Quanto Trieste sia lontana, pur restando nei confini nazionali, me ne rendo conto ogni volta che la raggiungo lasciando Roma alle spalle. Paradossalmente è una delle città italiane in cui sono stato più volte e ogni volta per me rappresenta un piacevole ritorno.

Trieste città di confine, che ha visto passare sulla sua terra culture, popoli e pezzi di storia europea. Trieste che sta sul mare e che nel mare fonde l’animo caloroso e spensierato della sue gente alle rigide, fredde e sfacciate folate di bora. Che in inverno ti spazzano via come nulla fosse.

La Triestina è degna rappresentante di questa città. Con la sua storia ormai ultracentenaria, il club alabardato figura senza dubbio tra i sodalizi più longevi e gloriosi del nostro pallone. Un club che ha inoltre donato i natali sportivi a numerosi personaggi illustri come il “Paron” Nereo Rocco, il mediano del Grande Torino Giuseppe Grezar (a cui è intitolato il vecchio stadio dell’Unione) e l’ex milanista e c.t. azzurro Cesare Maldini. Solo per citarne alcuni.

Al cospetto di un passato importante, il club giuliano ha vissuto negli ultimi anni importanti periodo di crisi, conoscendo l’ennesima ripartenza dal calcio dilettantistico e dovendo fare i conti con tutte le difficoltà del caso. Se è vero che l’ultima partecipazione alla Serie B non è poi così lontana, è altrettanto vero che il crollo verticale nelle sabbie mobili pallonare ha costretto gli sportivi triestini a fare i conti con situazioni ormai espanse a macchia d’olio per tutto lo Stivale.

Gli ultras della Furlan, in tutto ciò, hanno avuto un ruolo chiave. Iniziative, aggregazione e interesse attorno ad argomentazioni fondamentali come stadio e simbolo hanno fatto sì che il tifo organizzato biancorosso diventasse un vero e proprio perno attorno cui far ruotare almeno le fasi iniziali della nuova Triestina ripartita dal basso. Quindi, mi si permetta, l’arrivare a un passo dalla Serie B è comunque un premio anzitutto per loro. Malgrado l’esito di questa serata.

Sull’altro fronte non c’è propriamente una squadretta sconosciuta e senza tradizioni. Il Pisa non ha bisogno di presentazioni, con i suoi numerosi campionati di Serie A sul gruppone e una storia costellata da personaggi che per il calcio nazionale restano delle vere e proprie icone. Senza voler cadere troppo nel retorico, quando si parla di Pisa il pensiero va quasi sempre al compianto Romeo Anconetani, sia per le sue competenze che per il suo modo folkloristico di vivere la domenica (a tal merito resta celebre una foto che lo ritrae mentre cosparge di sale il manto verde dell’Arena Garibaldi con l’obiettivo di esorcizzare gli avversari tramite rito apotropaico).

Dopo la scoppiettante gara d’andata, con i toscani che hanno riacciuffato i dirimpettai proprio in extremis fissando il punteggio della contesa sul 2-2, la gara del “Rocco” si preannuncia uno spareggio vero e proprio. Anche in virtù dell’azzeramento dei gol in trasferta.

Il pubblico di casa ha risposto alla grande, staccando oltre 15.000 biglietti, a cui vanno aggiunti i circa 4.000 venduti all’ombra della Torre Pendente.

Entrare nello stadio giuliano è senza dubbio suggestionante. Ci si spertica a incensare lo Juventus Stadium, quando a mio avviso il “Rocco” è cento spanne avanti, malgrado sia stato costruito diversi anni prima. Struttura bellissima, a misura d’uomo e che se riempita sa essere calda e ancora ben inserita in quello che dovrebbe essere il vero e proprio tessuto calcistico/culturale: quello rappresentato dalla vicinanza squadra/tifosi.

L’abbattimento della barriere, in occasione dell’Europeo Under 21, ha infine completato l’opera. Consegnando nelle mani degli sportivi biancorossi un bene difficile da reperire in altre zone d’Italia.

