Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, classe 1954, più semplicemente conosciuto come Sócrates, con indosso la maglia della Fiorentina (una delle più belle e indimenticabili casacche del Calcio italiano, col giglio-effe stilizzato) in cui giocò per una sola stagione (1984-85) molto tribolata per via di problemi fisici che non gli consentirono di esprimersi ai livelli del proprio potenziale e della propria popolarità. Figlio di un oriundo dell’Amazzonia, molto povero ma appassionato di letteratura e classici greci, da qui il nome che gli fu dato, fu incentivato proprio dal genitore ad affiancare alla carriera di talentuoso calciatore in erba, anche quella scolastica, che lo portò attraverso l’università al conseguimento della laurea in medicina. Per questo era soprannominato “il Dottore” e durante la sua esperienza italiana un quotidiano parlò di lui come del “Dottor Guevara del Futebol”, chiaro riferimento al mitico comandante Che e al suo essere al contempo rivoluzionario e medico. Comunista e fortemente anti-capitalista, Sócrates era un sostenitore dell’autogestione anche nello spogliatoio – cosa che tentò di attuare pure a Firenze ma con scarsi risultati – e gli riuscì, durante la dittatura militare, quando giocò nel Corinthians (squadra di San Paolo del Brasile) in cui, insieme ai suoi compagni, esibiva addirittura magliette con sopra stampate frasi in favore della democrazia. Quest’esperimento, conosciuto come Democrazia Corinthiana è ricordato, ancor’oggi, con grande affetto in tutto il Brasile.

Tecnicamente dotatissimo, centrocampista, aveva un’eccellente visione di gioco, tanto che il grande Pelé parlò di lui come del “calciatore più intelligente del Calcio brasiliano”. Era anche un ottimo realizzatore (oltre 200 reti in carriera, 22 con la maglia del Brasile), forte d’un tiro preciso e potente. Sopraffine nel palleggio, la sua peculiarità universalmente più conosciuta era il colpo di tacco, gesto tecnico con cui deliziò le platee di mezzo mondo. Fu anche capitano della Seleção al Mundial di Spagna 82 (forse la miglior nazionale verdeoro di sempre, al di là del risultato) e di Messico 86.

Ritiratosi dal Calcio giocato nell’88, esercitò quindi la professione di medico ortopedico e fu anche commentatore sportivo per la TV brasiliana ed ebbe molteplici interessi (teatro, musica, politica) a sottolineare l’ecletticità del suo carattere. Verso la fine del 2011, per via di un’infezione intestinale causata da cirrosi epatica (pare che abusasse di alcool), il grande Sócrates concluse i suoi giorni terreni, lasciando un’importante eredità in termini di stile, portamento e concettualizzazione d’un altro modello di Calcio. Morì nel giorno in cui il Corinthians si laureò campione nazionale, realizzando la propria stessa profezia che, al culmine della sua gloria sportiva personale, nel 1983, lo aveva portato ad affermare: «vorrei morire di domenica, nel giorno in cui il Corinthians vince il titolo». Riposa in pace, grande campione!

Luca “Baffo” Gigli.