L’U.S. Arezzo ci tiene a ricordare a tutti i propri tifosi che, come riportato nel regolamento d’uso dello stadio basato sulle vigenti disposizioni di legge, tutti gli spettatori sono tenuti ad occupare solo ed esclusivamente il posto indicato sul proprio biglietto d’ingresso o abbonamento. A seguito dei possibili controlli, gli spettatori che venissero trovati ad occupare posti diversi da quelli acquistati ed indicati nel biglietto d’ingresso o abbonamento, saranno sanzionabili secondo le normative vigenti.

Con questo comunicato sul proprio sito, l’US Arezzo invita i propri sostenitori a rispettare il posto indicato sul titolo d’acceso, pena il sanzionamento a norma di legge. Che per i meno avvezzi vuol dire multa pecuniaria che in altre sedi solitamente si aggira sui 167 euro, anche se la somma può partire da 100 ed arrivare fino a 500 euro. E alla terza multa scatta il daspo.

Già l’Olimpico è stato teatro di questo esperimento di controllo sociale e di forti polemiche. Svalicata una nuova frontiera della repressione, il passo per la successiva installazione delle ancor più discusse barriere è stato brevissimo. Dopo anni di aspre contrapposizioni, di diserzioni di massa, di stadio semi deserto le barriere sono state rimosse, ma purtroppo resta la spada di Damocle delle multe. Multe che, a quanto pare, cominciano a fare breccia anche in altre piazze. Dispiace, sinceramente, che quello che il calcio ha sempre rappresentato, ossia un momento di festa collettiva, di aggregazione popolare, comunitaria e identitaria, venga schiacciato sotto il peso ingombrante portato con la scusa della lotta alla violenza e che si traduce in tornelli, telecamere, multe, controlli invasivi, prefiltraggi, steward, poliziotti ed un apparato complessivo più degno di un carcere di massima sicurezza che di uno spazio sociale.

Basterebbe solo un minimo di buon senso e di elasticità mentale al nostro calcio, che ha saputo reggere per decenni numeri vertiginosamente superiori a quelli attuali. Abbiamo invece ceduto all’isteria e alla psicosi della sicurezza solo per alimentare quello che è a tutti gli effetti uno Stato di Polizia. Che poi si dimostra del tutto inutile in casi dove davvero sarebbe richiesta attenzione. Chi terrorizza, parafrasando più o meno De André, poi s’ammala di terrore.