Dicono esista un posto dove le balene vanno a partorire i loro cuccioli, dove le vecchie femmine ritornano in punto di morte. Il numero 35 di via degli Uffici del Vicario è il posto dei tifosi della Roma, come un eterno Natale pagàno. Si radunano sempre lì la notte fra il 21 e il 22 luglio, fra le piazze di Monte Citorio e Campo di Marzio e le tre raffigurazione sacre della Madonna con il bambinello a donar un equilibrio di fede.
Poco prima della mezzanotte la strada pullula, riempita a festa dall’orda di giovani, vecchi, donne e qualche bambino; nonostante un’annata in cui il leitmotiv dello sport capitolino – Lazio compresa – è stato lo svuotamento quasi totale dello Stadio Olimpico, la voglia di aggregazione delle persone ha avuto nuovamente la meglio.
Cori, battimani, fumogeni e bandiere – che se fossero stati islandesi molti avrebbero applaudito e riempito le bacheche di video e frasi retoriche segno di una conoscenza pressapochista della materia.
A Roma, la Roma si festeggia lì, dove tutto è nato ufficialmente con l’abbraccio fra il primo presidente Italo Foschi e Ulisse Igliori. Lì dove è stato siglato il primo atto ufficiale dell’Associazione Sportiva Roma, anche se alcuni son certi di una data diversa. De gustibus. In fondo se un giorno ci dicessero che attraverso degli studi è stato dimostrato che il Natale di Cristo non è avvenuto il 25 dicembre, non cambieremo mica le nostre abitudini, perché la tradizione è un patrimonio da irrorare d’acqua come la più bella e rigogliosa delle piante sempreverdi.

Un paio d’ore di spensieratezza e i polmoni ricolmi di quel fumo acre che, masochisticamente, come una madeleine  di proustiana memoria, ci fa sentire ancora ragazzini alle prese con le prime esperienze in mezzo a quella marea giallorossa. La voce roca la mattina successiva perché non si è più abituati a questo sfogo dell’anima, le mani gonfie e quelle fottutissime bruciature di scintilla che però, pure queste, inspiegabilmente per molti, piacciono. Eccome se piacciono. Segni passeggeri di una serata diversa per gente speciale.

Perfetti sconosciuti e amici di una vita, gli uni affianco agli altri pronti ad esplodere alla mezzanotte in un Campo Testaccio che squarcia il silenzio del centro storico, facendo sobbalzare dal letto gli “sfortunati” abitanti e riempendo gli occhi dei presenti di quella passione che, nonostante le difficoltà dei tempi recenti, non smette di guidarli. Come una stella polare per un marinaio, un punto fermo nell’infinità del Cielo.

Qualche turista imbattutosi nella festa si ferma basito, incredulo di fronte ad una manifestazione di fede così verace, autentica, patrizia e plebea al tempo stesso. Perché Roma è sia Onofrio sia Gasperino, un incontro fra le anime di questa città antica come è antico il mondo. Senza divisioni di classe, razza, religione. Un fenomeno quello dell’aggregazione sociale, osteggiato e combattuto perché incontrollabile, ignoto a chi non guarda oltre il suo piede, come una balena braccata a causa del rapido sussultare di sbuffi di vapore che biancheggiano sullo scuro sfondo d’acqua marina. I tifosi sono come il grande cetaceo, perennemente alle prese con un arpionista che agita le braccia in cerca del colpo fatale per domare quel “mostro” dall’agire imprevedibile.
L’ignoranza è madre della paura e un migliaio di persone che si riuniscono genereranno sempre un sentimento di repulsione in una società individualista in cui insegnano la pericolosità del branco.

Dicono esista un posto dove i tifosi vanno a celebrare la nascita della propria squadra, dove i vecchi ritornano per sentir nuovamente l’ebbrezza di essere giovani. A Roma, sponda AS Roma, quel posto ha un nome e un numero civico: via degli Uffici del Vicario 35. E nessuno potrà mai privarli di tutto questo, di una notte che, nonostante divieti, multe, barriere sarà per sempre loro. Come il mare per le balene, come un sogno d’una notte di mezz’estate. Perché l’amore guarda con l’anima, non attraverso gli occhi.

Testo di Gianvittorio De Gennaro.
Foto di Fabiano Casedonte, Gianvittorio De Gennaro, Valerio Curcio.