Quando manca mezz’ora al fischio d’inizio le due tifoserie cominciano a scaldare i motori, non facendo ovviamente mancare i reciproci sfottò. L’ambiente è carico su ambo i fronti e si intuisce che sarà una gran bella giornata dal punto di vista del tifo.

La Furlan sfoggia la propria coreografia all’ingresso in campo delle squadre: un bellissimo telone raffigura Piazza dell’Unità d’Italia mentre migliaia di cartoncini bianchi e rossi completano l’opera.

Sul fronte opposto nessuna scenografia per i pisani, ma subito tanta voce, bandiere e sciarpe.

Cominciamo da quello che magari non è ovvio per molti: gestire un settore immenso come la Furlan non dev’essere affatto opera facile. Soprattutto in giornate come questa, quando l’affluenza si triplica rispetto alla media stagionale. Sta di fatto che complessivamente, vuoi per l’entusiasmo, vuoi per l’amplificazione utilizzata quest’oggi, gli ultras alabardati offrono un’ottima prova canora in cui spiccano le tante manate e almeno due sciarpata riuscite davvero in maniera perfetta.

Chiaro che una partita come questa risenta anche molto di quello che succede in campo. Non è un caso che dopo il primo vantaggio pisano – siglato da Masucci al 27′ – i giuliani calino un po’ di intensità lasciando spazio alla bolgia nerazzurra.

Una bolgia che si protrarrà per tutti i 120′, con spettacolari e ritmate manate e cori tenuti a lungo da quasi tutti i presenti. Ma onestamente neanche mi posso dilungare più di tanto sui toscani: restano una delle poche certezze in Italia. Le loro prestazioni (almeno quelle viste con i miei occhi) ti lasciano sempre qualcosa, sia dal punto di vista coreografico che della continuità. Pisa è una realtà rodata che negli ultimi anni ha saputo resistere anche a forti attacchi repressivi, riuscendo sempre a rigenerarsi e dare linfa vitale alla Curva Nord.

In campo la Triestina agguanta il pareggio al 58′ con un rigore di Granoche. Eppure, proprio quando sembrava che l’inerzia stesse cambiando, i padroni di casa non riescono a ingranare definitivamente, e lentamente il Pisa si riorganizza. Le squadre terminano in parità i 90′ e sarà dunque l’extra time a decidere la terza promossa in Serie B.

Neanche il tempo di ricominciare che Marco, dalla corta distanza, trafigge l’estremo difensore biancorosso. Proprio sotto al settore ospiti. È festa grande, con i giocatori che per qualche secondo scompaiono sotto gli abbracci dei propri tifosi. Mentre la Furlan tenta di far sentire la propria voce per ricordare ai giocatori che ancora non è finita.

Ma nella ripresa, a 4′ dal termine, è Robert Gucher a mettere la parola “fine” alla partita. 3-1 e tappi dello spumante ormai già in procinto di saltare in riva all’Arno. Delusione e lacrime per i tifosi giuliani, che tuttavia, a fine gara, salutano con un grande applauso la propria squadra. Sebbene sia arrivata una sconfitta pesante come un macigno, quest’oggi la città di Trieste ha dimostrato di avere potenzialità e passione per puntare in alto.

La scena, però, è ovviamente tutta per il Pisa. Staff e giocatori si dilungano sotto al settore ospiti per celebrare il ritorno in cadetteria. I primi cori, manco a dirlo, sono contro il Livorno. L’anno prossimo tornerà uno dei derby più sentiti e tradizionali della Penisola. Così come tornerà la storica sfida contro lo Spezia.

Al netto di tutto lo schifo visto quest’anno nel calcio italiano, giornate come queste sanno minimamente riconciliarti almeno col mondo delle gradinate. Con i tifosi indubbi e ultimi alfieri di uno spettacolo ormai cartonato.

Simone Meloni