La valigia è aperta nella mia stanza, con un raggio del primo sole primaverile che vi entra inconsciamente attraverso le grate della finestra. C’è un gran disordine attorno a me e dato che tra un paio d’ore il mio aereo per Charleroi prenderà il volo, devo sbrigarmi a sistemare il tutto. Sono ansioso di affrontare questa quattro giorni centroeuropea. Olanda e Germania. Al seguito di partite e tifoserie. Ma non solo. Ho interesse anche per i luoghi che visiterò: Rotterdam, Nimega, Dortmund, Dusseldorf. Tutti posti in cui non sono mai stato e che, assieme alla passione pallonara, suscitano in me una gran curiosità.

Alle 18:30 esco di casa, con mio padre che mi accompagna all’aeroporto di Ciampino, non molto distante da casa mia. Le raccomandazioni, nonostante sia prossimo ai 30 che alla pubertà, sono sempre le stesse: “Stai attento e fatti gli affari tuoi”. Rispondo con un sorriso serafico, sapendo che tutto il caos creato attorno a questa gara è all’80 percento una montatura mediatica e che in Olanda si guardano bene dal far scoppiare disordini nelle proprie città. Ricordo sin troppo bene la polizia olandese. Quando una decina di anni fa andai ad Amsterdam, costoro erano gli stessi che arrestavano e multavano se si beveva una birra per strada o si prendeva un mezzo pubblico senza pagare il biglietto. Però, ci insegnano, da loro la marjiuana e la prostituzione sono consentite. Magra consolazione, rispondo io, quando la propria città viene assaltata da orde di turisti dediti a queste due attività, rendendola spesso pericolosa e non certo linda e pinta. Il risvolto della medaglia, almeno per me, è il totale annullamento, almeno a livello turistico/giovanile, di quello che culturalmente l’Olanda potrebbe offrire. Ma ognuno fa le sue scelte, è chiaro. Per me Paesi Bassi non sarà mai sinonimo di libertà.

Chi sa della mia partenza per Feyenoord-Roma mi raccomanda di stare attento, neanche stessi andando in trincea. I media, come detto, hanno gonfiato all’inverosimile questa gara dopo i noti fatti dell’andata. Il risultato? Quasi un centinaio di persone fermate senza motivo all’aeroporto di Amsterdam Schipol, portate in campagna e perquisite minuziosamente. Con valigie e zaini aperti lontano dai loro occhi e nei quali, misteriosamente, vengono rinvenute spranghe e artifizi pirotecnici. Qualcuno prova a contattare l’ambasciata italiana, ma riceve la laconica risposta: “Ve lo dovevate aspettare”. Mi sembra logico. Un Paese che non prende mai posizione e che è vassallo in tutto e per tutto nei confronti dell’Europa, non può dare risposte migliori. Ieri i laziali, oggi i romanisti. Domani chissà. Ormai per i cittadini italiani non c’è da star sereni se delle istituzioni straniere decidono di abusare dei propri poteri sul loro suolo nazionale. C’è da aspettarselo. Te lo dicono proprio chiaramente.

Arrivando in aeroporto noto subito la fila chilometrica per superare i controlli. Ci sono molti tifosi che viaggiano verso il Benelux e, come da tradizione Ryanair, la partenza avviene con mezz’ora di ritardo. Ad attendermi c’è Fabio, un ragazzo di Liegi conosciuto qualche anno fa, che si è gentilmente offerto di ospitarmi per partire all’indomani alla volta di Rotterdam.

Al nostro risveglio un flebile sole splende sulla città che ha dato fortunatamente i natali alla birra Jupiler. Ancora non lo so, ma sarà l’unico cielo sereno che vedrò in tutta la giornata. Quando ci immettiamo sull’autostrada infatti, chilometro dopo chilometro, le nuvole grigie e cariche d’acqua si fanno sempre più incombenti, fino a lasciarsi andare alla classica pioggerellina del Nord Europa. Arriviamo a destinazione attorno alle 15 e le prime impressioni sulla città olandese non sono certamente positive. Rotterdam è stata completamente distrutta dai bombardamenti nazisti, il 14 maggio del 1940. Il centro urbano attuale è pertanto un insieme di palazzoni nuovi ed opere di arte contemporanea.

Prima di uscire e dare un’occhiata alla fauna locale, decido di passare in ostello per lasciare la valigia e sistemare un po’ il mio zaino in vista della partita. Terminata questa operazione posso concedermi un giro in centro. Per i tifosi della Roma è stata allestita una fan zone presso il vecchio porto, da dove alle 17:30, in concomitanza con l’arrivo del contingente giallorosso proveniente da Amsterdam, partiranno degli autobus alla volta dello stadio. Decido di farci un giretto, ma mi accorgo che c’è davvero poca gente. Evidentemente l’idea di essere inquadrati e trasportati in bus non è piaciuta ai più. La polizia sorveglia attentamente il centro di Rotterdam, muovendosi minacciosa con scudi e cavalli. Non hanno un’aria molto rassicurante i gendarmi locali. Così come non ce l’ha questa città che sembra sprofondare nel grigiore, con il suo porto (il più grande d’Europa) che la fa distendere sul freddo Mar del Nord.

