Il caldo e il mare agostano appena assaporati non hanno ancora avuto il tempo di venire a noia, di lasciar montare malinconie che è già tempo di rimettersi la macchina fotografica in spalla. La Coppa Italia maggiore propone un interessante Foggia-Lucchese che si incrocia con le mie ferie nel contiguo Gargano. L’occasione è propizia anche per dividere la serata ultras-calcistica con un vecchio amico, riempiendola delle immancabili ed interminabili chiacchierate sul mondo del tifo.

L’arrivo nei pressi del “Pino Zaccheria” avviene con buon anticipo, permettendoci di parcheggiare agevolmente e saggiare un minimo l’atmosfera esterna.

L’aria è carica delle solite aspettative di inizio anno agonistico, c’è la curiosità di capire quanto le potenzialità della squadra possano soddisfare queste ambizioni ma, quando lambiamo il settore ospiti, manca il pur minimo movimento che possa lasciar presagire la presenza della tifoseria avversaria. Da inguaribile sognatore, mi piace pensare che di lì a poco possa arrivare a caricare d’elettricità la serata, ma entro breve toccherà fare i conti con la realtà e con un’assenza non certo deplorevole: Lucca presumibilmente, come poche altre piazze, resiste sul bastione della lotta alla tessera del tifoso. Una lotta forse ormai solo ideale e simbolica, una lotta forse anacronistica, ma coerente e della cui coerenza bisogna dare atto a chi ancora la persegue. Per quanto taluni la giudichino un’auto-castrazione, ma il discorso è lungo e finirei inevitabilmente fuori tema.

Prima di guadagnare il terreno di gioco, abbiamo il tempo di scontrarci con tutta una serie di lacune organizzative. Gli steward, alla gente spazientita, in fila come le gocce di sudore che scendono dalle loro fronti, rispondono che “è la prima partita, dalla prossima andrà meglio”. Il paradiso eternamente promesso e vagheggiato, una costante terrena in situazioni tutt’altro che paradisiache, non placa il malcontento di nessuno.

Dopo aver varcato un tornello spinto a mano da uno steward, senza lettura elettronica degli ingressi, in deroga a quella sicurezza che invece sbarra spesso le porte alle tifoserie organizzate, siamo finalmente in campo. Entrando dalla porta sbagliata ma siamo dentro: imbattutici nel classico inserviente fosforescente del tutto ignaro ed incapace di fornirci le giuste indicazioni, siamo quantomeno fortunati ad averne beccato uno dotato di buonsenso. Per decenni l’organizzazione calcistica ha sempre funzionato grazie proprio al buonsenso, non già ai deliri di chi vieta maniacalmente persino i tappi di bottiglie e poi non vede (o finge di non vedere) compravendita di partite ed altre malefatte ben peggiori di quelle sempre condannate dei tifosi.

Piano piano i minuti scorrono, gli spalti si riempiono e ci si approssima al calcio di inizio. A parte la gradinata Est ed il settore ospiti, lo stadio è pieno oltre quello che meriterebbe questo sport in questo periodo storico. D’altronde l’amore di una città per la propria squadra trascende spesso alle questioni razionali. Da quello che carpisco in giro, ci sono circa 5.000 spettatori, magari anche qualcosina in più.

La grande prova d’affetto Foggiana non è puramente numerica: quando le squadre scendono in campo, la Curva Sud le saluta con una bella cartata, mentre la Nord con una torciata di grande effetto scenico. Da sempre le partite in notturna sono state l’occasione perfetta per far sfoggio di questi splendidi spettacoli pirotecnici, spesso ripresi dalle istituzioni calcistiche per promuovere il loro prodotto malsano, accompagnandolo con ipocriti slogan sulla falsariga de “#ilcalcioèdichiloama”, quelle stesse istituzioni che poi fomentano la caccia alle streghe per ogni inezia. Se non usati in maniera impropria, torce e fumogeni non possono e non devono in alcun modo costituire reato: istituire il reato preventivo è più o meno come multare tutti i possessori di auto in quanto potenziali colpevoli di divieti di sosta o eccessi di velocità.

L’inizio è dunque di alto livello, su entrambi i fronti del tifo Pugliese, non solo sotto il profilo puramente coreografico, ma anche in quanto a tifo canoro. Sono tutt’altro che un fanatico di questioni stilistiche, devo però ammettere che preferisco di gran lunga la Nord alla Sud: compattezza, età media, fattura degli striscioni, delle bandiere, contenuto degli slogan, tipo di caratteri usati per le scritte, ecc. sono tutti punti su cui la Curva Sud deve lavorare ancora parecchio. Ritengo tuttavia sbagliato porre la questione da un punto di vista dualistico, perché ognuno sembra concorrere con umiltà e mutuo rispetto al sostegno della squadra.

