La premessa diciamo che non è delle migliori. Essendo Latina una meta facilmente raggiungibile, decido di partire all’ultimo momento. Dopo aver consultato l’orario di Trenitalia mi accordo con me stesso optando per l’Intercity delle 13,26. Peccato che suddetto treno non esista. Sì, perché arrivato alla Stazione Termini mi accorgo che del convoglio non v’è traccia, così spulciando l’orario cartaceo realizzo che forse l’ho confuso con quello delle 12,26. Mi rimane una sola scelta quindi, il Regionale delle 13,40. Ultimo buono per raggiungere il Francioni in orario. Ma ovviamente la cosa non è così scontata. Una volta arrivati a Cisterna di Latina, la stazione prima del capoluogo pontino, il treno non riparte. Mi affaccio e chiedo al capotreno: sembra che una signora si sia sentita male e la sosta è dovuto all’attesa dell’ambulanza. I minuti passano e comincio a pensare di fare addirittura marcia indietro, chiedendomi, tra un’imprecazione e l’altra, quanto sia morale incazzarsi perché la mia partitella è in bilico mentre una persona è in difficoltà. Ovviamente poco. Però non posso negare che quando vedo la povera signora sfilare in barella sulla banchina, con gli occhi aperti, tiro due sospiri di sollievo: almeno per l’ingresso in campo ce la dovrei fare e la sua salute non è poi così a repentaglio (anche considerati i tempi biblici con cui la Croce Rossa è intervenuta).

Una volta giunto alla stazione di Latina Scalo mi affretto verso l’uscita, dove ho già visto che è parcheggiato l’autobus per la città. Giusto il tempo di entrarvi che le porte si chiudono e il mezzo parte alla volta della città. Un quarto d’ora e sono in Piazza del Popolo, altra accelerazione alla Cafu ed arrivo davanti allo stadio ritirando l’accredito ed entrando proprio quando l’arbitro ha fischiato l’inizio. Tutto sommato, per come si era messa, troppo bene è andata.

Latina-Livorno è una partita carica di significati anche per i più ignoranti in maniera di tifo e antropologia geografica. Non è certo mistero che le due città siano totalmente agli antipodi politicamente. Basti pensare che Littoria fu fondata il 30 giugno 1932 dal regime fascista, divenendo capoluogo di provincia di quelle che furono, almeno fino al primo dopoguerra, le paludi pontine, mentre a Livorno il 21 gennaio 1921 nacque il Partito Comunista Italiano; inoltre la città labronica è da sempre identificata come la città più “rossa” del Paese. Insomma, con questi presupposti non ci può certo essere simpatia tra le due parti.

Devo dire, con tutta onestà, che non sono mai stato un estimatore della politica all’interno delle curve. L’ho sempre visto come un elemento disgregante e poco attinente al mondo ultras (almeno dai ’90 in poi, quando gli anni di piombo e le tensioni socio-politiche avevano cominciato inesorabilmente a sgonfiarsi), anche se va detto che in contesti come Latina e Livorno, non va di certo ad intaccare un qualcosa che è storicamente sentito un po’ da tutti ed è parte integrante del vivere quotidiano della cittadinanza.

Certo, se questa partita si fosse disputata almeno una decina di anni fa, avremmo assistito a ben altro scenario. Sia all’esterno che all’interno dello stadio. Bisogna accontentarsi dei tempi che corrono e prendere le cose come sono.

Una volta dentro lo scenario non è certo esaltante. La parte centrale della Nord è completamente vuota, gli ultras nerazzurri infatti entreranno al 20’, in protesta contro la squadra per l’andamento del campionato che prima del fischio d’inizio li vede ultimi in classifica. Il settore ospiti è ancora chiuso, così i tifosi amaranto vengono fatti accomodare nella tribuna coperta. Sono una sessantina dietro le consuete pezze. Quello che mi colpisce dei livornesi, è la totale assenza di pubblico non ultras. I presenti infatti sono tutti ragazzi di curva. E sì che la squadra è terza in classifica e viene da una buona serie di risultati. Un peccato, perché con la presenza di qualche semplice tifoso oggi la loro stata una presenza degna di nota.

D’altro canto un risvolto positivo c’è: il tifo sarà buono per tutta la gara. Peccato per le poche bandiere, secondo me con un po’ più di colore si sarebbe animato meglio il settore. Da segnalare il costante sventolio di un vessillo dell’Unione Sovietica.

Sul fronte pontino, come detto, l’ingresso avviene al 20’, con l’accensione di un paio di torce e qualche bombone. I primi cori sono tutti per i livornesi, che non si fanno pregare rispondendo: “Il vostro tricolore ve lo mettiamo in culo, Latina Latina vaffanculo”, in riferimento allo sventolio di diverse bandiere tricolori, della Repubblica Sociale Italiana e tedesche, ed eseguendo Bandiera Rossa. Dai nerazzurri parte invece il classico (in questi casi) “zecche di merda, voi siete zecche di merda” oltre a Fratelli d’Italia. Un confronto, come preannunciato, tutto politico, che però non mantiene i ritmi aspettati. Le offese ci sono, chiaro, ma in fondo è un ambiente molto meno ostile di quanto mi aspettavo.

Gli ultras del Latina, oggi senza striscioni, sostengono la loro squadra con manate e cori a rispondere. I ragazzi di Iuliano capiscono che il più quotato avversario non è oggi in grande forma. Così dopo l’iniziale vantaggio livornese con Cutolo, i laziali trovano il pari con l’autogol di Emerson e, nella ripresa, il vantaggio con Valiani. La gara è vibrante e i toscani pervengono nuovamente al pari grazie al rigore di Vantaggiato. A far esplodere il Francioni ci pensail nuovo arrivato Olivera che, sempre su rigore, regala ai suoi un successo fondamentale.

Al triplice fischio ci sono applausi per i padroni di casa, ma anche per il Livorno, con i tifosi tirrenici che evidentemente comprendono la difficoltà di un campionato lunghissimo ed estenuante. Finisce con le ultime offese tra le opposte fazioni e la mia corsa verso la stazione della autolinee, dove fortunatamente riesco a prendere l’autobus proprio mentre sta partendo. Direzione Latina Scalo e poi Stadio Olimpico per Roma-Empoli.

Simone Meloni