Si gioca alle 21 ed alle 19 decido di incamminarmi verso lo stadio De Kuip, che letteralmente vuol dire La Vasca. Direi che considerata la quantità di acqua da cui sarò investito in questa serata, mai nome poteva essere più adatto.

Per raggiungere l’impianto di gioco bisogna prendere il tram numero 12 dalla piazza Hofplein. Il mezzo è facilmente riconoscibile perché già pieno di tifosi, nonostante manchino ben due ore al fischio d’inizio. Quando le porte si aprono ci sono due opportunità: salire davanti dove c’è una sorta di controllore che vende i biglietti, o imbucarsi dietro come fanno la maggior parte dei tifosi. La scelta pertanto mi pare ovvia. Nel tragitto ovviamente c’è chi beve, chi canta e persino chi fuma. Eppure la cosa non sembra infastidire i passeggeri, i quali sono divertiti. Così come il controllore, che ride e scherza con i ragazzi vestiti di biancorosso. Penso a come questo genere di comportamenti, in fondo innocui, ultimamente nel nostro Paese vengano considerati alla stregua del furto o dell’omicidio.

Il capolinea del tram è a pochi metri dallo stadio. Mi mischio tra la folla olandese e raggiungo i botteghini per ritirare l’accredito. La polizia circonda interamente lo stadio e sorveglia con attenzione ogni persona le capiti a tiro. Dopo aver preso il biglietto posso finalmente entrare e stare qualche minuto riparato dall’acqua piovana. Anche al De Kuip i tornelli danno il benvenuto agli spettatori, non prima però di un enorme cartello che ricorda come sia vietato accendere fumogeni, portare macchinette reflex, lanciare oggetti etc etc. Insomma, solita manfrina dei divieti applicati al calcio che evidentemente non ha colpito solamente l’Italia.

Prima di entrare in campo staziono un po’ di tempo all’interno della sala stampa, sia per asciugarmi sia per un incontro memorabile. Quello con Andrea Fruttieri. Un pezzo di storia delle fototifo giunto fin qui per immortalare questa gara. Scambiamo quattro chiacchiere, tirando fuori vecchi ricordi; poi, quando manca mezz’ora al fischio d’inizio, decidiamo di entrare in campo.

Davanti a me si apre il prato verde, ma sintetico, dello Stadion Feijenoord. Senz’altro suggestivo ed affascinante. Il Feyenoord è una società storica, la prima in Olanda a vincere un trofeo europeo, la Coppa dei Campioni del 1975 in finale contro il Celtic. La sua gente, checché se ne possa dire, ama alla follia questa squadra e stasera me ne darà ampia dimostrazione. Per analizzare un qualcosa bisogna trovarcisi dentro e capirne le dinamiche. Nei Paesi Bassi, fondamentalmente, non esiste il movimento ultras. Se si fa eccezione per un paio di gruppi dell’Ajax e qualcuno sparso nelle serie minori, i restanti supporters si ispirano al tifo di matrice britannica, definendosi hooligans. Sta di fatto che Rotterdam non è una piazza facile per nessuno. Saranno un po’ pacchiani, con le loro musiche trash nel pre partita, un po’ “coatti” con il loro modo di fare sbruffone, ma non sono certamente gli ultimi sprovveduti se c’è da confrontarsi. Peccano dentro lo stadio, almeno secondo il mio gusto. Se avessero un gruppo ultras, anche piccolo, sarebbero davvero una tifoseria di primo piano. Basti pensare che almeno la metà dei presenti segue la partita in piedi partecipando attivamente ai cori e alle proteste che di tanto in tanto scattano da un settore all’altro.

Alla mia sinistra sono posizionati, su due anelli, i tifosi giunti dalla Capitale. I giallorossi sembrano non aver apprezzato la bordata di insulti piovuta al momento del loro ingresso, lo fanno notare subito con un paio di cori secchi che, anche se effettuati in italiano, vengono perfettamente compresi anche dal pubblico di casa che risponde per le rime.

Con mia grande sorpresa, mi è consentito scattare anche da posizione laterale, non solo dietro le porte. Mi viene da ridere nel pensare che in Italia ci sono società di Lega Pro, e persino in Serie D, che ti obbligano a rimanere dietro le porte guardando a vista ogni tuo movimento.

Le due squadre scendono in campo e fotografare la tifoseria di casa diventa un problema serio. Qua e là infatti spuntano torce e fumogeni, come detto non esiste un epicentro del tifo e la cosa fa sì che anche la tribuna principale sia totalmente investita dal fumo verde. In molti si sono chiesti perché questo colore ricorra frequente nei tifosi del Feyenoord, beh molto semplice: bianco e verde altro non sono che i colori comunali.

