“Dove eravamo rimasti?”: la celebre frase pronunciata all’inizio della trasmissione “Portobello” dal conduttore televisivo Enzo Tortora nel 1987 dopo un lungo periodo di ingiusta detenzione e prima di morire di lì a un anno innanzi, ha accompagnato lo “Spirito Fortitudo” in questa ennesima impresa nella storia del club cestistico bolognese. Lo striscione, issato a inizio partita e rialzato a conti ormai fatti nei minuti finali, recante le date del Giugno 2010 e del Giugno 2015 nella sua prima parte, riassume la vicenda di una tifoseria destinata a soffrire per vocazione, poco incline a vittorie e grandi soddisfazioni ma perennemente numerosa. “Dove eravamo rimasti?”. Ad un club vittorioso, per la prima volta nella sua storia, nel primo decennio del nuovo millennio; realtà che, a dire il vero, ha persino raccolto poco rispetto a quanto dato. Poi, dopo il 2010, una triste storia di annate senza basket, fusioni maccheroniche, ripartenze dal basso e difficoltà persino nella categorie non professionistiche. Si è rimasti là, e da là si vuole riprendere. In mezzo sono passati parquet improbabili incastonati in palestre di fortuna: Urania Milano, Legnano, Mortara, Desio solo per citare alcune partite viste da me direttamente. Ma è passato anche molto di peggio.

Dall’altra parte Siena: morte e rinascita nel calcio, morte e rinascita nel basket. La città del Palio è stata, negli ultimi 10 anni, la rappresentazione della pallacanestro italiana nel mondo. In molti possono storcere il naso sul chi e sul come sono arrivati alcuni titoli; a pensarci bene, le parabole vincenti di molti club in qualsiasi sport sono legate a personaggi e aziende dalle fortune alterne e dalle rovine improvvise. Un anno fa vedevo Siena nelle finali scudetto e in finale di Coppa Italia. In questa stagione, invece, il popolo senese ha imparato a ricordare che si soffre, nonostante un girone, di per sé, anche dignitoso. Una vittoria nei play-off annunciata ma anche un po’ sofferta, un campionato passato tra repressione e divieti di ogni sorta per i tifosi.

Oggi ritrovo qui queste due squadre, in uno scontro mortale ma con possibilità, per la squadra perdente, di rimandare gli esami al giorno dopo.

Dell’organizzazione approssimativa di queste Final Four di Forlì ho già parlato. Gli steward continuano a creare difficoltà di movimento a chiunque, ivi compresi noi fotografi costretti a trovare uno spazio qua e là per scattare delle immagini se non altro decenti. Simone fa i conti, come tutti gli altri addetti ai lavori che ne hanno bisogno, con la mancanza del wi-fi e una chiave di rete evidentemente errata. Il caldo opprimente dice che avremo già perso, cadauno, dai 3 ai 5 litri di sudore solo durante Rieti-Agropoli. Un bello schifo.

La risposta del popolo fortitudino, tuttavia, appaga più di ogni difficoltà. Grazie alla distanza minima con Bologna, oggi si può parlare di un vero esodo. I Felsinei saranno minimo 4.000, ma non riesco neanche bene a quantificare il numero esatto. La “Fossa” ha già scaldato i motori durante Rieti-Agropoli e, anche durante il riscaldamento, non scorda di fare qualche sgasata per saggiare il proprio potenziale. La nostra attesa passa nell’aspettare l’arrivo dei gruppi senesi e nell’immortalare i sempre più fitti battimani dei biancoblu.

Brigata ed Ossi Duri entrano nel PalaFiera qualche minuto prima della palla a due. Se il gruppo portante si può quantificare in un centinaio circa di ragazzi, è anche vero che, come sempre, tutta la tifoseria toscana accompagna i volenterosi ultras biancoverdi. Di più, la voglia di non sfigurare davanti ai blasonati fortitudini sembra aver contagiato tutti, dal padre di famiglia con bambini al seguito fino alla signora in pensione. Quasi tutti i tifosi i mensanini sfoggiano qualcosa di verde.

Inutile a dirsi, sin dal primo momento le due tifoserie si beccano con grande intensità: la rivalità è veramente di quelle sentite, basandosi, oltre che su motivi di campanile, su vicende sportive molto intense.

La fine del riscaldamento e le squadre schierate per l’inno del MinCulPop segnano l’inizio di tanto colore, nell’una e nell’altra curva. Come detto in apertura, su fronte Fortitudo, i due striscioni alternati “16-06-2010, 13-06-2015” e “Dove eravamo rimasti?” accompagnano una miriade di bandierine bianche e blu. L’atmosfera è incredibile, i cori si levano con un’altissima intensità, petti nudi e braccia al cielo formano una vera muraglia umana. È contagiosa e ipnotica al tempo stesso la carica di una tifoseria che non sfigurerebbe affatto neanche nel calcio. Potere di una tradizione potente come quella della Fossa e della conseguente tendenza ad essere gruppo e aggregazione anziché chiusura ed elitarismo. I risultati possiamo tutti noi toccarli con mano.

