251071_375773019179663_905901010_n-300x200Il Manchester United è una delle migliori squadre del mondo. Eppure migliaia di tifosi dei Red Devils si sono stancati dell’atmosfera di plastica della Premier League, di dover stare obbligatoriamente seduti a guardare la partita, della birra analcolica, di vedere prendere ogni decisione a un oligarca americano che già non conosce niente di calcio, figurarsi della storia e delle tradizioni della città di Manchester e della sua squadra. Si sono messi assieme e hanno fondato lo United of Manchester, ripartendo dalle divisioni dilettantistiche. Per noi è stato simile, ci piaceva il calcio, ci piaceva guardare le partite a modo nostro, abbiamo sentito di non riuscire più a farlo in Serie A, siamo andati a vedere la Terza categoria, tempo dopo abbiamo fondato la nostra squadra.

Sono passati 10 anni dalla nascita degli Ultras Lebowski e 4 stagioni dalla fondazione del Centro Storico Lebowski. Sono tanti. In molti ci stanno chiedendo quale sia la nostra formula, quale sia l’idea che rende così intenso il nostro ambiente. Proviamo a rispondere.

La nostra idea di «calcio minore» non cambia in niente da quella di tante società sportive sparse sul territorio. Il «calcio minore» è uno spazio di socialità, di solidarietà e di autorganizzazione. Socialità perché fa uscire di casa, spezza la solitudine, regala emozioni condivise, tiene insieme persone di ogni età che spesso non hanno occasione di incontrarsi. Solidarietà perché costruisce legami e crea delle reti di sostegno reciproco. Autorganizzazione perché la vita di una società sportiva dipende dalla capacità degli appassionati di provvedere ai suoi tanti bisogni: le risorse economiche, l’organizzazione degli spazi e dei tempi, la gestione tecnica, le pratiche burocratiche, il materiale sportivo, ecc… Autorganizzazione significa prendersi la responsabilità diretta e collettiva di quello che si costruisce.

La nostra idea dunque non è niente di speciale: usare il Lebowski come spazio di socialità, di solidarietà e di autorganizzazione. Sembriamo così «magici» solo perchè, per mille motivi che chiaramente non siamo in grado di spiegare, queste tre cose sono sempre più difficili da trovare, ovunque in città e anche nel «calcio minore». Il calcio, e non solo quello della serie A, è oggetto di attenzioni politiche e commerciali, per la grande visibilità che offre. Ma questo aspetto molto spesso va in direzione opposta al ruolo sociale del calcio, e produce competizione esasperata, mercificazione e disciplinamento.

Come garanzia che questi valori rimarranno al centro del progetto abbiamo deciso che la squadra sarà per sempre proprietà degli ultras e dei tifosi. E’ l’unico modo che conosciamo per far sì che le regole del profitto e della politica non stravolgano questo spazio di libertà e di responsabilità che ci siamo costruiti. Per questa ragione, campiamo di autofinanziamento e non di patron e investitori.

Quest’anno, grazie anche alla bellissima squadra che siamo riusciti a tirare su e ai risultati che danno entusiasmo, sono aumentati enormemente gli appassionati che vengono a vedere le partite e frequentano le nostre iniziative, come sono aumentate le richieste di usare il nostro potenziale umano per lavorare con il settore giovanile, con le scuole del territorio. Questo ci gratifica ma ci pone davanti delle questioni.

Ogni anno, per potenziare le nostre iniziative sociali e sportive, le spese aumentano. In quattro anni abbiamo girato quattro campi e con questo nomadismo gran parte del nostro potenziale si disperde nella necessità ogni volta di garantire la semplice sopravvivenza del progetto. In poche parole, senza la gestione di un campo non ci è più possibile portare avanti quella crescita che ogni anno abbiamo avuto. Senza un campo, cioè, non possiamo organizzare un settore giovanile e una scuola calcio, non possiamo organizzare attività sociali per il territorio, non possiamo tirare su quelle occasioni di autofinanziamento come le sagre e le feste che sono essenziali per la sopravvivenza di quasi tutte le società dilettantistiche.

Vogliamo dunque porre pubblicamente questo problema: è possibile che per fare calcio e per fare socialità si debba avere un patron alle spalle oppure delle conoscenze politiche da sfruttare per ottenere un minimo di agibilità? Fare sport e socialità ad alto livello è o non è un valore per tutto il territorio?

Per chi prova una strada diversa la situazione è nota: i bandi per l’assegnazione dei campi comunali vanno ai «soliti noti» che molto spesso smentiscono ogni promessa finalità sociale e usano l’impianto a scopo di lucro lasciandolo progressivamente deteriorare, dal punto di vista materiale e della sua capacità di essere un punto di riferimento per il territorio; i costi di iscrizione e gestione aumentano, come gli affitti degli impianti; dalle istituzioni come dai media vieni visto pure come il rompicoglioni che vuole fare di testa sua e affossato il più possibile.

Abbiamo bisogno di uno stadio per dispiegare le grandi potenzialità del nostro ambiente. Essendo figli di nessuno, siamo consapevoli che ci sarà da lottare per averlo. Come società, stiamo cominciando a buttare giù un progetto complessivo, che prevede la descrizione delle attività che vorremmo svolgerci, le interazioni con il territorio, le modalità di autofinanziamento, le grandi risorse umane che potremmo spenderci.

Ci rivolgiamo ai tanti tifosi che ci seguono e che non partecipano ancora alla vita sociale: abbiamo bisogno di idee, confronto e contributi. L’obiettivo è avere al più presto una nostra casa. Venite a dire la vostra, pungolateci, rompeteci le palle. C’è bisogno di tutti, perché è una cosa grossa!

«OGNI VOLTA CHE IL CSL SCENDE IN CAMPO, MANDA A FARE IN CULO IL CALCIO MODERNO, QUINDI SE OTTENIAMO LA PROMOZIONE VA’ BENISSIMO..VORRA’ DIRE CHE FAREMO UN ALTRO GIRO..MA SE NON CE LA FACCIAMO VERRA’ DI NUOVO AGOSTO, FAREMO UNA GRANDE STAGIONE E CE LA FAREMO LA PROSSIMA VOLTA.

E FACENDO TUTTO CIO’, CI DIVERTIREMO UN SACCO..E SARA’ UN ALTRO GIRO ANCORA».

AVANTI CENTRO STORICO LEBOWSKI, AVANTI CURVA MOANA POZZI!

[Fonte CS Lebowski]