Da parte romanista non ci sono show pirotecnici, ma del resto è molto facile immaginare che agli ingressi i controlli siano stati a dir poco minuziosi. La serata del tifo può allora iniziare. Due modi di vivere lo stadio totalmente differenti a confronto. Se è vero che gli olandesi si ispirano al modello inglese, è anche vero che rispetto ai loro vicini d’Oltremanica non conservano lo stesso bon-ton. Tanti sono gli oggetti a finire in campo, dalle lattine di birra, alle bottigliette d’acqua a svariati peluche ogni qual volta una decisione dell’arbitro è ritenuta ingiusta. La cosa è bella perché passionale. E di tanto in tanto risuona forte il coro “Uefa mafia, Uefa mafia!”.

La Roma passa in vantaggio sul finire del primo tempo, con Ljaijc che fa esplodere il settore sbeffeggiando i tifosi olandesi che lo avevano preso di mira. L’esultanza dei tifosi ospiti è bella da vedere, un boato che ammutolisce lo stadio e li premia dopo una frazione in cui hanno dato veramente tutto. Il tifo della Sud infatti oggi sarà davvero di alto livello. Forse la migliore uscita stagionale. Ottime manate, cori eseguiti all’unisono e con grande motivazione. Credo che il trattamento ricevuto dalle forze dell’ordine e l’inevitabile antipatia per gli avversari, abbiano contribuito in maniera importante a far crescere nei romanisti quella rabbia necessaria per tifare con convinzione.

Nella ripresa succede un po’ di tutto. Il Feyenoord rimane quasi subito in 10 uomini a causa di una decisione forse troppo severa del direttore di gara. Il pubblico dimostra tutto il suo disappunto intensificando il lancio di oggetti nei confronti della panchina romanista. La terna arbitrale, di comune accordo, decide di sospendere la gara, uscendo tra gli insulti dei tifosi olandesi. Durante il quarto d’ora di sospensione ragiono su quanto questo organo continentale possa essere ipocrita e meschino. Una federazione che propaga il concetto di Fair Play finanziario per poi chiudere un occhio ai PSG di turno, una federazione che penalizza costantemente le società dell’Est per episodi di violenza e tollera gli stessi, se avvenuti fuori gli stadi, da parte delle società occidentali.

Un qualcosa in particolare lo voglio dire sulla fantomatica banana lanciata a Gervinho. Sin dal primo minuto in cui ho messo piede al De Kuip, ho notato come in molti avessero le classiche banane gonfiabili, ampiamente usate anche in Italia per schernire i tifosi avversari. Non so con quale malafede/ignoranza si sia arrivati a far diventare ciò un gesto xenofobo. In tutti i modi l’UEFA, con le sue società e fabbriche affiliate nel sud-est asiatico o in Cina, dove minorenni vengono costantemente sfruttati, dovrebbe essere l’ultima delle istituzioni a toccare questo genere di problematiche.

La faccia più bella della sospensione sono i tifosi romanisti che, approfittando del momento di stanca, mettono in mostra tutte le loro doti canore su “Roma, Roma, Roma” e sul coro a rispondere “Forza Roma, Roma Campione”.

Chi pensa che la gara sia ormai terminata si sbaglia di grosso. Quando le due squadre rientrano in campo il Feyenoord sembra esser rigenerato. Passa qualche minuto ed ecco arrivare il gol del pareggio, con lo stadio che esplode letteralmente. Una volta tanto però la Roma tira fuori gli attributi e sull’azione successiva si riporta in vantaggio con Gervinho; l’ivoriano scavalca i cartelloni pubblicitari e va a prendersi l’abbraccio dei propri tifosi. Nonostante la qualificazione sia ormai compromessa, i padroni di casa ci provano in tutti i modi, ricevendo cori e applausi dal proprio stadio. Li guardo in faccia e capisco che per loro il Feyenoord non è un semplice passatempo. Sarà una frase scontata, ma lo penso davvero.

Arriva il triplice fischio dell’arbitro e forte si alza il grido di liberazione dei tifosi giallorossi, soddisfatti per la qualificazione. L’ovazione è però anche per la squadra di Rutten, alla quale i tifosi riconoscono di aver messo il cuore in campo. Mi concedo le ultime foto, l’acqua ha persino smesso di scendere.

L’ultimo momento della giornata che merita di essere menzionato è la conferenza stampa di Garcia. Rimango piacevolmente sorpreso dal suo intervento in solidarietà dei tifosi romanisti fermati ad Amsterdam senza motivo. “Per me il calcio è un momento di festa, e ho saputo che oggi i nostri tifosi non sono stati trattati bene dalla polizia. Questo mi dispiace e gli sono vicino“. Dichiarazioni che fanno onore al tecnico romanista, in un mondo che tende sempre più a nascondere il proprio pensiero e puntare il dito sui tifosi anche in situazioni in cui sono palesemente vittime e non carnefici.

L’ultimo tram mi aspetta, ben sorvegliato dalla sempiterna polizia olandese. Una mezz’ora e sono di nuovo in ostello. Stavolta per dormire e riposarmi in vista della giornata successiva. Mi aspetta il big match di Eredivise 2 tra NEC Nijmegen e Roda Kerkrade. Siamo solo all’inizio dell’avventura.

Simone Meloni.