Facendo una sintesi estrema e azzardando anche una piccola analisi, cosa ci dice Debord? Egli, nel suo libro del 1967 “La società dello spettacolo”, va a cogliere le principali caratteristiche di quella che è la società odierna dell’immagine, che allora poneva le proprie basi e oggi non si sa se è giunta al proprio apice. L’autore spiega come l’immagine si vada a distaccare dalla realtà che è quindi spettacolarizzata. E così nel nostro quotidiano entrano i personaggi perennemente presenti in tv e sui social media; vigendo un regime di libero mercato, ciò ha coinvolto, dagli anni ’90 in poi, anche il calcio. Basta farsi un giro in Inghilterra per notare le caratteristiche che tale modello assume una volta giunto alla propria forma più completa. Debord poi, a mio umile parere, sembra poi porre la spettacolarizzazione della quotidianità a un livello quasi superiore alla società stessa, perdendo il filo con il fatto che le aziende sono comunque emanazione di una classe ben cosciente del suo ruolo nel mondo. La conclusione a cui arriva il francese, e sulla quale sono invece pienamente in accordo, è che la realtà non ha più interesse.
Ma torniamo a noi, al nostro non so se umile calcio di provincia, che appunto più di provincia non è in quanto posso vedere una partita del Cuneo stando anche in Sicilia (ma dubito che a un residente di Enna interessi qualcosa delle vicende biancorosse).
Torniamo alle cose che appaiono come più semplici tentando di andare oltre lo standardizzato linguaggio sportivo, applicabile dalla Coppa Campioni alla terza categoria.
Vis Pesaro e Monza non vivono momenti così diversi: i locali sono tornati in terza serie nazionale dopo circa tre lustri e non se la stanno cavando male, mentre gli ospiti sono reduci da un cambio di società che è sulla bocca forse addirittura di mezza Europa.
Due squadre, stessi colori sociali, stesso ruolo di pedine nella società debordiana che per tali esigenze partorisce una distribuzione delle partite di C su vari giorni con vari orari e la consegna della carica di vicepresidente della Lega Pro alla bella Cristiana Capotondi, (quindi legando alla sua immagine le vicende della terza serie nazionale). Tale nuova figura fresca, giovane e rampante potrà prevenire in futuro nuovi casi Entella e Viterbese? Smetteremo di vedere una moria di squadre a partire nel periodo estivo? Il tempo ci darà delle risposte.
Lo stadio della cittadina marchigiana si presenta gremito, con qualche vuoto in curva, nella quale comunque rimane attivo un bel blocco di un centinaio scarso di persone. A pagare l’orario non ottimale sono gli ospiti, che invece poco tempo fa si erano presentati in un gruppetto sulla quarantina a Fano (ciò però alle 14:30, quindi l’orario del football). Da parte loro tanta buona volontà, ma i cori durano troppo poco e non sono lunghi alla sudamericana; ma ce la mettono tutta e dimostrano di avere una struttura a livello di gruppo. Cercare di tenere accesa la fiamma dell’entusiasmo è sempre cosa dura e a mio parere apprezzabile.
I supporters locali si posizionano come sempre nel settore denominato Prato, uno dei primi in Italia qualche anno fa ad essere senza barriere, e si divertono. Non c’è bisogno di tante perifrasi: bei cori anche lunghi ritmati da un tamburo, un paio di bandieroni e due torce accese nella seconda frazione.
Mi ricordo di essere in provincia quando un paio di potenti cori a ricordare Gabriele Sandri non trovano nessuna reazione nella tribuna locale, ma questa atmosfera rustica mi garba alquanto.
Parlando con altri giornalisti in tribuna, scopro che vi sono progetti di ampliamento dello stadio, con la costruzione di un settore popolare dietro una delle due porte del Benelli.
Davanti a pay-tv, massificazione e stadi usati solo per fare una foto dal vivo a Ronaldo che testimonia quindi che TU hai visto da pochi metri un umano che vive negli schermi di televisioni, cellulari et similia, c’è una cosa che si chiama Vis Pesaro 1898. E chi la tifa vive a Pesaro, con le sue strette vie alberate per giungere allo stadio e il baretto della curva che odora leggermente di fumo perché in cucina stanno facendo le piadine.
Amedeo Zoller