Sono colpito in positivo dal tipo di ambiente che le due realtà del tifo locale hanno creato, eppur non posso fare a meno di chiedermi, specie in quei momenti in cui nello stadio rimbomba potente lo stesso coro, perché a seguito dello scioglimento del “Regime Rosso Nero” non si sia trovato un punto d’equilibrio per riunire tutto il tifo Foggiano sotto una stessa bandiera. Domanda retorica, ovviamente: chiaro che nel frattempo la Nord ha creato una identità tutta sua, che tante nuove leve nemmeno hanno mai vissuto la Sud ed il suo passato di cui sentire nostalgia, che permangono diversità e distanze non colmabili, però non ho potuto fare a meno di pensare che Nord e Sud assieme, avrebbero un potenziale per tenere testa a tante realtà ben più osannate in giro per lo Stivale. E chi mi conosce sa che non sono tipo da sviolinate…

L’altra curiosità che avevo, era nel capire che tipo di ripercussioni potesse aver subìto la Nord dopo l’ondata di diffide a seguito dei “bizzarri” scontri con la celere dello scorso Foggia-Barletta. L’aggettivo “bizzarro” è per la strana dinamica degli stessi scontri, che un comunicato della tifoseria organizzata non ha faticato a definire una rappresaglia nei confronti dei gruppi ultras. Devo dire che la risposta è stata pienamente soddisfacente e che, se non l’avessi saputo, avrei fatto fatica a credere che questo settore stesse vivendo un periodo di dura repressione.

Sfortunatamente per i padroni di casa, la Lucchese trova la rete già al 1’ minuto e la doccia gelata raffredda parzialmente gli entusiasmi. La reazione migliore, nell’immediato, la offre la Curva Sud, ma alla lunga cede un po’, forse anche per colpa del caldo, tanto che in certi momenti il rumore dei tamburi sarà fastidiosamente più distinguibile dei cori.

La squadra di De Zerbi trova il pareggio al 24esimo minuto. La nuova iniezione di fiducia aiuta i due settori ad arrivare in gran spolvero fino al fischio che manda le due compagini negli spogliatoi.

Nel secondo tempo però, non ci saranno più variazioni sul risultato. Sia l’una che l’altra squadra hanno qualche buona occasione, ma più inesorabile di tutti è il triplice fischio dell’arbitro che sancisce, inoltre, la disputa dei tempi supplementari.

Il caldo è veramente impressionante, spesso facevamo fatica noi a rimanere fermi a bordo campo senza grondare sudore, per cui non posso che apprezzare la generosità del tifo locale che, pur con qualche calo di tono (più in Sud che in Nord), è comunque continuo per tutto l’arco di questa seconda frazione di gioco.

Immutato il copione nei supplementari: gli ultras Foggiani buttano il cuore oltre l’ostacolo, continuando a lottare e a chiedere di lottare per questa vittoria. L’incentivo maggiore è che in palio non c’è solamente un semplice passaggio del turno in questa Coppa Italia tanto bistrattata dalle big, quanto il fatto che ad attendere la vincente di questa sfida ci sia il Bari: la prospettiva di un derby che manca da 18 anni, non può che accendere le più sfrenate fantasie e costituire la migliore delle motivazioni possibili.

Quando a pochi minuti dalla fine del primo supplementare il Foggia trova il nuovo vantaggio, i sogni sembrano cominciare a prendere corpo. Con i minuti che passano, aumenta la consapevolezza e diminuiscono le paure, così anche la scaramanzia cede il passo a tutta una serie di cori del passato a cui anche la tribuna prende parte.

Tutti già immaginano e cantano la “gioia grossa” del lunedì in cui dileggiare l’odiata sciarpa biancorossa. Anche l’arbitro benedice questo entusiasmo ponendo fine all’incontro. I calciatori e lo staff tecnico si uniscono alle due curve, cantando e saltando con loro sul leitmotiv “Chi non salta un barese è…”. Tutto molto bello, ma mi sento come uno spaesato spettatore del teatro del grottesco: non riesco in alcun modo a scollegare queste scene di esaltazione collettiva dal dato di fatto che la trasferta di Bari sarà aperta ai soli possessori della tessera (e nemmeno a quelli, come poi sapremo in seguito…) e quindi preclusa ai gruppi organizzati che non l’hanno sottoscritta. Questo calcio non merita niente.

Matteo Falcone.