Ultima puntata dalla serie “special guest”: in questi articoli ospitiamo questo segno di riconoscenza da parte dei ragazzi della rivista tedesca Blickfang-Ultra a cui abbiamo dato supporto logistico per il loro viaggio in Italia. Queste che seguono sono le loro impressioni e le loro foto delle partite che hanno visto.

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E finalmente è arrivato il momento di passare “dall’altro lato” dell’Italia. Nelle mie visite ho sempre stazionato sul versante tirrenico, rimanendo con la curiosità di esplorare anche quello adriatico. Raggiungere Foggia da Napoli con il treno è impresa alquanto ardua, ci affidiamo allora al pullman.

Una volta arrivati nei pressi dello Zaccheria incontriamo Simone. Dopo qualche birretta e alcune chiacchiere ci concediamo un giro attorno allo stadio, di cui ho veramente apprezzato l’atmosfera. La cosa bella è che in Italia esiste ancora un vecchia concezione di aggregazione attorno al calcio, che ti fa respirare un’aria del tutto particolare. Cosa che nel resto d’Europa si è andata quasi completamente a perdere. Ovviamente Foggia non fa eccezione a tutto ciò.

Purtroppo anche il tifo rossonero è diviso, con la Nord e la Sud che annoverano differenti gruppi. L’insegna storica del tifo dauno, il Regime, si è sciolto non molto tempo fa e nella Sud si sono susseguiti altri gruppi alla guida del settore.

Da Caserta sono attesi circa 350 tifosi, che faranno il loro ingresso a partita iniziata. Alle 20 comincia lo spettacolo del tifo foggiano, con le due curve che si rendono protagoniste di una coreografia da “vecchia Italia”, fatta di torce, fumogeni e fuochi d’artificio. Gli applausi dei 10.000 presenti la dicono lunga su quanto questo spettacolo sia stato apprezzato. Un utilizzo smodato della pirotecnica anche durante la partita, tanto che Simone mi dice: “Ho visto più torce stasera che negli ultimi 5-6 anni in tutta Italia”.

Il tifo non è certo da meno. La Sud, essendo più grande, può contare su un numero maggiore di tifosi, anche se a trascinare il sostegno sarà sempre uno zoccolo duro di 200-300 persone, seguito dal resto dei presenti quando il Foggia si porta in avanti e va in gol.

A questo punto va detto che il Foggia è quarto in classifica, mentre la Casertana è al primo, quindi ci troviamo di fronte ad un vero e proprio big-match che il Foggia deve assolutamente vincere per restare agganciato al treno-promozione.

Persino migliore l’impatto scenico che la Curva Nord ha presentato. Certo, è anche naturale che sia così quando c’è un blocco compatto di qualche migliaio di persone e la gente va lì per precisa scelta, a differenza della Sud dove si va quasi per abitudine storica e, pagando lo stesso basso prezzo (10,00 €), si sta sicuramente più larghi e comodi. Vedere questa scissione del tifo, mi ha ricordato qualcosa di molto simile visto in passato con la Dinamo Bucarest, laddove dalla “Peluza Catalin Hîldan” (Peluza sta per “Curva”, ndT) si staccarono le “Brigate 97” che si andarono a posizionare nella “Peluza Sud”, andando ad indebolire sia quantitativamente che qualitativamente quella che era la curva principale del tifo della Dinamo. Questa nuova realtà contava poco più di 200 ultras completamente pazzi e diede in qualche modo nuovi impulsi al tifo, ma ciò comportò anche l’aumento della conflittualità interna che prima era solo latente e questa è anche una conseguenza piuttosto stupida quanto risolvibile diversamente. A Foggia, tuttavia, non vi è alcuna tensione tra le parti, la separazione spaziale esiste e resiste nel suo equilibrio proprio perché è ben accettata dalle controparti.

