Sembra una bella domenica quando, nonostante l’inverno ormai dilagante, il sole domina la giornata e decide di stemperare le temperature già tendenti al gelo. Sembra una bella domenica se, a un tiro di schioppo, mi capita un derby dai risvolti campanilistici di un certo interesse quale Ravenna-Forlì. Sembra una bella domenica se il piccolo hooligan di casa si addormenta per tempo e non mi blocca l’unica uscita disponibile con sassaiole di macchinine e Lego pur di farmi restare a giocar con lui. Sembra una bella domenica quando non trovo le esasperanti limitazioni al traffico dell’ultima volta in cui ero stato qui, in Lega Pro, parcheggio facile a breve distanza dallo stadio, guadagno ingresso e pettorina velocemente e sono già dentro.
Sembra tutto così bello da non essere vero, infatti non lo è: la partita è cominciata alle 14.30 ed io ingenuo che credevo si giocasse alle 15 e già mi beavo di essere arrivato, per la prima volta da tempo immemore, con mezz’ora di anticipo.
Mai una gioia, come si suol dire. Oltre al pubblico ludibrio a cui mi espongo, devo cominciare questa mia cronaca del tifo scusandomi con i ravennati e con i nostri lettori per non essere riuscito ad immortalare (per un solo maledettissimo soffio…) la loro coreografia. Allo stesso tempo ringrazio l’amico F. e il fotografo Daniele Abbondanza per avermi gentilmente messo a disposizione le foto della coreografia stessa per la galleria.
La prima cosa di cui mi sorprendo, attraversando la tribuna per entrare in campo, è la presenza di un gruppo che tifa all’interno di questo stesso settore e che, a giudicare dai cartoncini sparsi ovunque, s’è reso anch’esso autore di una coreografia. Visti poi dal campo, scopro identificarsi nello striscione “Brigata Giallorossa” del tutto decentrato rispetto al loro posizionamento. Sono un mix di facce piuttosto vissute con qualche giovanissimo che li coadiuva e in più occasioni si faranno sentire sia con cori propri che altri in cui seguono la curva. In più circostanze si beccheranno con i vicini ospiti. La copertura della Tribuna li aiuterà ad amplificare i cori, mentre i Distinti chiusi concentreranno tutto il resto del pubblico intorno a loro e in quelle circostanze in cui, aizzati dagli eventi del campo, troveranno un minimo di appoggio, il risultato sarà veramente buono. Mancano di continuità, ma rispetto all’ultima volta in cui son stato al “Benelli” è metaforicamente tutto grasso che cola: più unici che rari gli stadi in cui, oltre al tifo vero e proprio della curva, ce ne sia a supporto da altri settori. Hanno sicuramente contribuito a rendere migliore l’atmosfera e tanto basta e avanza, al netto di considerazioni sull’ortodossia ultras che, in casi come questo, è pure ridondante fare. Bene così.
Mi tengo per ultima la Curva Mero, per cui veniamo al settore ospiti. Stante una certa mia scarsa capacità con i numeri, a occhio direi che i Forlivesi si attestano quasi sul centinaio di unità (da qualche parte ho letto 88…), di cui una parte dispersa in alto e ai lati mentre una metà circa prova a fare quadrato a centro settore. C’è anche qualcuno in tribuna, di cui mi accorgerò per l’esultanza al goal e per qualche battibecco con la “Brigata”.
Detto con onestà i Forlivesi non mi hanno mai entusiasmato, ma l’ultima volta che li ho visti in casa contro l’Ascoli, nella passata stagione, mi sono altrettanto sinceramente piaciuti. Inizialmente considero buona la loro presenza numerica rapportandola all’idea fattami su di loro in passato. Se però si considera la distanza tutt’altro che proibitiva, il fatto che si stia parlando pur sempre di un derby (anche piuttosto sentito) e che i Galletti biancorossi siano secondi in classifica, sinceramente sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosa in più.
Quantità e qualità però, meritano delle valutazioni distinte, ma anche da quest’ultimo punto di vista gli ospiti non brillano particolarmente. Nel primo tempo mi appaiono molto scollati fra di loro, molto discontinui nel tifo, poco potenti, poco colorati (eccezion fatta per una sciarpata), insomma, diciamo pure deludenti. Bella esultanza al goal segnato al 13’, di cui ne godono veramente pochissimo, dato che dopo pochissimo il Ravenna pareggia, qualche buon coro secco, qualche coro offensivo che pungola anche i meno interessati al tifo, ma nel complesso un primo tempo molto al di sotto degli standard classici di un derby.
