Ho tossine da smaltire dopo le solite lunghe pause per i miei impegni famigliari, scarsa autonomia in termini di chilometri, per gli stessi motivi di cui sopra, ed una certa curiosità di rivedere all’opera i Ravennati a seguito della loro discesa negli inferi del dilettantismo. La gara Sammaurese-Ravenna perciò, a due passi da casa mia, cade proprio a pennello. Oltretutto l’incontro oppone prima contro seconda della classe (Eccellenza Emilia Romagna girone B, per la cronaca) ed ha perciò anche dei risvolti di interesse da un punto di vista prettamente sportivo. Potenzialmente, per dirla tutta, le due squadre sarebbero appaiate a pari punti, visto che il Ravenna ha una gara in meno e quando la si doveva recuperare, in quel di Cento, l’arbitro ha annullato l’incontro per la scarsa illuminazione dell’impianto Centese: legittimamente, per quanto il verdetto del giudice non sia stato ancora emesso, si può pensare che quei tre punti verranno assegnati al Ravenna, che quindi guarda a questa gara da una visuale quantomeno privilegiata.
Passando invece a quel che ci riguarda più da vicino, a parte la presenza certa degli ospiti, non ho notizie di sorta sul tifo dei padroni di casa e non m’aspetto granché da un piccolo centro di appena undicimila anime.

Avevo l’ambizione di coprire in bicicletta i pochi chilometri che mi dividono da San Mauro Pascoli, ma ho dovuto far di necessità virtù e ripiegare sull’auto a causa dei miei proverbiali ritardi. Giusto per i più curiosi, la cittadina già nota come San Mauro di Romagna deve il suo nome attuale al famoso poeta Giovanni Pascoli, al quale ha dato i natali.

A tentoni raggiungo in pochissimo tempo lo stadio locale, il “Macrelli”, un piccolo impianto la cui capienza si aggira sulle 900 unità. Chiamarlo stadio è forse un parolone; sono piuttosto pochi gradoni che si sviluppano in lunghezza su un lato del terreno di gioco, con al centro una piccola copertura dal sapore quasi britannico. Dietro una delle due porte c’è una tribunetta in metallo adibita a settore ospiti. L’affluenza è buona, sempre considerando il piccolo bacino d’utenza. L’atmosfera è frizzantina, tipica di quel calcio di provincia che abbiamo tanto amato, che era varietà e ricchezza del nostro patrimonio sportivo e che adesso è finito eclissato dal calcio maggiore, in onda tutti i giorni e a tutte le ore.

Giusto per onore di cronaca devo citare che, al lato estremo della gradinata di casa, dalla parte opposta degli ospiti, c’è una piccola rappresentanza del tifo locale raccolta dietro alcuni striscioni scritti a mano, molto alla buona. Trattasi di una decina di ragazzi dall’età media molto bassa che, con tanta buona volontà, provano a tifare come possono per la loro squadra. Accenderanno un paio di fumogeni ad inizio e fine gara, apriranno le loro sciarpe e sventoleranno sporadicamente delle bandiere giallorosse. Con l’accompagnamento di un tamburo, cercheranno di imbastire qualche coro, anche in chiave offensiva verso gli ospiti, che non rispondono più per l’impossibilità di sentirli che per reale snobismo dell’avversario.

Assolto quest’obbligo di cronaca, passiamo agli ospiti, vero motivo del mio interesse per questa gara d’Eccellenza. Numericamente i tifosi Ravennati saranno circa un centinaio, centocinquanta o poco più, divisi più o meno in due tronconi: da una parte gli ultras, attivi al sostegno dei Leoni in campo, dall’altra semplici tifosi che solo sporadicamente si uniranno al tifo e seguiranno per lo più la partita senza altri interessi. Nella tribuna locale sono sparse e poco quantificabili ulteriori presenze ospiti.

A rappresentare la tifoseria bizantina c’è lo striscione “Ultras” che, in tempi di assurde censure o autorizzazioni preventive ed iscrizioni a ridicoli albi, è sempre bello vedere. Tutt’intorno una serie di pezze e bandiere tra le quali una friulana a ricordare il legame con i “North Kaos”, oltre ad alcune più identitarie quali la “Caveja” su sfondo giallo e rosso, simbolo della Romagna, oppure il “Briganti on tour”, inequivocabile riferimento al “Passator Cortese”, altra figura centrale della tradizione storica di questa terra.

Venendo al tifo, i Ravennati si sentiranno subito all’inizio con una bomba carta, poi replicata verso la fine del match. Un pugno di bandierine giallorosse sventoleranno a dare colore alla loro zona, così come un paio di torce, accese e immediatamente buttate a terra, anche se il loro tifo è più dedito alla sostanza che agli aspetti esteriori. Dal punto di vista vocale si fanno sentire con buona continuità, pur senza eccellere, fino ad un “I giallo-rossi, i giallo-rossi alè…” che è il loro punto più alto sia in potenza che in tenuta, visto che rimarrà alto per diversi minuti. Tante le manate accompagnate dal suono di un tamburo, altra reminescenza di quando eravamo giovani, numerosi e belli da far invidia al mondo intero, prima che ci uccidessero gioventù e creatività con tessere e burocratismi vari.
In campo, dopo un avvio in cui il Ravenna prova a scardinare la difesa avversaria, facendola vacillare in un paio di occasioni, alla distanza è la Sammaurese (guidata in panchina dal fratello di Igor Protti) a venir fuori molto perentoriamente, colpendo una traversa e trovando la rete quasi in chiusura di primo tempo con l’ex Inter Beati.
Storditi dal goal subito e attardatisi probabilmente al bar, i tifosi del Ravenna ci mettono un po’ a ricompattarsi. Quando i ranghi sono di nuovo serrati, il tifo riparte al piccolo trotto: ci saranno cori, ci saranno manate, sventoleranno le bandiere, ma si capisce che la gente ha l’umore sotto i tacchi e la prova ne risente fortemente, ancor più perché la squadra in campo è del tutto incapace di offrire una reazione, rischiando anzi di subire più volte il 2-0. Ci sarà persino un cartellino rosso per gli ospiti, ma è ormai prossimo il novantesimo per cui non cambia molto nell’economia della gara.

Poco da segnalare sul secondo tempo che, onestamente, è bruttino, specie a fronte di un primo tempo senza dubbio degno. A fine gara, a parte le ovvie scene di giubilo dei padroni di casa, la gioia meritatissima di tifosi e calciatori, anche i Ravennati salutano i propri undici con un applauso e con un “Siamo sempre con voi”, emblematico della voglia di combattere insieme e fino alla fine per riemergere dal pantano di queste categorie, senza dubbio strettissime per il blasone tanto della squadra quanto della piazza. In campo ha meritato la Sammaurese senza se e senza ma; sugli spalti però, al netto di una prestazione fortemente condizionata dall’andamento della gara, ho trovato una Curva Ravennate in uno stato di salute senza dubbio migliore rispetto a quando l’avevo vista per l’ultima volta in C; una Curva compatta e calatasi con molta umiltà ed abnegazione in questa nuova realtà dell’Eccellenza. Dalla quale però è ora che venga fuori.

Matteo Falcone.