Venti minuti di auto separano lo stadio del Ferencvaros da quello dell’Ujpest.

In pochi chilometri si consuma buona parte della storia calcistica d’Ungheria, racchiusa in quello che è il derby più sentito non solo a Budapest, ma in tutto il Paese.

Del Ferencvaros e dei suoi ultras ho appena parlato nel mio precedente articolo.

Passare dalla Groupama Arena allo stadio Ferenc Szusza è un po’ come passare dallo Stamford Bridge del Chelsea al Kingsmeadow di Wimbledon.

La casa dell’Ujpest FC è un punto di riferimento capitale per tutti gli abitanti di questo quartiere di 100.000 abitanti, situato nel IV distretto di Budapest.

Dallo shop megafornito del Ferencvaros si è passati alla camionetta viola davanti allo stadio che invita a visitare il sito, con tanto di venditore ambulante di sciarpe davanti ai botteghini. Dall’ingresso stampa con tanto di hall si passa a un’improbabile cougar con piercing sulle tette e due ragazze, per fortuna più in gamba, che parlano inglese e sistemano la mia completa assenza di accredito.

Per una volta, il mio tesserino di giornalista è stato utile! Un po’ di faccia tosta ed eccomi dentro a questo raccolto ma suggestivo impianto, che gradisco dal primo impatto.

Ovunque spicca il viola della squadra, dai seggiolini alle tante maglie dei tifosi.

La mia macchina, parcheggiata all’italiana, non è distante, visto che la maggior parte dei convenuti si è fatta una bella passeggiata per giungere fin qui.

Gradisco non poco questo ambiente casalingo: una dimensione umana per rappresentare una squadra comunque molto prestigiosa in Ungheria, con 20 titoli nazionali vinti, una finale in Coppa delle Fiere, semifinale sia in Coppa Campioni che in Coppa delle Coppe.

Altri anni, altri tempi, eppure tutto sembra vicino grazie all’atmosfera retrò di questo stadio. D’altronde, parliamo del club più antico d’Ungheria, fondato addirittura nel 1885!

Gli Ultras dell’Ujpest, come quelli del Ferencvaros, hanno una buona fama, e anche per questo ho deciso la mia improvvisata lastsecond.

Di loro conosco gli Ultra Viola Bulldogs, la storica amicizia cromatica coi fiorentini, l’acerrima rivalità col Ferencvaros, la loro tendenza ad un tifo all’italiana.

Dall’altra parte, mi ritrovo una delle squadre più odiate d’Ungheria (forse la più odiata), ovvero l’MTK Budapest (MTK sta per Magyar Testgyakorlók Köre), che dai più viene associata alla comunità ebraica di Budapest.

Nonostante sia il secondo club più vincente d’Ungheria (23 i campionati vinti), l’MTK non ha mai conquistato il cuore degli ungheresi, forse proprio in virtù dell’equazione etnica. A conferma di ciò, i numerosi episodi di antisemitismo ripetuti da parte dei tifosi del Ferencvaros e di altre squadre.

Il club biancazzurro gioca regolarmente davanti a pochi intimi, tanto che non mi aspetto nessun seguito ospite.

Quasi subito dopo il mio ingresso, vengo fortunatamente smentito dall’ingresso di una quarantina di ragazzi sistemati dietro tre drappi (anche piuttosto ben fatti) e un’altra sessantina di tifosi, per un totale di un centinaio circa.

Intendiamoci, anche l’MTK è di Budapest ed è pur sempre un derby, ma la mia mancanza di aspettativa mi fa apprezzare questa presenza.

La curva di casa si riempie pian piano. Al contrario della Groupama Arena, qua mi sento libero di muovermi e lo spazio per i (pochi) fotografi è al lato della tribuna centrale, il che mi consente di avere un’ottima visuale su entrambi i “fronti caldi”.

A inizio partita risuona l’inno ungherese, e in molti alzano le sciarpe. Coreograficamente, nulla da segnalare.

Un altro dato da annotare, in due partite viste (anche se solo per un tempo ognuna) è la totale assenza di pirotecnica.

Inoltre, anche qua al Ferenc Szusza, le presenze complessive si attestano su numeri bassi, benché anche l’Ujpest abbia un seguito importante in tutta l’Ungheria.

Non so qua come siano messi in termini di tessere del tifoso e repressione, ma immagino che, al netto di ovvie restrizioni, qualcosa qui sia meglio rispetto alla Groupama Arena.

Comunque, la curva presenta dei buoni numeri. Qualcosa fa trasparire parecchia passione. L’ambiente è positivo, e tra gli ultras ci sono ragazzi di tutte le età, compresi ragazzini e ragazzine in balaustra che sognano ad occhi aperti di esser loro a trascinare la curva.

L’italianità dei viola traspare sia dall’impostazione del tifo che dai cori: tamburo e megafonisti dettano il ritmo; Ricchi e Poveri, Noemi, Marcella Bella e i Righeira compongono la hit parade!

Inizialmente, il tifo dei padroni di casa è discreto ma non mi colpisce più di tanto. Eppure, col passare dei minuti, qualcosa ingrana e il sostegno diventa sempre più coinvolgente, persino dopo il vantaggio dell’MTK.

Posso dire, a conti fatti, di aver ammirato una tifoseria compatta e rodata che, nel Paese, è a livelli top.

Sul fronte ospite da lodare sicuramente l’impegno (tifo comunque incessante), anche se nelle movenze si capisce che, rispetto ai dirimpettai, manca un bel po’ di esperienza. Ma, come si dice, se son rose fioriranno.

Finisce il primo tempo ed è ora di tornare dalla mia famiglia. Ho visto due mezze partite, ma posso riprendere la strada di casa almeno parzialmente riconciliato con la delusione patita alla Groupama Arena.

L’ho detto all’inizio: l’Ungheria è un Paese che può apparire complicato da fuori. Ma, conoscendolo, ci assomiglia tremendamente.

Stefano Severi