Nel secondo tempo, forse consci di aver dato veramente poco fin qui, forse aiutati dal calo dei dirimpettai, decidono di far quadrato e cercare di supportare al meglio la loro compagine. Decisamente meglio della prima frazione, ma a parte una buona parentesi centrale, per il resto la continuità lascia ancora molto a desiderare e con il passare del tempo, i vuoti tra un coro ed un altro si allungheranno ulteriormente. Riescono parzialmente ad arginare il problema con qualche manata e qualche coro secco, si renderanno in definitiva autori di un tifo migliore della prima frazione ma che, nel complesso, non è soddisfacente così come – a maggior ragione – non è soddisfacente globalmente la loro prova.
Veniamo alla Curva Mero di casa (che al compianto “Sceriffo” a cui è intitolata la curva stessa, dedicherà alcuni cori ad inizio secondo tempo).
È una reazione classica, quasi naturale, un orgoglioso istinto di sopravvivenza che viene fuori proprio nei momenti peggiori. Un po’ come, più in grande, è successo a Parma quest’anno, tanto per restar sempre nella stessa categoria. Dopo il fallimento, dopo una retrocessione in Eccellenza, la Ravenna degli ultras ha saputo reagire con carattere e rinserrare le fila, ricostruendo morale, numeri e qualità di una tifoseria che, lo dico con la stessa sincerità di poc’anzi, negli anni precedenti all’ultima disastrosa stagione in Lega Pro non riusciva più ad entusiasmare, forse proprio perché nemmeno essa stessa era più entusiasta. Come darle torto.
Oggi, la prima scelta che noto e che apprezzo è quella di compattare tutti dietro la balaustra centrale, con notevole giovamento non solo a livello visivo, ma anche di tifo canoro vero e proprio. Al di sotto della balaustra si sistemeranno invece un paio di ragazzi col compito di sventolare i bandieroni e conferire colore al settore. Un’altra manciata di bandiere di dimensioni minori sventolano con maggiore continuità all’interno del gruppo centrale.
Mi sistemo praticamente a breve distanza dal settore ospiti, eppure il tifo Ravennate mi arriva chiaro e pulito, un po’ per i demeriti biancorossi della cui discontinuità ho già detto, un bel po’ anche per meriti propri.
La potenza non è eclatante, ma qualche bel boato riusciranno a farlo sentire. Buona invece è la continuità mentre, grazie anche all’aiuto del tamburo, nostalgico residuato dei tempi andati che nelle categorie inferiori ancora resiste, diversi battimani faranno da provvidenziale ristoro per le ugole ed aiuteranno a tenere sempre alto il ritmo. Tanti ovviamente i cori contro, così come qualche altra “dedica” agli avversari viene racchiusa in striscioni usa e getta. Il colore, oltre che a bandiere e bandieroni, viene irrobustito con una sciarpata che risulta piuttosto scarna di materia prima e viene salvata, appunto, dalle stesse bandiere, altrimenti sarebbe risultata davvero mal riuscita.
Ad un primo tempo di buonissima fattura, segue un secondo in cui i padroni di casa fanno un po’ fatica a ricarburare. Quando dopo qualche minuto recupereranno voce e compattezza, dovranno da un lato pagar dazio fisiologico al tifo espresso nei primi 45’ e da un altro subire, seppur temporaneamente, la maggiore convinzione dei dirimpettai in questa seconda frazione. Alla lunga comunque prevarranno, chiudendo degnamente anche questa parte di gara e con essa una partita nella quale hanno senza ombra di dubbio espresso un tifo positivo, esercitando quella legittima supremazia territoriale che si richiede alla tifoseria che gioca in casa. Il derby del tifo se lo aggiudicano loro, poco da dire.
In campo la storia è diversa, il Forlì è superiore al Ravenna, per classifica, per caratura tecnica, lo è anche per come tiene il campo e non a caso segna per primo spezzando l’equilibrio. Il Ravenna ci mette grinta e concentrazione, grazie alle quali il pareggio giunge praticamente quando gli ospiti sono ancora in preda all’ebbrezza della segnatura. Dopo di che l’equilibrio resterà immutato fino al triplice fischio finale, messo in discussione in un paio di occasioni dal Forlì, ma alla fine è forse davvero il pareggio il risultato più giusto: i calciatori ospiti sono in credito con la sorte, ma la tifoseria di casa non avrebbe davvero meritato una tale amarezza.
A margine della gara, guadagnata la via dell’auto e poi quella di casa, ho modo di notare discreto movimento all’esterno del settore ospiti, con un ingente spiegamento di forze dell’ordine. La zona è inaccessibile e mi limito a riportarvi la sensazione di questi “movimenti” in corso, di cui poi parleranno anche le cronache del giorno dopo, ovviamente basate sulle veline della questura e da cui poco di nuovo o circostanziato si ha da apprendere.
Prima. durante e dopo, insomma, non è mancato niente a questo derby.
Matteo Falcone.