Arrivano, appendono le pezze, “fanno il loro”, se ne vanno. Ormai è così da anni. Da quando seguo in maniera costante il mondo del tifo non riesco a vedere i triestini, così come alcune altre tifoserie dal passato storico e dal futuro tutto nelle mani di chi al momento gestisce la curva, in altra maniera. Legati ad una città sia italiana che mitteleuropea, al confine d’Italia, tra le Alpi e il mare, con a fianco il mondo dell’Europa Orientale che lì inizia, oggi come molte altre volte e molto più lontano, dimostrano la propria fede all’alabarda con una presenza significativa, nonostante chilometri e problemi societari. È un filo molto lungo che si snoda da anni a cui non so dare un inizio. E mi perdonino i berici che leggono questo pezzo, ma i numeri portati qui oggi sono un’ennesima dimostrazione che nel momento in cui si deve provare a fare qualcosa di importante, a Trieste c’è una reazione. Dunque qualcuno riconosce alla Triestina un suo essere presente nella trama vitale e quotidiana della città giuliana, un suo rappresentare un’essenza che va al di sopra dei risultati in classifica ottenuti negli ultimi anni.

Il match in cartellone vede d’altronde davanti due tifoserie strutturate, anche se in maniera diversa. Basta dare un colpo d’occhio alla curva di casa e “leggerla”. Piena quasi completamente, striscioni, vari bandieroni in zona “bassa”, presenza di gemellati storici (Pescara e Udine). Ma soprattutto i tamburi posizionati a metà curva, nel cuore della striscia più calda del tifo, con in mezzo alla gente anche qualche bandiera e due aste. Segno che in curva si tifa e non si va soltanto a vedere il Lane.

Dall’altra parte gli ospiti, arrivati lunghi in circa 300 unità e decisi a farsi sentire, coadiuvati anche da un tamburo e abbelliti da vari bandieroni. Con loro i gemellati massesi e veronesi, la cui presenza porta a vari cori ostili da parte locale. L’andamento della gara non li aiuta, sotto di tre reti in mezz’ora scarsa, rallentano i cori e nel secondo tempo, dopo una partecipata sciarpata, si spostano verso l’alto e continuano a cantare.

I locali sentono fino ad un certo punto l’onda della buona prestazione della squadra, offrendo nel secondo tempo, sul 4 a 0, una notevole sciarpata che coinvolge tutto lo stadio, ma rendendosi protagonisti nel primo tempo di un tifo abbastanza discontinuo, segno di come il mondo del tifo organizzato sia legato non solo ad una risposta sugli spalti ad una buona prestazione sul campo. S’è rotto qualcosa negli equilibri di questo amore e chi lo rappresenta da quella parte di campo, deve fare molto di più per recuperare il debito di riconoscenza verso la piazza che vincere una partita. Rimane comunque questa una partita sentita, che li porta a sfoggiare un alto livello di pirotecnica. Solamente un Vicenza che punta più in alto potrà trascinare davvero su livelli costanti ed elevati il supporto della sud locale, a cui non mancano i numeri né il ricambio generazionale, nonché una vera e propria cultura popolare del tifo, dimostrata dai vari murales e scritte in zona stadio così come dai partecipati cori contro i giuliani, cui gli ospiti rispondono in egual maniera.

Foto di Marcello Casarotti e Anej Ujčič
Testo di AZ