Milano, sabato sera. Uscendo dalla metro mi avvolge il freddo umido che caratterizzerà la serata milanese. In quel momento realizzo che questa sera sarò fortunato poiché, il mio obiettivo, invece che uno stadio, come al solito, è invece un palazzetto. Già, perché dopo essere passato diverse volte davanti al Palalido (permettetemi di chiamarlo così, per chi preferisce il nome determinato dai cosiddetti “naming rights” è Allianz Cloud) ed essermi promesso di venire a farci un servizio, alla fine mi sono deciso. E la presenza della compagine vigevanese è un’ottima occasione per realizzare il mio intento.

Devo confessare che il basket mi piace e simpatizzo per la Fortitudo; ma negli anni non sono mai andato più in là di uno schermo televisivo o del guardare i risultati la domenica sera. Per questo mi definisco simpatizzante e non tifoso (concetto che, mia personalissima opinione, richiede una presenza reale al seguito di qualsiasi compagine, quale che sia lo sport). Pertanto ammetto di essere un neofita per quanto riguarda i palazzetti. Ciò non toglie la curiosità e la voglia di approcciarsi ad un mondo che ho sempre visto solo raccontare.

Come mia abitudine arrivo con anticipo. L’impianto, recentemente ristrutturato, è molto bello. Le persone arrivano alla spicciolata, infatti fino ad un quarto d’ora prima dell’inizio del match gli spalti sono ancora semivuoti. Il prepartita è caratterizzato dal suono altissimo della musica e dalla presentazione enfatizzata dei giocatori di casa.

Stavolta però non rimango infastidito rispetto ad una consuetudine che ormai appartiene anche al calcio per due motivi: il primo è che in fondo il basket è uno sport che nasce in Usa, quindi può starci una certa tendenza nel seguire le mode d’Oltreoceano. Secondariamente, non avendo l’Urania un foltissimo pubblico, è comprensibile anche il tentativo di provare a coinvolgerlo. Diversamente non comprendo lo show quando ci si trova di fronte a piazze calde, dove lo spettacolo è già il pubblico in sé.

I vigevanesi arrivano anche loro alla spicciolata, forti di una distanza non certo incolmabile (un ‘ora di macchina circa). Il blocco ultras fa il suo ingresso unito, al coro “amore mio dai non essere gelosa..”, molto in voga nelle curve italiane in questo periodo e che verrà riproposto anche durante la gara.

Su di loro ho molte aspettative, avendone sentito parlare bene come tifo.

Aspettative che saranno pienamente confermate.

Temevo una possibile contestazione dopo la pesante sconfitta da loro rimediata la domenica precedente a Casale Monferrato, invece si limiteranno ad appendere un paio di pezze al contrario (molto belle tra l’altro) e ad esporre un paio di striscioni di malcontento relativi all’impegno dei giocatori.

Il sostegno sarà invece costante ed intenso, ad eccezione di un piccolo calo nel terzo quarto, quando la partita ad un tratto sembra irrimediabilmente persa.

La cosa che mi colpisce è che sono bravi nel trascinare anche la parte non ultras presente nel primo anello e ai lati del secondo, segno di una complicità tra la componente più calda e quella più pacata.

Bella la loro composizione estetica, compatta e raccolta dietro le pezze.

Ad accompagnare il loro tifo un tamburo, un bel bandierone e diversi battimani.

Nel secondo tempo si aggregheranno a loro i gemellati di Rosate con la pezza “Boys Rosatese”.

Sul fronte di casa apprezzo il tentativo di tifare.

Il gruppo che si raduna dietro allo striscione “Lungomare Milano” obiettivamente ci prova con tutte le forze a cercare di fronteggiare un avversario, a livello di tifo, così blasonato.

Fanno molto rumore con un paio di tamburi e colore con qualche bandierone, ma l’intensità dei cori, nonostante il massimo impegno di chi prova a coinvolgere le persone col megafono, è obiettivamente bassa.

Cresceranno nel finale complice la buona partita della loro squadra e la spinta dello speaker che prova continuamente a rendere partecipe il pubblico.

Chiaramente però, non posso non apprezzare chi, comunque, in una città come Milano, dove persino l’Olimpia che gioca in Eurolega fatica ad avere un gruppo ultras per altre e più complesse ragioni, prova a mettere insieme qualcosa.

Pertanto gli ultras dell’Urania sono da elogiare solo per il fatto di esserci e provarci.

La gara, dopo che ad un certo punto pareva scontata, vive un finale da brividi, con Vigevano che però non trova la tripla del possibile pareggio.

Nonostante la sconfitta i gialloblu saranno comunque applauditi al rientro negli spogliatoi per aver messo quell’impegno inizialmente richiesto.

Soddisfazione in casa rossoblu invece per una vittoria che mantiene i milanesi in una buona posizione di classifica.

Torno a casa contento anch’io, a conferma che vedere la cose dal vivo invece che in tv è tutt’altra cosa.

Matteo Biondi