Due giorni dopo la finale di Champions League fra Real Madrid e Liverpool si è giocato il suo corrispettivo africano. Lo stadio designato per ospitare l’atto finale di questa CAF Champions League era il “Mohamed V” di Casabalanca, in Marocco. Ironia della sorte, una delle due finaliste ad aver superato la mattanza di tutte le fasi, dalle qualificazioni ai gironi finendo alla fase ad eliminazione diretta, è stato il Wydad Casablanca. Assieme al Raja infatti, il Wydad condivide proprio il “Mohamed V” per le sue gare interne. Il vantaggio di giocare fra le mura amiche è stato solo un parziale aiuto se si considera che l’altra finalista con cui ci si è ritrovata al cospetto era l’Al Ahly, compagine egiziana fra le più forti del continente nonché primatista di vittorie nella massima competizione africana con ben 10 affermazioni. La dimensione della tradizione di questa compagine la si evince dal fatto che la seconda squadra più titolata è lo Zamalek, altra squadra egiziana ferma a 5 coppe vinte. Cosa che dice tanto anche della differenza di valori fra il calcio egiziano rispetto al resto dell’Africa visto che queste due squadre, da sole, hanno vinto 1/4 del totale delle 58 manifestazioni fin qui giocate. E per ben 23 volte, quindi quasi la metà dell’edizioni totali giocate, sono arrivate in finale.
L’unico modo per il Wydad di colmare il gap era affidandosi al calore della propria tifoseria e a giudicare dal risultato finale, un classico 2 a 0 in favore dei marocchini, si può dire che l’impresa sia ampiamente riuscita.
Bellissima la coreografia iniziale con un copricurva sagomato raffigurante alcuni personaggi storici del loro sodalizio sullo sfondo di un tappeto di cartoncini rossi e neri. Davvero ben riuscita e sicuramente senza nulla da invidiare alle migliori coroegrafie che siamo soliti vedere da quest’altra parte del mediteranneo su fino al Nord Europa. Poi ancora pirotecnica a profusione, un tifo colorato e passionale che non sarebbe enfatico definire infernale. In tutto ciò c’è anche da fare una menzione d’onore alla controparte, che in tanti ricorderanno per l’importante partecipazione alle proteste che hanno rovesciato il regime egiziano di Hosni Mubarak. Impeto di ribellione che costò carissimo agli Ultras Ahlawy tanto quanto ai concittadini dello Zamalek e per cascata a tutti i gruppi ultras del paese, messi fuorilegge dal Governo Al Sisi, successore non poi tanto migliore del vituperato predecessore, che ha di fatto equiparato gli ultras ad ogni altra associazione terroristica o estremistica. Se gli ultras sono ufficialmente sciolti la risposta di pubblico egiziano in questa trasferta è stata però ottima non solo in termini numerici ma anche in quanto al tifo, che nella fattura e nelle dinamiche dimostra che non tutto ciò che tace può dirsi morto e che sotto la cenere, il fuoco degli ultras continua a covare.
Qualunque sia la latitudine geografica è proprio il caso di dire: lunga vita agli ultras. E complimenti agli ultras del Wydad per questa bella vittoria che permette loro di alzare per la terza volta al cielo il massimo trofeo africano.
Foto di Alexander Salvatore
Testo a cura della redazione