Luci al Paladozza: dopo la sbornia biancoblù, con la promozione della Fortitudo in serie A1, l’impianto più famoso della Bologna cestistica torna a tingersi di bianconero. Quello della Virtus: reduce dalla bella vittoria di Champions contro il Nanterre, valida l’accesso alla Final Four (che si giocherà a maggio ad Anversa) e vogliosa, sulle ali dell’entusiasmo, di dir la propria anche in campionato, nella speranza di poter agguantare i playoff scudetto; di fronte una Pistoia incappata in una stagione no, alla disperata ricerca di punti per rialzarsi in classifica.

Motivi di graduatoria a parte, trattasi a suo modo anche di un derby: dell’Appennino, come quello per eccellenza tra Fiorentina e Bologna. Che giocandosi domenica prossima, ha proprio un suo primo assaggio, in versione cestistica, al Paladozza: poi certo, entrambe le tifoserie hanno la loro prima rivale altrove (Fortitudo e Montecatini), ma certo i motivi di astio, dal campo agli spalti, non mancano.

Curva di casa, la Calori, quasi esaurita; dall’altra parte, buona presenza anche nel settore ospiti: certo non come quando si giocava all’Unipol Arena (presa d’assalto nelle stagioni precedenti), ma con un numero comunque di tutto rispetto, visto anche l’andamento negativo in campionato.

Sul campo, prenderà presto in mano il pallino del gioco la squadra ospite, in vantaggio praticamente dall’inizio; sugli spalti ci si concentra nel sostegno per la propria squadra, ignorando per lo più l’avversario. Verso il finale poi, con la vittoria ospite ormai in cassaforte, si passa agli sfottò di rito: partono ovviamente i pistoiesi, che scherzano sulle abitudini culinarie delle ragazze bolognesi (riprendendo un famoso coro inventato dai romanisti) esponendo in seguito tanti cartelli con su scritto “bla bla bla”, al fine di provocare il pubblico di casa, che risponde ovviamente per le rime, accendendo tutto d’un tratto la partita del tifo.

I pistoiesi saltano, ballano e sdrammatizzano i propri dolori, per un tipo di ironia tipicamente toscana, quasi da film di Pieraccioni (dallo striscione “E tanto già lo so, che a Scafati andrò… sarà romantico”, fino al coro “Ce ne andiamo in serie B”), che forse diverte anche il pubblico di casa (meno quando parte il “Rispettiamo solo la Effe”).

Dall’altra parte, invece, fischi per i propri giocatori, che cancellano la bella prova europea perdendo contro l’ultima in classifica: il “meritiamo di più” finale ricorda molto da vicino l’omologo ormai abitualmente cantato al Dall’Ara, accomunando in un triste destino le due squadre più vincenti di Bologna, condannate ad anni nel complesso mediocri e all’ormai eterno status di “nobile decadute”.

Stefano Brunetti