Ad ognuno di noi, almeno una volta nella vita, è stato chiesto in quale epoca storica ci sarebbe piaciuto vivere.
Senza scomodare i fasti dell’Impero Romano o i catenacci del Medio Evo, ho sempre pensato che, prima di pensare alla macchina del tempo, mi sarebbe piaciuto vivere più intensamente gli anni passati.
Non ho mai avuto la sfera di cristallo e né tantomeno doti di divinazione; tuttavia se, diciamo intorno al 2000, qualcuno mi avesse parlato con certezza di un prossimo futuro con Decreti Amato, tessere del tifoso, Daspo di gruppo e preventivi e via dicendo, avrei senza dubbio calcato anticipatamente qualche campo in più, soprattutto per vedere quelle sfide che, per un popolo calcistico, valevano la stagione.
Non può non far eccezione questo Cremonese-Piacenza. Non essendo stato mai allo stadio Zini, appena visto il calendario, ho pensato che questa potesse essere la mia occasione per il mio esordio nella città del violino ma anche un buon pretesto per la mia prima partita stagionale sul campo, ben cosciente di non poter respirare un’atmosfera anni ’80 e, se per quello, neanche anni ’90.
Cremona e Piacenza distano appena 30 Km, sono situate in due regioni diverse ma entrambe si affacciano sul Po, seppur su lati opposti. La simpatia tra i due popoli è un’utopia, e il campanile la fa da padrone con i suoi riti, i suoi sfottò, le sue attese, le gioie, le delusioni.
Entrambe le piazze hanno assaggiato il dolce sapore della serie A, ed entrambe si ritrovano oggi gradini più giù nella scala del calcio, seppur con dei percorsi diversi: il Piacenza arriva da un’entusiasmante quanto meritata promozione dalla serie D, mentre a Cremona da anni si fanno i conti con alte aspettative puntualmente deluse.
Il “derby del Po”, così come è stato ribattezzato, è una rivalità molto sentita da ambo le parti, sin dai primordi del movimento ultras sull’una e sull’altra sponda del fiume più grande d’Italia. In un passato molto vicino, questa partita aveva un contorno turbolento se non addirittura pesante, come successo proprio 10 anni fa. I vecchi derby erano storie di incontri e scontri, stadi pieni, settori ospiti gremiti, esaltazione e sconforto.
Se una volta bisognava aspettarsi il tutto esaurito o almeno il giro di boa dei 10.000 spettatori, adesso i conti dell’oste si presentano sotto una nuova veste: gli spettatori sono 5.180, 550 i tagliandi staccati a Piacenza e il tutto esaurito non si riesce proprio a raggiungere, nonostante l’ormai consuetudinaria chiusura della tribuna centrale.
Lo Zini è un impianto che mi piace dal primo impatto: vecchio sì, ma non fatiscente, anzi; ancora ben tenuto, si incastra perfettamente nel contesto cittadino.
Dopo aver appurato lo schieramento di vigili urbani e camionette già qualche chilometro prima dello stadio, trovo parcheggio abbastanza vicino all’impianto ma solo grazie al mio incredibile anticipo di oltre un’ora e mezza. Ciò mi consente un giro per vedere che aria tira.
Impossibilitato ad accedere nella zona dove arriveranno i piacentini, mi concentro sull’ambiente grigiorosso: la gente con sciarpe o maglie della Cremo è tanta, i cori qua e là alzati contro i rivali odierni una costante, la bella giornata, praticamente estiva, incoraggia l’afflusso e qualche birra rinfrescante in più.
Due sono i punti di ritrovo principali della Curva Sud Erminio Favalli, in coincidenza di altrettanti bar; tante bandiere, tanti sorrisi e persone molto cariche, di tutte le età: c’è l’adolescente fomentato come il cinquantenne che dopo un po’ di tempo ha rispolverato la vecchia sciarpa, oggi da indossare intorno alla vita per evitare un’autentica sauna.
