Oltre ottocento metri quadrati di stoffa, circa settanta litri di vernice, decine e decine di pennelli e bidoni, ma soprattutto tanta voglia di stare insieme e condividere mattinate, pomeriggi e serate sotto un freddo tetto di capannone, davanti fiumi di birra e pezzi di pizza che rappresentano la cena di diverse serate. Ecco qui servita la ricetta che utilizzano i Panthers Fano 1977 per sfornare questa coreografia che avrebbe meritato un’ambientazione migliore di una fredda giornata di dicembre o del girone F del campionato di Serie D.

Hanno lavorato circa tre settimane i ragazzi per questo fantastico copricurva, rappresentante il simbolo storico della società Alma Juventus Fano 1906 e il risultato, ben evidente dalle foto, è stato ancor più impressionante dal campo.

Da sottolineare, nell’opera, la presenza di tanti ragazzi fanesi diffidati, che utilizzano con orgoglio e passione questi momenti per non mollare e sentire la vicinanza di tutta la curva.

Si gioca al Mancini di Fano, davanti a circa tremila spettatori, questo derby tra i più sentiti del centro Italia e sempre caratterizzato da ottime scenografie e spettacolo del tifo su ambo i lati, derby che purtroppo da tre annate è tornato nel dilettantismo.

Classifica alla mano, il Fano terzo in classifica (seppur molto distante dalla capolista Sambenedettese) è nettamente superiore all’undici biancorosso e il campo confermerà proprio questo, decretando vincente la squadra.

All’immenso copricurva sopra descritto, raffigurante l’aquila granata, i Panthers affiancano un migliaio di cartoncini granata per ben completare l’opera nei minimi particolari e in balconata espongono un quaranta metri in versione latina: “AQUILA NON CAPTAT MUSCAS” (l’aquila non considera le mosche). Con loro sono presenti i ragazzi dei “The Fabulous Crazy” Ternana e i mai domi giallorossi dei “Bevi & Scola” Vadese, entrambi con tanto di striscione. I ragazzi rossoverdi esporranno anche il lungo cartaceo “Cif Vive”, in ricordo dell’indimenticato Michele detto Cif che tanto teneva al rapporto di amicizia tra Terni e Fano.

Per uno scherzo del destino, proprio in settimana due ragazzi, figure storiche dei Panthers Fano ’77, hanno visto revocare i procedimenti di DASPO subiti per presunti tafferugli nel pre-gara del derby di due stagioni orsono (botta e risposta in materia dalle due curve quest’oggi) e così possono tornare allo stadio proprio dove, per forza maggiore, avevano lasciato.

Il “bentornato” ai ragazzi viene dato con due differenti striscioni, uno a firma della Sezione Marotta e uno a firma della Sezione Fenile, che coglie occasione per chiedere il ritorno di altri ragazzi sotto Da.SPO.

Sul fronte opposto sono circa 340 i ragazzi giunti in treno da Pesaro, che accolgono l’ingresso in campo con una ben fatta versione latina, SINE METU, e una riuscitissima fumogenata biancorossa che, seppur di semplice realizzazione, ha sempre un ottimo impatto.

Tengono alto il livello del tifo per tutto il primo tempo e non si abbattono fino al raddoppio granata, giunto all’ottavo minuto del secondo tempo e che “taglia le gambe” a tutto il settore ospiti, eccetto uno sparuto gruppetto centrale che per orgoglio non molla e fa quel che può per tenere alto nome e derby. Con loro sventola incessantemente la bandiera degli arancioni di Pistoia, oggetto di un paio di cori contro anche “in risposta” ai diversi cori che i “vissini” indirizzano contro i rossoverdi ternani. Accesi diversi fumogeni durante la gara ed esposti un paio di striscioni offensivi: “Fano città della Fortuna per una curva di sfigati” e “Noi da sempre amore immutato, Voi schiavi del risultato”.

Come detto in precedenza la gara finisce con la vittoria dei padroni di casa e l’entusiasmo faciliterà due ottime sciarpate e treni a curva intera, di ottimo impatto visivo, a cui si affiancano ovviamente numerosi cori offensivi (ironico il finale “tutti a casa e buon Natale” per questo inedito derby del 20 dicembre), con tutta la squadra a ricevere il meritato applauso per una gara che meriterebbe ben altra categoria.


Testo di Davide Manna.
Foto di Tommaso Giancarli.