12226390_10153190336982944_1847810291_nLa sveglia suona ripetutamente interrompendo le poche ore di sonno. La testa pesante e gli occhi che faticano ad aprirsi, la voce roca e la bocca impastata dai brindisi scaramantici della notte precedente, di cui si è perso il conto. Ci sono poche cose per cui ci si alza così presto di domenica mattina, anzi due. Il lavoro, più un obbligo che una spontanea volontà, e l’amore, qualunque sia il destinatario.

Salgo sul motorino per percorrere i duecento metri che separano casa dall’Hotel Cavalieri Hilton. In giro per la desertica Balduina solo gli anziani che vanno a messa e gli ultrà che preparano la loro: tanto simili quanto diverse. Intorno alle 10:30 la via intitolata ad Alberto Cadlolo, sottotenente che nel corso della Prima Guerra Mondiale trovò la morte a Monte Pertica, dopo aver valorosamente condotto i suoi uomini nonostante un ginocchio devastato da una granata, è ricolma di persone. Ultrà, genitori con bambini al seguito, anziani più o meno interessati all’evento (sicuramente più divertente dei lavori in corso), passanti con i rispettivi amici a quattro zampe, abitanti affacciati dai balconi: un melting pot dalle splendide sfaccettature.

Si alzano i decibel, i ragazzi iniziano ad intonare cori di sostegno ai giocatori, che ricambiano affacciandosi dai balconcini dell’albergo (due su tutti: Daniele De Rossi e Alessandro Florenzi, a caso), misti a quelli di risentimento nei confronti del Prefetto Franco Gabrielli. Accorre nutrito il manipolo composto da Digos e dagli adiacenti agenti del Commissariato Guido Alessi, speranzosi di intravedere qualcosa per continuare la strategia della tensione iniziata con giorni d’anticipo e culminata con le perquisizioni e intimidazioni nei confronti di decine di persone, una sorta di processo alle “intenzioni”. Negli occhi delle persone non vedo paura, nonostante le pedisseque favole raccontate per creare nella società civile il panico morale.

Niente Hammers, nessuno Shark o Ultras Sur pronti a scatenarsi contro i nemici degli amici, per dirla alla Harrison. Nessuna violenza, nessun coltello, bomba carta o borsone colmo di armi. Nulla. Una lezione di civiltà verso chi, nei confronti di essa, non nasconde di provare una certa riluttanza. Dopo più di due ore condite da cori, battimani, quel caldo che solo una città magica come Roma può regalare a Novembre, abbracci e passione, bambini felici quasi fosse la vigilia di Natale: la squadra esce nel piazzale antistante l’albergo. Gli applausi ora si invertono, sono le loro mani a scontrarsi l’un l’altre per omaggiare i tifosi. La squadra sale sul pullman, un ultimo incitamento e la magia si sposta al Tiburtino Terzo, luogo di ritrovo dei “pericolosi” contestatori, o nelle case di chi preferisce assistere allo spettrale Derby della Capitale in compagnia di pochi amici, o da solo tanta è l’ansia commistionata alla delusione di non essere lì.

Quello che avviene dopo: la partita, la presenza di un ultrà (troppo spesso bistrattato dai suoi tifosi) nella Tribuna Monte Mario, la vittoria o la sconfitta, gli spalti semi-vuoti e i tentativi di tifo dei pochi astanti, sono semplice cronaca sportiva di un incontro di calcio. La magia non dimora più nello Stadio Olimpico di Roma, troppa eresia nel vivere il calcio come una festa. I roghi, la caccia alle streghe e gli esorcismi regnano da padroni assoluti sotto gli occhi vigili del Tomas de Torquemada de’ noantri (anzi, voi altri), sempre pronto a sottolineare l’utilità di questa repressione affidandosi a dei meri dati statistici.

Peccato che la matematica non possa esprimersi oltre alla sua fredda natura, peccato che pochi addetti ai lavori cercheranno di far notare come un simil dispiegamento di agenti (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Polizia Fluviale, artificieri, Jeeg robot d’accaio…) sia stato soltanto uno spreco di soldi pubblici da parte dello Stato. Nessun ferito ovviamente, ma sarebbe troppo facile no? A questo punto la disoccupazione giovanile potrebbe essere azzerata interdicendo gli stessi dal mondo del lavoro, oppure si potrebbero evitare i dissesti idrogeologici come quello di Messina, radendo al suolo le montagne.

Sciocchi voi che non ci avete mai pensato, Franco c’era arrivato tempo addietro, anche quando da Prefetto “tutelava” a spada tratta i cittadini de L’Aquila, ad esempio. La mia mattinata con gli ultrà finisce quando ormai è pranzo, un orario che anni fa coincideva inevitabilmente con i minuti finali del count-down verso il Derby. Li rivedrò a Bologna dopo la sosta, perché il tifar sarà sempre dolce in questo mare (d’amore).

LP