Davanti ad uno dei due bar un ignaro pullman di turisti e un malcapitato in Ferrari saggiano e fanno le spese della goliardia locale, oltre che del tasso alcolico non idoneo per mettersi al volante e neanche dal lato del passeggero.
Per me è ormai ora di entrare. Il procedimento è veloce e, più in generale, nonostante l’imponente schieramento di forze dell’ordine, posso dire che, a livello di ossessione per la sicurezza, ho visto veramente molto di peggio.
L’interno dello Zini conferma l’impressione avuta da fuori: lo stadio ben si adatta al tifo, coi gradoni posti a ridosso del rettangolo verde. La possibilità di vedere due tifoserie rivali l’una di fronte all’altra dà quel valore in più a questo derby.
Man mano che i settori si riempiono, gli insulti e i gesti da una parte e dall’altra si sprecano, confermando come questa rivalità sia tutt’altro che sopita. Come si vede chiaramente dalle pezze in vetrata, Reggiani e Vicentini sono al fianco degli amici grigiorossi, trend confermato dai cori che di tanto in tanto vengono lanciati dalla Sud, mentre i Piacentini colgono l’occasione per offendere anche i corregionali granata.
Entrano le squadre in campo e la Sud sfodera un bandierone che copre la parte centrale della curva (recante il simbolo della squadra), lo striscione d’accompagnamento “Da sempre la vostra ossessione), qualche torcia e qualche fumone. Dall’altra parte si punta sulla semplicità con sciarpe tese e bandiere al vento.
La partita del tifo vivrà di alti e bassi dall’una e dall’altra parte.
I Cremonesi partono a mille, si vede che sono motivati e, al ritmo del loro tamburo, sfoderano una grande prestazione per tutto il primo tempo; vario il repertorio di cori, tanti i battimani, non poche le offese ai rivali. Nonostante lo svantaggio e qualche leggero calo di intensità, finiranno in bellezza i primi 45’.
I Piacentini, dopo prove generali di grande effetto, stentano un po’ in avvio, nonostante la continuità non manchi. Il gol del vantaggio di Taugurdea al quarto d’ora arriva in un momento dove i biancorossi stavano già accelerando. Bella l’esultanza della squadra che corre dalla parte opposta del campo per festeggiare coi propri sostenitori. Dopo essere passati avanti gli emiliani andranno avanti senza pause per tutto il primo tempo, chiudendolo con un convinto “Vi vogliamo così”.
Nella ripresa si assiste ad una grande reazione della Cremonese, ma la partita è avvincente e il Piacenza non sta a guardare; così sono proprio gli ospiti a trovare la via del raddoppio col solito Taugordeau. L’esplosione della curva ospiti è ancora più grande della prima, e il sogno di fare lo sgarro ai rivali prende fortemente consistenza.
Fino allo 0-2 la Sud cremonese sostiene i suoi con gran lena, poi qualcosa s’inceppa e l’intensità cala. Il gol dell’1-2 al 21°di Scappini riaccende le speranze dei padroni di casa, e ci si aspetta un finale incandescente.
Ma se da una parte i Piacentini sono continui e raggiungono spesso picchi notevoli, dall’altra i momenti di silenzio sono tanti, salvo una ripresa nel finale. Guardando verso gli spalti, capisco che un tifoso della Curva Favalli è stato colto da un malore e portato via dai sanitari. Mi chiedo se sia stato proprio questo il motivo del blackout del tifo di casa anche se, come detto, nel finale c’è una discreta ripresa.
Il Piacenza tiene duro fino alla fine e si porta via i tre punti, sovvertendo il pronostico di giornata. Continui, rumorosi e ripetuti i festeggiamenti della squadra sotto il settore in visibilio. Si dice che la vittoria in un derby vale la stagione, e oggi per molti piacentini è così.
Ma, e questo è il bello del calcio, in questa stagione ci sarà ancora spazio per la rivincita, così come ci saranno ancora tanti altri derby.
Stefano Severi.