I libri ultras hanno tutti lo stesso comune denominatore. Gli ultras solitamente non amano raccontarsi, per quella paura atavica non tanto di essere fraintesi, cosa che pure capita spesso, ma di essere strumentalizzati. Per questo, quando proprio si vuole dare corpo di libro alla storia di un gruppo o dell’intero movimento ultras cittadino, si finisce inevitabilmente per scegliere la strada dell’auto-narrazione. E se ciò fa prima di tutto rima con auto-referenzialità, l’altro grosso problema è che, con tutta la buona volontà, gli ultras sono davvero carenti in comunicazione.

Con l’avvento dei social sempre più gruppi hanno scelto di istituire una propria pagina ufficiale. Impulso ulteriore in tal senso l’ha dato anche la pandemia: impossibilitati ad usare lo stadio come cassa di risonanza delle proprie iniziative, il web ha assunto sempre maggiore centralità per trasmettere le proprie idee. Eppure si continuano a sfornare comunicati che non comunicano alcunché, frasi sommarie, piccoli particolari riferiti a denti stretti, ma se non si è contigui a quel mondo, in casi specifici persino alla singola Curva, si finisce per non capire un bel niente. Se non è un mal compreso avanguardismo letterario, più probabilmente è l’esatto opposto della comunicazione.

“Ultras Salerno. Un’altra storia” colma questo gap fuoriuscendo dal cortocircuito dell’autoproduzione e affidandosi a tre professionisti, Umberto Adinolfi, Dario Cioffi, Mario De Fazio, che l’informazione la fanno di mestiere. Tre persone che hanno fatto dell’amore per il calcio il proprio lavoro, ma che quell’amore lo hanno maturato sugli stessi gradoni degli ultras. Contiguità fisica ed emotiva che ha permesso loro una degna aderenza alla realtà con il vantaggio di una maggiore oggettività. E di quella vicinanza, questo libro ne è figlio, ne è una sorta di pegno di riconoscenza.

Prima di passare al resto, una veloce carrellata di dati tecnici: detto di titolo e autori, va aggiunto che il libro è edito dalla “Saggese editori”, piccola casa editrice locale; scelta comunque azzeccata perché gli strumenti, le possibilità, la diffusione a cui apre una realtà del settore sono infinitamente maggiori di quelli garantiti dall’autoproduzione. Composto da 172 pagine, brossurato, catalogato con l’ISBN 9788831408066, il suo prezzo di copertina è di 15 euro. Ultima nota più umana che tecnica, gli autori hanno scelto di devolvere il proprio compenso al reparto Pediatria dell’ospedale “Ruggi” di Salerno. Chapeau!

È un libro ambizioso questo, già solo per essersi prefissato di raccontare 45 anni in meno di duecento pagine. Ci sono riusciti? Da estraneo al mondo ultras salernitano dico sì, perché l’impronta di tutto il percorso cronologico che ha portato a ciò che ora è la Curva Sud “Siberiano”, rimane impressa nel sapere posteriore del lettore. Forse la penseranno diversamente quanti arriveranno a questo libro con il bagaglio di esperienze dirette e racconti tramandati oralmente allo stadio: qualcosa è andato sicuramente perduto, questo era inevitabile, ma dovendo operare delle scelte pragmatiche, si può ribadire che il risultato finale è sicuramente positivo.

Personalmente, a stretto giro con questo libro e in seconda battuta, ho letto anche “Nuova Guardia. Da trent’anni mai domi!” dell’omonimo gruppo salernitano: ecco, non me ne vogliano gli autori per il paragone (Dario Cioffi di sicuro non me ne vorrà, visto che anche questo l’ha scritto lui), ma sarebbe stato bello se le storie fossero state sviluppate così, in maniera un po’ più ampia se non per tutti, almeno per ognuno dei gruppi più importanti.

Sarebbe però stato un libro diverso. Enciclopedico nella mole e nella fattura. “Ultras Salerno” ha un’altra impostazione. Non è un libro storico nel senso accademico del termine. È un flusso di ricordi, una raccolta di emozioni, un insieme di momenti apicali scritti dal calcio o dal tifo (o talvolta da entrambi contemporaneamente) in cui la memoria del tifoso inevitabilmente si annoda, facendosi patrimonio collettivo.

C’è tutta la gamma dei sentimenti attraversati dal tifoso del Cavaluccio in questi anni, la promozione in Serie B e l’addio al Vestuti, la nuova casa Arechi e poi la Serie A, le trasferte oceaniche e le coreografie che hanno fatto scuola, i campi polverosi della ripartenza in D e la ribalta europea dei gemellaggi internazionali, la gioia regalata nelle iniziative benefiche e il dolore incancellabile del treno di Piacenza o del funerale di Siberiano.

Se devo evidenziare un difetto in particolare, direi che stilisticamente soffre leggermente la mancanza di amalgama per i tre diversi registri autoriali che vanno a fondersi. Salta all’occhio, anche, la ripetitività di alcuni passaggi specifici o la scelta di certi sinonimi, che ognuno avrà per esempio usato – tanto per citare un caso – per non ripetere il nome dello stadio Arechi, ignaro che anche i colleghi avrebbero fatto lo stesso. Così abbiamo più volte letto de “lo stadio con il nome da prìncipe” o “con il nome di un castello” quando un semplice Arechi e basta l’avremmo metabolizzato meglio.

Ma stiamo davvero guardando il pelo nell’uovo, perché nel complesso questo è un libro interessante, ben scritto, che si legge davvero tutto d’un fiato per la passione che trasuda. Grida vendetta quell’appendice fotografica finale in bianconero e su carta semplice che, stante così le cose, poteva anche essere omessa a vantaggio di altri racconti: sperò sia il cruccio che spingerà tutti a un secondo capitolo con più foto a colori su carta patinata, approfittando per meglio approfondire gli angoli rimasti inesplorati di questa grande storia e di questa grande realtà che sono gli Ultras Salerno.

Matteo Falcone