Dopo la partita pomeridiana di serie D tra Alcione Milano ed Albenga, il mio personale sabato milanese prosegue con un’altra partita in un altro ambito sportivo, questa volta sotto canestro. Uscito dal mio alloggio in zona San Siro, dalla vicina fermata dell’ATM mi ritrovo dopo mezz’ora di autobus davanti al palazzetto, per la partita di serie A2 del girone verde tra la seconda squadra di Milano, l’Urania, contro la prima e storica squadra di Cremona, la JuVi. Ma andiamo con ordine perché non è semplice mettere nero su bianco le emozioni provate in questa serata, dove ho fatto il mio esordio nello storico Palalido dove per tanti anni l’Olimpia ha scritto pagine indelebili non solo della sua storia ma di quella dell’intero basket italiano.

Già dall’esterno si possono notare gli alquanto travagliati cambiamenti che in quasi un decennio hanno interessato quest’impianto, tra lavori mai completati, continui cambi di ditte appaltatrici e l’insorgere di nuovi problemi che hanno spostato ogni volta più in là il compimento delle opere previste.

Il Palalido attualmente ha le sembianze di un’astronave e, ovviamente con le dovute proporzioni, richiama le forme di tanti stadi moderni come, per esempio, l’Allianz Arena del Bayern Monaco e tante altre strutture moderne sulla cui stessa falsariga e senza alcuno slancio di originalità, anche in Italia purtroppo sempre più strutture stanno muovendosi. Dico “purtroppo” perché, da appassionato di stadi storici e vissuti, non riesco ad entusiasmarmi per queste novità. Sicuramente dotate di tutti i comfort ma carenti dal punto di vista identitario e collettivo: dei rassicuranti non luoghi più simili come atmosfera ad un polo commerciale che ad un centro di aggregazione di tifosi e sportivi. La grande scritta Allianz Cloud mi proietta subito in tale realtà e la prima domanda che mi sovviene è: perché intitolare stadi e palazzetti a personaggi o eventi importanti per la storia locale o nazionale, se poi in nome del dio denaro prenderà il sopravvento il nome di uno sponsor? Problemi che capisco non si ponga il semplice cittadino, bombardato da un certo tipo di propaganda istituzionale, che porta a metabolizzare questi cambiamenti nella maggior parte dei casi senza un minimo di pensiero critico.

Come da prassi, mi faccio un giro fuori dall’impianto scorgendo vari adesivi di tifoserie passate di qua: Cantù, Montecatini, Imola, Livorno tanto per citarne alcune. I vari settori sono ben segnalati e riprendono il nome delle piazze o vie circostanti. Dopo un’ultima occhiata, finalmente varco l’ingresso e dopo una rampa di scale, mi catapulto dentro. Riesco a scorgere a malapena una targa intitolata ad Aldo Paladini, architetto del primo progetto del palazzetto; peccato che la stessa sia in parte coperta da un frigo bar, spero messo lì solo in questa occasione. Indubbiamente il palazzetto è bello e se la parte esterna è totalmente diversa, la parte interna è più simile a quella di un tempo, con i due anelli che girano tutt’intorno alla struttura.

Il Palalido – dal nome della zona in cui si trova, lo ricordiamo – e con esso e in esso tanti milanesi hanno visto passare nel tempo un’infinità di eventi non solo sportivi, ma anche di natura canora o semplici riunioni. Pensare che inizialmente era nato per il tennis, salvo poi rinnovarsi come impianto per le gare casalinghe dell’Olimpia Milano, squadra di indubbio successo, che qui ha scritto pagine importanti della propria storia, vincendo scudetti, Coppe italiane e pure internazionali. Qui hanno poi giocato altre squadre di basket, mentre dopo la ristrutturazione del 2010 dovevano essere nuovamente protagoniste le “scarpette rosse”, ma il protrarsi dei lavori, completati quasi dieci anni dopo, hanno spinto la prima squadra di Milano a rimanere al Forum di Assago. A riportarvi il basket ci ha poi pensato la scalata dell’Urania Milano, fondata nel 1952 per volontà di alcuni amici, compagine che nel 2018-2019 ha conquistato la promozione in A2, lasciando il piccolo PalaIseo in zona Affori per trasferirsi appunto qui a Piazza Stuparich, dove possono essere ospitati oltre cinquemila spettatori.

Entrando con congruo anticipo, decido per un ulteriore giro sugli spalti, nonostante la consapevolezza che la maggior parte di quei seggiolini resteranno vuoti. Anche la parte ultras potrebbe avere numeri bassi, ma stiamo pur sempre parlando della serie A2 di basket, dove non di rado ci sono squadre senza tifosi o ultras, fortunatamente riequilibrate da tifoserie validissime come Fortitudo o Cantù, tra le migliori del panorama cestistico nazionale. È proprio questa contraddizione che rende la categoria interessante, così come di un altro mondo risultano gli addetti ai lavori, che ti accolgono sempre bene, cercando di farti lavorare nel miglior modo possibile, fornendoti tutte le informazioni del caso e invitandoti persino a tornare nuovamente. Praticamente il Sottosopra di Stranger things rispetto al calcio, dove ovviamente il mondo oscuro e pieno di creature rivoltanti è quello dello sport più amato, cosa di cui i soliti noti se ne approfittano.

