La malinconia assalirebbe anche il più pragmatico dei baskettari romani alla vista di un tifoso in prima fila con addosso la maglietta ‘operazione play-off’ della stagione 2007-2008. Il PalaLottomatica, una squadra fortissima, un pubblico straordinario e un entusiasmo che oggi sarebbero utopia anche per la fervida mente fantascientifica di Asimov. L’attualità è ben diversa e si chiama Gara 1 dei play-out per cercare di non rimetterci osso del collo e categoria.

Nonostante una vittoria dovuta – ma tutt’altro che scontata – contro i Roseto Sharks, non c’è assolutamente nulla da festeggiare in casa Virtus. La squadra della Capitale, infatti, è allo sbando più totale e se pure dovesse riuscire a tirarsi fuori dalle sabbie mobili dei play-out, dovrebbe poi affrontare un futuro pieno di incognite.
Gara 1 contro Roseto è la prima tappa del girone infernale dei play-out, e una Virtus trascinata dai suoi americani (25 a testa per Roberts e Thomas) si porta a casa la posta, spostando la serie in Abruzzo dove i capitolini avranno già giovedì la possibilità di chiudere il discorso.

Il PalaTiziano non si avvicina neanche ad essere gremito ed è privo della sua componente ultras per quanto riguarda la sponda romana. Da Roseto arrivano un centinaio di tifosi, per lo più famiglie accompagnate da una decina di ultras con pezza al seguito, che seguono la partita in piedi nella parte alta del settore. Il parterre de roi del palazzo è desolatamente vuoto, fatta salva la presenza di Jacopo Giachetti (206 presenze in maglia Virtus tra il 2004 e il 2011) e di un redivivo Presidente Toti, dimesso e ignorato dai tifosi di Roma che dedicano lui un paio di urla prima della palla a due e null’altro.

Il tifo durante la partita è sporadico per entrambe le tifoserie. Sono le squadre, infatti, a trascinare i tifosi con diversi parziali ma la gara è seguita sostanzialmente in silenzio. A livello di tifo, quindi, poco o nulla da segnalare. Sembra che niente debba essere apprezzabile in una giornata che Roma e i suoi tifosi non meriterebbero di vivere. Il settore una volta occupato dalle Brigate Virtus Roma è tristemente vuoto, lo spicchio accanto prova a farsi sentire ma l’assenza del tifo organizzato distrugge ogni velleità di sostegno reale verso la squadra.

La partita è tirata, e se da un lato gli squali abruzzesi riescono a tenersi aggrappati al match, dall’altro la Virtus sembra non perdere mai il controllo della situazione, anche dopo aver dilapidato dieci punti di vantaggio ed essersi trovata sotto di tre nel secondo tempo. I ragazzi di Bucchi ripartono, rimontano e piazzano il parziale decisivo. 91-83 per Roma e appuntamento al PalaMaggetti.

C’è tanto o poco da festeggiare? Un noto giornalista e tifoso di Roma sostiene che sia inutile seguire la Virtus post retrocessione voluta e imposta dal suo proprietario. O meglio, è inutile patire e gioire per i risultati sportivi quando il padrone della squadra ha dimostrato con i fatti che questi non contano. D’altro canto ci sono i tifosi che non riescono fisicamente ed emotivamente ad abbandonare una Virtus moribonda e per inerzia continuano a frequentare il palazzo.

È sempre così, ma soprattutto in questo caso sembra davvero dannoso e privo di senso il crearsi di una spaccatura tra appassionati che abbracciano le due diverse posizioni. Se la Virtus è triste, (quasi) sola, morente, povera, senza futuro lo si deve solo ed unicamente a Claudio Toti. E il passato – non vincente ma di ottimo livello – che l’ingegnere ha garantito alla Virtus non è nulla rispetto alla situazione tragica in cui l’ha ridotta.
Il 24 aprile 2016, prima che Roma giocasse per la prima volta i play-out di A2, il Presidente esprimeva il suo pensiero tramite un comunicato ufficiale: “…Ora però bisogna solamente puntare con convinzione all’obiettivo da raggiungere, che ritengo alla nostra portata. Tutte le critiche del mondo lasciamole a dopo, quando con serenità si penserà a guardare al futuro con altri traguardi”. Due anni dopo, le parole sono finite. Così come la pazienza.

Niccolò Mastrapasqua