Ragazzi, uomini, ultras accumunati dagli stessi sogni, dalle stesse passioni, idee, percorrendo già da diversi anni la stessa strada. Una passione che si palesa in forme diverse, che ognuno esprime a suo modo. Loro lo fanno venerando il lato più genuino del calcio e dell’essere ultras. L’amore per una socialità non mercificata e l’odio per le restrizioni e la repressione costante, continua e dilagante.

Tifoseria vivace, coinvolgente in un’atmosfera piacevole e socialmente ricca, fraterna, che parla tutta la stessa lingua: ultras.

Oggi, destino casuale, mi ritrovo per la terza volta nel giro di pochi anni in questo campo sportivo, degno delle migliori partite amatoriali tra ragazzini e genitori incalliti che sfogano le proprie frustrazioni con l’arbitro provetto di turno. Tutto sommato si direbbe un bel campetto di periferia, condito dal classico rettangolo polveroso che non guasta mai, agli occhi dei romantici del vecchio calcio. Gradinata rialzata a ridosso del campo, ottima sia per i più agitati e sia per chi si vuole gustare 90 minuti di calcio vero.

La locandina indica come orario le 11 del mattino, ma come ogni partita amatoriale che si rispetti, arrivato poco prima dell’orario prefissato, trovo il campo occupato da un’altra battaglia tra ragazzi vogliosi di tirare due calci ad un pallone, consapevoli che un domani di successi calcistici non potranno mai raggiungerlo. Come per chi scende in campo con la maglia dell’Ideale: si gioca a cuore aperto, non si fanno troppe domande e non si cercano risposte quando si prende la gamba invece della palla. Non si gioca per conquistare la gloria, non giocano per titoli sui giornali né tantomeno per farsi staccare l’assegno mensilmente dal presidente. Stesso cuore degli ultras sulle gradinate, accomunati da un unico obiettivo: tornare a casa da vincenti, guardarsi allo specchio e ritrovarvi un volto felice ed orgoglioso di quel che si è e di quel che si fa.

Alla spicciolata arrivano i ragazzi dell’Ideale, appuntamento ormai fisso, ma non importa che la partita inizi mezz’ora dopo, tanto nessuno lo verrà a sapere. Giusto il tempo per appendere i soliti drappi, caricare la birra e posizionarsi ognuno ai propri posti.

Forza pubblica assente, telecamere assenti, cancelli aperti: Il mondo perfetto per l’ultras. Partono come spesso succede in sordina. Come sempre nulla di prestabilito. Qui non siamo negli stadi, dove c’è uno speaker che si diverte a telecomandare il pubblico. Il primo coro lo si può registrare dopo 7/8 minuti di partita. Belle manate si susseguono e vengono accese torce in piena libertà, senza coprirsi obbligatoriamente il volto per il rischio di farsi qualche giorno di carcere o subire un daspo interminabile per un semplice spettacolo pirotecnico. Non mancano anche cori goliardici e contro il calcio moderno.

Fila così veloce la partita. L’occhio cade sempre lì, a quel gruppo cresciuto notevolmente in cui l’Ideale Bari e l’Ideale Ultras vivono in simbiosi, accomunati appunto dal termine “Ideale”, una sublimazione in cui le regole sono chiare e condivise con un linguaggio accessibile a tutti. È per questo che il loro stile (mi) piace tanto.

Massimo D’Innocenzi.