Entro sul parquet a pochi minuti dalla palla a due, nella curva dei padroni di casa campeggia il grosso striscione “LUNGOMARE MILANO”, la cui componente sembra essere più prossima a quella di tifosi appassionati che di ultras. Comunque, con l’entrata delle squadre in campo, sventolano diverse bandiere e bandierine creando un bell’effetto visivo. Nella curva opposta, nel frattempo, sono entrati pure gli ultras ospiti, che vanno a posizionare nel balconcino superiore della curva ed esporre lo striscione “JUVINI CREMONA”. Anche loro, con l’entrata in campo delle squadre, sventolano diverse bandierine, chi grigie e chi rosse, più riconducibili ai colori sociali della squadra di calcio della propria città, cosa che mi fa presumere un certo legame con la Sud grigiorossa dello “Zini”, visto che i colori della squadra di basket sono invece oro e amaranto. Nella nostra penisola, non è raro trovare ultras che seguano le vicende della propria città in entrambi gli sport, così come talvolta si possono rilevare criticità tra ultras del calcio e quelli del basket. Numerosi tifosi della squadra ospite decidono invece di posizionarsi in tribuna, al primo anello, dove sicuramente la visuale è migliore rispetto al settore ospiti, anche se ciò non impedirà loro di farsi sentire durante la gara.

Anche sulla squadra ospiti, come ho già detto, bisogna fare un discorso a parte: la JuVi Cremona è nei fatti la prima compagine cittadina di basket, fondata in un oratorio da un gruppo di appassionati nel 1952, come l’Urania Milano. JuVi è in realtà un acronimo che deriva dal latino juventute et viribus, gioventù e forza. Dopo la cessione dei diritti sportivi in favore di Brescia, la società mantenne il nome solo per l’attività giovanile. Fino a quando nel 2015 il gruppo Ferraroni rilevò il marchio facendo rinascere lo storico sodalizio e portandolo fino alla serie A2, miglior risultato della propria storia. Ai suoi tifosi va riconosciuto il merito di seguire con costanza questa prima, storica e meno blasonata squadra rispetto alla più recente e vincente Vanoli, nata tra l’altro a Soresina e poi spostatasi a Cremona dopo l’ascesa sportiva.

Tornando alla prestazione delle due tifoserie, il tifo nel primo tempo non è sempre stato continuo su entrambi i fronti, bensì intervallato da diverse pause. Totalmente diverso il modo di approcciarsi e tifare delle due realtà: più sparpagliato e colorato, con cori lunghi quello dei milanesi; più cori secchi e brevi, accompagnati da battimani e qualche volta bandierine da parte dei cremonesi. A godersi la gara in prima fila in tribuna, in compagnia della moglie, si vede anche Dan Peterson: giornalista, commentatore televisivo ed allenatore che, proprio con l’Olimpia, vinse tantissimo sia in Italia che in campo internazionale. È un piacere vederlo ricambiare l’affettuoso saluto del pubblico del Palalido dove, nonostante le ottantotto candeline, continua per amore di questo sport a girare per palazzetti anziché arrendersi a guardare le gare dalla tv.

Finiti i quindici minuti di pausa, le squadre ritornano in campo e nella curva locale noto con piacere diversi tifosi avvicinarsi a quelli già impegnati a cantare: vengono dunque coinvolti anche i semplici appassionati, spronati ad alzarsi e tifare con maggior intensità, in un settore sempre molto colorato dato il numero delle bandiere sventolate. In un certo momento della partita riescono anche nell’intento di far cantare un coro muovendo le braccia prima in una direzione e poi nell’altra.

Sul fronte opposto gli “Juvini” non sono da meno e cercano di far sentire il loro tifo in un palazzetto rumoroso: sicuramente l’alternarsi delle giocate in campo invoglia a sostenere le due squadre, che si contendono la gara sul fino di lana: sarà poi Cremona ad espugnare il Palalido, vincendo per 81-87 e facendo esultare non solo gli ultras ma anche e soprattutto la parte di tribuna dove sono assiepati i sostenitori ospiti. Sarà che da diversi anni non seguivo una partita di pallacanestro, ma lascio con un pizzico di malinconia il palazzetto, consapevole che potrebbe essere la mia unica partita qui. Capita infatti di rado la fortuna di poter combinare più partite in una giornata, soprattutto in posti così lontani da casa, ma questo ricordo mi accompagnerà indelebile. D’altronde anche una semplice partita di Serie A2 di basket è capace di regalare emozioni sportive e di tifo che trascendono il trascorrere del tempo. I ricordi non sono mica “naming rights” che cambiano e vengono cancellati da un nuovo sponsor…

Marco Gasparri