Al 20′ minuto è la volta di un divertente siparietto quando i casertani raggiungono il loro settore: lo fanno arrivando in maniera molto compatta e provocatoria che suscita la reazione stizzita e scomposta anche a distanza. Anche lo spettatore normale salta e si spende in ogni possibile gesticolazione oscena, alla quale gli ospiti rispondono senza farsi pregare, fino a quando tutti si coalizzano in un “Chi non salta è un Casertano” carico di rabbia e di aggressività, per poi ribadire con “Casertano pezzo di merda”. Tutto davvero molto bello. Per effetto visivo della folla che salta contro i Casertani o scende giù dai gradoni a valanga per gesticolare, sembra rivivere un piccolo pezzo di Argentina spontaneo e non fastidioso come il copia/incolla selvaggio e fuoriluogo dei cori delle barras che vanno di moda ultimamente.

Dopo di ciò i Casertani dispongono ordinatamente tutte le loro pezze alla balaustra (nessuna delle quali evidenzia presenza da Mainz, loro recenti amici di Germani), continuando poi a tifare per gli altri 20 minuti circa che li separano dalla fine del primo tempo. Provo ad immaginare quanto si possano essere fomentati i ragazzi in questa cavalcata in autobus di 2-3 ore, perché lo spettacolo che offrono è da veri malati, dove l’aggettivo va rigorosamente interpretato nel suo senso positivo, con i ragazzi che sembrano dimenticare ogni cosa intorno a loro per pensare solo a cantare e partecipare selvaggiamente al tifo. Non riuscivo più a distogliere lo sguardo da loro e perdonatemi i superlativi costanti, ma a posteriori non posso dire altro se non che abbia vissuto un fine settimana di buono ed autentico calcio e tutto per merito dei tifosi.

Fra i due tempi è venuto probabilmente fuori un po’ di stress tra loro, perché nella seconda frazione risultano senza dubbio meno compatti ed affrontano la gara con meno motivazione. Il Foggia invece continua a condurre sul prato verde, consentendo così maggiori stimoli alla sua tifoseria. In questo lasso di tempo, mi resta il ricordo positivo di due sciarpate molto fitte, una delle quali con le sciarpe ondeggianti a sinistra, a destra, ecc. Al fischio finale, i giocatori vanno giustamente a festeggiare con i tifosi, mentre la Curva Nord dà fuoco a tutte le rimanenti scorte di pirotecnica e dalla tribuna continuano ad imbastire lunghe schermaglie verbali e gestuali con i Casertani.

Che cosa rimane alla fine di questo nostro viaggio? 90 minuti di calcio puro, qui come negli altri posti che abbiamo visitato. Ma non solo. È stata anche un’esperienza di contatto con dei posti semplici e con la gente semplice che li rappresenta. Senza fronzoli inutili, senza stupide omologazioni ai trend creati dagli annunci pubblicitari. Mi dispiace anche dirlo, ma se penso a quanto avviene in tanti campi anche in Germania, tutto ciò è davvero orrendo. Tutti i crismi, una certa affinità per la moda, i vestiti, l’intero modo di essere, lo stile: sono cose semplicemente inimitabili di un mondo che di tutto dovrebbe aver bisogno, tranne che di copiare. Certo, sono ancora molto affezionato alla cultura polacca dei tifosi: sportivi, pantaloni corti, capelli ancora più corti, o alla via di mezzo dei Serbi di vivere lo stadio tra la concezione di tifo dell’Est e del Sud dell’Europa, così come i Balcani geograficamente da sempre rappresentano un crocevia da Oriente e Occidente. È bello che ognuno riesca a preservare le proprie particolarità, senza imitazioni o mode, in Germania o in Italia o ovunque, senza fare del mondo ultras la via di fuga acritica ai pensieri di tutti i giorni o agli affanni che la società odierna puntualmente ci presenta. Aderendo a degli stereotipi si fa tutt’altro che sfuggire all’omologazione. Ebbene, ammetto di non avere idea di come evitare questa deriva modaiola. Difficile a tarda notte e dopo che aver speso ben tre ore per riordinare per iscritto i miei pensieri, eppur mi auguro ugualmente e caldamente che questa deriva globale in qualche modo si arresti.

Testo di Blickfang-Ultra.de
Foto di Kristina Černiauskaitė.