Dall’altra parte, sponda Mens Sana, si vuole tenere botta e fare bella figura. Anche i Senesi ci tengono a evidenziare il loro blasone e la propria tradizione, i propri titoli e la voglia di tornare in tempi record verso i vertici del basket nazionale. La Brigata, talvolta coadiuvata dai più “vecchi”, è un gruppo che sta crescendo e maturando costantemente, improntando un tifo tutto voce e colore. Il coinvolgimento di tutti i tifosi dimostra come i biancoverdi abbiano saputo costruire un ambiente affiatato e capace di remare in una sola direzione.

Bene rimarcarlo, in tutte le partite pesa l’assenza dei tamburi. Un’inutile divieto, come tanti, a scapito dello spettacolo.

Il copione diventa consuetudine sin dai primi minuti: entrambe le tifoserie cantano con incredibile intensità e perfetta continuità. La curva guidata dalla Fossa, tuttavia, è composta da tutti ultras, e il divario è assai logico. Intendiamoci: spesso e volentieri la Brigata riesce eccome a farsi sentire, ma il muro del popolo biancoblu rappresenta un’incredibile marcia in più e un inedito assoluto per il basket italiano.

Conseguenza logica e naturale, l’ambiente condiziona le squadre in campo. In una gara “ad armi pari”, la Mens Sana potrebbe persino risultare favorita. Ma, primo, la Fortitudo è in forma strepitosa e lo ha dimostrato già nelle ultime battute dei play-off; secondo, l’ambiente condiziona inevitabilmente l’andamento della partita, forse oltre misura. Se nella prima frazione la Mens Sana tiene botta pareggiando per 12-12, il secondo quarto è un autentico film dell’orrore per i Toscani: la Fortitudo mette dentro un parziale di 16-0 e in 10 minuti effettivi Siena segna solamente 4 punti. La Mens Sana perde la testa, a Bologna riesce tutto con estrema facilità e i Fortitudini trasformano il PalaFiera in un catino ribollente, sentendo la promozione a portata di mano. Prima della fine del trionfale secondo periodo c’è spazio per gli ultras casertani che rimarcano, con uno striscione, la loro presenza coi gemellati di Bologna, e l’esposizione di uno striscione, in perfetto stile Fossa, “Io canto per te”, che riprende il coro a lungo più tenuto, a più riprese e fino alla fine, dai biancoblu.

Nonostante un punteggio che avrebbe stroncato un toro, non molla neanche di un centimetro la tifoseria toscana. Con la stessa unità di intenti dei primi minuti si canta continuativamente, si sventola, si provoca, si alzano le sciarpe: una prova di maturità veramente notevole per un gruppo svantaggiato sia a livello numerico, sia dall’andamento catastrofico della partita. Si va negli spogliatoi su un imbarazzante 37-16 per Bologna.

Inutile a dirsi, gli ultimi due quarti sono una marcia trionfale per la Fortitudo, anche se i Mensanini non suonano di certo il De Profundis. La partita sugli spalti è avvincente, nonostante l’epilogo sia già segnato. Il match è più equilibrato, ma non pende mai a favore di Siena. Anzi, alla fine il divario aumenta ulteriormente, mentre il popolo fortitudino canta “L’abbiamo vinta noi”. È il preludio all’apoteosi bolognese, che scatta alle ore 22.10: finisce con un inverosimile e pietoso, per Siena, 66-42. Addirittura torce e fumogeni festeggiano l’agognato ritorno emiliano nella Serie A di servizio, mentre l’invasione di campo vede una marea biancoblu correre all’impazzata verso i propri beniamini, con steward e reparto celere che fanno veramente fatica a contenere la spinta dei tifosi festanti. Assestatasi la situazione, è un autentico trionfo per la Fortitudo. La festa è veramente indimenticabile in questa notte forlivese, e continuerà fino a tardi per le strade di Bologna.

Per Siena e i Senesi c’è la partita bis del giorno dopo, il secondo ed ultimo tentativo, contro Agropoli. Il post-partita resta concitato ma nella norma, finché qualche tifoso biancoverde esterna il proprio disappunto per ricevere in cambio manganellate gratuite e spintoni dai troppo zelanti agenti: ennesima prova di come chi dovrebbe difendere l’ordine usi più le proprie braccia e la propria divisa anziché un sano buon senso. D’altronde è più logico sfogarsi con chi è in minoranza e più tranquillo piuttosto che con una massa più numerosa e potenzialmente più pericolosa. Ma forse, per qualcuno, il buon senso è proprio questo.

Stefano Severi

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