ben ritmata dal tamburo e molto colore con i bandieroni sventolati per tutti i novanta minuti. Semplici, essenziali e tradizionali. Per questo pressoché perfetti!
Parere personale: non conoscendo menadito vicissitudini e accadimenti in seno alla tifoseria adriatica non voglio e non posso scendere troppo in giudizi di merito. Immagino e comprendo quanto sia tutt’altro che facile portare avanti un discorso continuativo in realtà piccole, che stentano spesso in ambito calcistico, quindi al netto del parere senz’altro positivo nel loro approccio allo stadio e nella maniera davvero genuina e passionale di fare tifo, forse l’unica critica che posso muovere ai supporter ospiti riguarda la costanza (parlando complessivamente, non di quest’anno nella fattispecie) nel seguito. Ma ripeto, è un parere personale che mi sento di mettere nero su bianco per onestà intellettuale.
Per il resto la Curva Marco Guida rappresenta uno dei tanti esempi di quanto in Italia, a portare avanti la carretta del movimento, a tenerne in piedi le basi, siano le cosiddette “piccole piazze”, laddove si annida l’essenza del tifo organizzato e laddove i sacrifici sono ancora determinanti per la riuscita o meno di un progetto. Parliamo di tifoserie che non possono contare sulla massa della metropoli e che, quindi, non possono permettersi di tirare i remi in barca su determinate attività, avendo comunque la certezza che qualcuno le svolgerà al posto “loro”. Questo è ciò che probabilmente ci contraddistingue ancora in maniera importante dal resto d’Europa. Anche perché la provincia italiana è assai differente rispetto alle aree meno urbanizzate di altre zone del continente. C’è ancora un grande attaccamento alle proprie radici e alle proprie tradizioni, una mentalità meno “globalizzata”.
Volendo parlare in generale, anzi, credo proprio che la zavorra portata dietro da alcune realtà “di provincia” sia quella di voler a tutti i costi scimmiottare la tifoseria blasonata, volendo a tutti i costi ricalcarne le gesta. Quando, invece, ci si dovrebbe rendere conto che categorie come quelle dilettantistiche riescono a forgiare e formare, obiettivi difficilmente possibili nel professionismo (soprattutto se parliamo di Serie A). La massa è un grande vantaggio – indubbiamente – ma d’altro canto intacca, indebolisce e sovente annienta la qualità.
Tornando al match, a fine partita la squadra viene chiamata a rapporto sotto il settore, nel tentativo di spronare un organico che sinora ha racimolato zero punti in tre partite. Se è vero che il campionato è ancora lungo, è altrettanto chiaro che per i giallorossi sia importante cominciare a mettere dei punti in cascina, con l’obiettivo di arrivare a giocarsi la permanenza in D senza troppi patemi d’animo.
Non ho molto margine per trattenermi sul terreno di gioco. Raggiungere l’Olimpico in macchina, parcheggiare e non perdere il calcio d’inizio sarà un’altra impresa, oltre che un qualcosa che mi farà maledire l’estemporanea scelta di arrivare allo stadio in macchina. Ma non avendo altra scelta sarò obbligato a snocciolare tutte le imprecazioni conosciute. Poco male!
Simone Meloni