Aprile inoltrato, la mia prima partita del 2015. Tante occasioni rimandate, tante partite “sì, vorrei ma non posso”. O “non mi va”. Di periodi bassi, di disaffezione verso il nostro movimento ne ho già avutI, ma questo è particolare: le continue polemiche verso qualsiasi gesto degli ultras, anche provocatorie e goliardiche, mi fanno venire il voltastomaco. La criminalizzazione di un movimento di aggregazione la vivo come un delitto. La continua demolizione dei diritti più basilari, quando si parla di ragazzi in curva (o a volte di semplici tifosi), per quanto ormai consuetudine di un diritto più votato alla prassi che ai dettami costituzionali, è un qualcosa alla quale mai mi abituerò. Poi ci sono i fatti personali, quelli che ti danno sempre meno tempo, meno energie e meno entusiasmo per seguire partite e passione. E, infine, c’è una mancanza di allenamento. Dagli effetti devastanti.

Esco di casa: cazzo, la batteria della macchina fotografica. Ho quella di riserva, speriamo bene. Ma da una prova vedo che è praticamente scarica. Rimane il cellulare. Fantastico. Amici Fortitudini scusate, il vostro servizio non vi renderà giustizia e, fotograficamente parlando, farà schifo. E pensare che è stata proprio una segnalazione a darmi il “là” per andare al Palagiordani ad assistere a questo Urania-Fortitudo Bologna. Almeno questo fa piacere. Qualcuno vuole che si facciano i servizi, qualcuno ci chiama.

È una domenica pomeriggio relativamente tranquilla. Le strade sono invase di persone in gita al verde o dentro un centro commerciale, ma il traffico va tranquillo. Con la consueta facilità, raggiungo il palazzetto. Neanche il tempo di arrivare ed ecco il pullman a due piani della Fossa. Il primo siparietto è un’auto che, per uscire proprio dal cancello dell’impianto, si sta per scontrare col bus già in sosta. Immaginate l’imbarazzo del conducente in mezzo ad un gruppo di Fortitudini goliardici. Mi dirigo in fretta al cancello prima di evitare la calca. Un minuto e sono a bordo parquet.

L’ingresso della Fossa avviene con una certa calma a pochi minuti dalla partita, in maniera molto composta ed ordinata. Lo speaker invita il proprio (poco) pubblico ad applaudire i tifosi ospiti, e così è. Davanti alla tribuna sono state sistemate numerose bandiere di Milano; non mancano i bambini e i genitori in rosso a scuola di ultras, ma la maggior parte del pubblico, quest’oggi, è di fede Fortitudo. I felsinei sono 150, forse qualcosa di più. Almeno la metà ultras della Fossa, o comunque gente in piedi che tifa attivamente. Un belvedere, che conferma la bontà della mia scelta.

Col match ormai alle porte e le squadre già presentate, offre un bell’impatto anche la coreografia ospite, con tante bandierine bianche o blu e un piccolo telo a mo’ di copricurva in mezzo. In una palestra ingrandita come il Palagiordani l’effetto è ottimo. Inno nazionale e i Fortitudini vanno per conto loro, come è giusto che sia. Tutti sembrano abituati, soprattutto la squadra che li vede sempre. Un particolare spicca e non poco: non c’è una divisa, né dentro, né fuori dal palazzo. Non so se ciò è dovuto ad una politica della società meneghina, ma al caso credo poco. E, devo dire, l’aria che si respira è senza dubbio più rilassata del solito.

Palla a due, prime azioni. La Fortitudo mette la testa avanti. Ma l’Urania è veramente una bella squadra, lotta con grinta e vuole far bella figura, sospinta dal piccolo ma rumoroso e festante pubblico. Chiaramente la colonna sonora è scandita dai cori della Fossa, continui e senza un minimo di sosta. Soprattutto in impianti piccoli come questo, è inevitabile la conferma del teorema dell’uomo in più, che nel basket è il sesto. La Fossa alza uno striscione per ricordare Dario Bellandi, ex tecnico di una Fortitudo che non c’è più. Con tanto orgoglio i Milanesi sono avanti 13-11 nel primo quarto, ma sarà solo l’eccezione che conferma la regola. Secondo quarto e va avanti una Fortitudo comunque incapace di chiudere. I decibel sono alti, il sostegno biancoblu senza sosta alcuna. L’incessante ritmo del parquet e dei gradoni rende vivace la permanenza. Pausa, la Fortitudo stavolta è avanti di due punti, 25-27.

Dopo il solito siparietto dei bambini della scuola basket dell’Urania, riprende la contesa, non prima di una bella coriandolata dalla zona dove sono assiepati gli ospiti. La Fortitudo sembra veramente prendere il largo, arriva anche a +14. L’aria è rilassata, forse troppo. La Fossa paga dazio ad una inconsueta pausa troppo prolungata e ad un tifo che non sembra seguire in tutto e per tutto l’exploit del quintetto. E la Fortitudo si fa rimontare, pur rimanendo avanti di tre punti alla fine del terzo quarto. Se in panchina il mister della squadra ospite striglia e motiva al tempo stesso i suoi giocatori, stessa cosa avviene sugli spalti: il corista della Fossa è cosciente che così non va, e carica i suoi ultras. Per un po’ tutti ascoltano in silenzio, finché un applauso parte spontaneo dal gruppo. La Fossa può tornare in campo.

E l’ultimo quarto, infatti, non delude nessuna aspettativa. I ragazzi bolognesi diventano protagonisti di un incessante sostegno, spingendo la propria squadra fino al 57-63 finale. Il crescendo del tifo felsineo è veramente entusiasmante, ed è stato determinante per far tirare fuori ai giocatori la giusta cattiveria. Il “Salutate la Fortitudo” accompagna gli ultimi applausi sotto la curva, così come anche i cestisti meneghini vengono apertamente acclamati dal proprio pubblico. Per me è tempo di andare via di corsa, la giornata è ancora lunga

Stefano Severi