“Odio il lunedi”, cantava Vasco Rossi nel 1987. Esattamente 28 anni fa. Un anno a me caro, visto che è quello in cui sono nato. Un anno, un’epoca, che immagino sempre con i colori sfocati delle foto o dei filmati dell’epoca. Stavano per finire i mitici anni ’80 ma il calcio italiano non sembrava certo risentirne. Oltre a circolare parecchio denaro, permettendo ai nostri club di primeggiare in Europa, c’era una vera e propria cultura da stadio che ti regalava gradinate piene da Nord a Sud, dalla Serie A alla Terza Categoria. Non esistevano divieti, restrizioni, biglietti nominali, Osservatori e via dicendo. Non esistevano neanche posticipi e anticipi, tutte la gare si giocavano nello stesso giorno e alla stessa ora.

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quell’era geologica e con essa è finito, tramortito, il periodo d’oro del nostro sport nazionale. Fagocitato da milioni di interessi e stancanti lungaggini burocratiche che hanno allontanato inesorabilmente i tifosi dagli stadi. Si è arrivati addirittura a disputare una partita di lunedì, giorno che una volta era considerato maledetto, perché segnava il ritorno a scuola o sul posto di lavoro. Non combaciava certo con la sacralità della domenica. Quello era il giorno del pallone.

Dietro questi cambiamenti epocali ci siamo rincoglioniti un po’ tutti. E alla fine li abbiamo accettati senza batter ciglio. Così appare normale un po’ a tutti che Casertana e Messina si sfidino il primo giorno della settimana in una serata di metà dicembre, a pochi giorni da Natale. Del resto siamo al Sud, e almeno i pericoli relativi al gelo, alla nebbia e alla neve sono scongiurati. Seppur faccia freddo in maniera abbastanza acuta, coadiuvato da un’umidità che tocca percentuali tutt’altro che lievi.

Manco a dirlo mi avvio verso la città della Reggia con il fedele treno. In tanti fanno ritorno a casa, dai parenti. Siamo un popolo di migranti e lo rimaniamo anche all’interno del nostro Paese. Estirpati troppo spesso dalla nostro terra natia per cercare lavoro e tranquillità altrove. Una condizione che, come diceva l’ingenuo Agapito Malteni, fa piangere in molti, che non capiscono questa esigenza di allontanarsi, rimanendo ancorati al proprio credo vecchio di un trentennio, che si porta dietro tutte le sicurezze e gli ammortizzatori sociali che questo paese ha mandato da anni a farsi benedire. Ma questo è un altro discorso, ed evitiamo di cadere sul pietistico perché quella che voglio raccontare è una bella giornata di calcio e tifo, come di rado capita ultimamente.

La Casertana guida la classifica e, dopo 25 anni, ha l’occasione di giocarsela a tutti gli effetti per una promozione in cadetteria che bisserebbe quella di inizio anni ’90. Troppo bella ma troppo corta per esser ricordata da tutti gli sportivi rossoblu. Così c’è fermento in città e avvicinandomi al Pinto la folla si fa sempre più fitta. Noto, con dispiacere, che anche qui è stata posta qualche grata di troppo prima degli accessi ma, in fondo, la situazione è ancora vivibile. Anzi, non ci sono neanche i tornelli e i controlli non sono asfissianti. Il tutto ovviamente rapportato agli stadi del 2015.

Ritiro l’accredito e sbrigata la pratica pettorina entro in campo, dove un freddo pungente mi accoglie sulla pista d’atletica. I tifosi stanno facendo il loro ingresso alla spicciolata e alla fine andranno a riempire tutto il Distinto e buona parte della tribuna. I ragazzi dei Fedayn Bronx scaldano i motori con un paio di battimani, mentre in vetrata spiccano le pezze degli ultras di Mainz, a rinsaldare un gemellaggio nato da poco ma che sembra aver coinvolto profondamente entrambe le tifoserie.

L’orologio segna le 20 e le due squadre fanno capolino dal tunnel degli spogliatoi. Per ora nel settore ospiti ancora non hanno fatto ingresso i tifosi siciliani. Pertanto la scena iniziale è tutta per quelli campani, che mostrano subito di essere in serata con una sciarpata fitta, colorata da un paio di torce, e cori compatti e coinvolgenti, perfettamente ritmati dal suono del tamburo.

Al 1o’ entrano anche i supporter giallorossi, con il classico coro “Signori siam di Messina e ne andiamo fieri”. In totale sono 140 i biglietti venduti in riva allo Stretto, una presenza più che dignitosa considerato l’orario, il giorno lavorativo e la distanza. Dopo i fatti con la Reggina, nello spareggio dello scorso anno, sulla Sud sono piovute numerose diffide, così tutti i gruppi hanno deciso di ritrovarsi esclusivamente dietro alcune pezze per la città e i diffidati, accantonando per il momento tutte le sigle dei gruppi.

Sul tifo cosa dire? Mi è sembrato, per larghi tratti, di rivivere la Serie C dei bei tempi. Quella fatta di curve sempre piene e calorose, con tutti gli strumenti di tifo consentiti e una partita sul campo decente e combattuta (non inganni il 4-1 finale per la Casertana). Su sponda rossoblu tantissime manate e cori tenuti a lungo con intensità, fatto non da poco, considerando che negli ultimi anni sempre più di rado mi capita di vedere curve di casa che sfoderano prestazioni al di sopra della sufficienza. Stesso discorso posso fare per i messinesi, che dal loro arrivo non smettono un minuto di cantare, neanche nell’intervallo, dando sempre una bella idea di unità e compattezza. In particolar modo la cosa che mi soddisfa è sentire davvero pochi cori ripresi da YouTube ad appannaggio dei classici canti anni ’90/inizio 2000 mescolati a cori tradizionali eseguiti in dialetto. Ormai la diversità è diventata non azionare la playlist virtuale che vede primeggiare sempre e comunque brutte copie di cui noi italiani non avremmo francamente bisogno.

Se dovessi riassumere la serata direi semplicemente che si tratta di uno spot per il calcio minore e non solo. I bambini che chiedono di sventolare le bandiere ai più grandi sono il sintomo di come la gente non si voglia avvicinare al pallone nel senso industriale e noioso che vorrebbero le istituzioni. La gente vuol far casino (nel senso buono del termine) e sentirsi per un paio d’ore libera e leggera. Quando anche l’ultimo tamburo avrà smesso di suonare in uno stadio e l’ultima bandiera sarà ammainata, mi tirerò umilmente fuori da quello che sarà divenuto uno sport per freddi automi. Per il momento mi tengo le ultime sacche di divertimento. E mentre mi incammino velocemente verso la stazione sento ancora i tifosi dei Falchi festeggiare e gridare il loro classico “E gireremo tutto lo stivale…”, pensare che in altre zone del medesimo Stivale, tali comportamenti sono stati inibiti e vigliaccamente sanzionati con multe salate. Perché divertirsi è reato, ancora non l’avete capito?

Simone Meloni.