Yes in my back yard! Per parafrasare la “sindrome” a carattere sociologico-ambientalista (che spesso diventa una strumentalizzazione mediatica, ma non è questo il luogo per parlarne…), le partite in prossimità del mio giardino sono una grande occasione per poter vedere tifoserie interessanti e conciliarle con i mille impegni personali.
Al “Valentino Mazzola” di Santarcangelo di Romagna, la locale compagine ospita L’Aquila in uno scontro che attualmente vale una tranquilla salvezza. Poco da dire sul pubblico di casa, non numerosissimo e nemmeno rumoroso, fatta eccezione per un folkloristico signore che lancia degli urli, poi ripetuti in coro dai ragazzini del settore giovanile presenti in tribuna.
Assolto il minimo obbligo di cronaca per i locali, veniamo agli ospiti, una realtà ultras che negli ultimi anni è salita prepotentemente alla ribalta per una crescita organizzativa, quantitativa e qualitativa veramente importante. Una sorta di rinascimento mossosi a cavallo del sisma del 2009, momento tragico da cui gli aquilani capirono che toccava rimboccarsi le maniche per rialzarsi dalle macerie. Inutile piangere per invocare l’assistenzialismo per nulla disinteressato di una classe politico-imprenditoriale che – intercettata – sghignazzava al telefono. Mentre i cadaveri erano ancora intrappolati sotto le macerie, loro si fregavano le mani per i grandi appalti in arrivo.
Gli aiuti veri furono proprio quelli della gente comune e del “cancro da estirpare”, quegli ultras di tutta Italia che, messi per un giorno da parte gemellaggi e rivalità, imbracciarono badili e secchi per ripulire la città. Lo fecero portando con sé anche aiuti di prima necessità raccolti allo stadio, oltre a quelli puramente fattivi portati in prima persona.
Altissimo, in tal senso, il valore simbolico dell’Area Ultras d’Italia, a memoria il primo luogo pubblico in cui gli ultras si sono presi anche la toponomastica cittadina. Senza alcun aiuto istituzionale (anzi con più di qualche intralcio burocratico da parte loro), hanno costruito uno skate park intitolato a Maurane Fraty, una bambina vittima del terremoto. E lo hanno fatto proprio assecondando il loro vero lato oscuro, quello fatto di passionale altruismo che i media tengono nascosto, forse perché poco sensazionale e quindi inutile a carpire click o vendite. D’altronde lo scontro, la faccia più indagata del mondo ultras, non è altro che l’esacerbazione dell’incontro e non di rado, anche le parti che nei tempi sono state avverse, hanno poi saputo esprimere solidarietà reciproca nel momento del bisogno.
Gli ultras in fondo sono questi, in antitesi interna ed eterna fra odio pieno e amore vero. Sentimenti comunque autentici che con ogni probabilità vengono guardati con sospetto e paura da chi, invece, è mosso solo dal proprio tornaconto e ne scorge una seria minaccia.
Ma torniamo all’attualità. Nel settore solitamente destinato agli ospiti, gli aquilani si presentano con un certo anticipo e in numero non esorbitante ma senza dubbio buono. Inizialmente sono un po’ sparsi e rilassati, ma appena i giocatori si affacciano dal tunnel, per dare inizio alle ostilità, si compattano benissimo raccogliendosi dietro tre pezze tenute a mano per tutta la durata dell’incontro. .
Su una di queste, quella dei “Red Blue Eagles” per la precisione, campeggia la scritta “Diffidati con noi”, che di lì a poco diviene oggetto di una stucchevole quanto stupida contestazione da parte delle forze dell’ordine. Accompagnati da alcuni steward, un paio di agenti della digos entrano nel loro settore e si avvicinano intimando di rimuovere lo striscione incriminato. In uno stadio piccolo e silente come quello di Santarcangelo, riesco a cogliere ampi stralci della conversazione da bordo campo. La prima risposta è “Noi non togliamo nessuno striscione” poi, tra chi nemmeno si degna di guardarli in faccia e continua a tifare, alla fine i tutori dell’ordine (?) sono costretti ad andarsene a capo chino e senza che gli striscioni siano rimossi.
Not in their back yard, insomma, a differenza della scorsa stagione che si verificò la stessa identica situazione ma gli ultras furono costretti ad abbandonare gli spalti di fronte alle minacce di diffida. La cosa mi ha destato parecchie perplessità: che senso ha, in un contesto fin lì assolutamente tranquillo, andare a rischiare di mettere in subbuglio proprio l’ordine che lor signori dicono di voler mantenere? E se gli ultras avessero reagito in maniera scomposta, di chi sarebbe stata la colpa? Chi avrebbe pagato? Davvero una frase del genere, che non può nemmeno lontanamente essere considerata apologia ma è un segno di vicinanza ideologica, può essere passibile di censura? Ma siamo davvero alla follia e allo straccio di ogni diritto costituzionale o cosa? E tutto questo perché, per mero esercizio di potere esattamente come un anno fa? Immagino, anzi spero, che chi è preposto a governare situazioni del genere sia quantomeno edotto di dinamica delle masse e di riduzione dei rischi, perché i fiammiferi che vanno accendendo nelle polveriere mi sembrano quanto meno assurdi. Sarà pure populista, ma di tutto ciò, mi resta giusto una frase che rimbomba dagli spalti: “Ma pensate alle cose serie e non ad uno striscione, che questo paese va a rotoli…”.
Venendo alla prestazione del tifo vero e propria, sinceramente gli aquilani questa volta non mi esaltano. Fanno il loro fino in fondo e con continuità, sia chiaro, ma nulla di eclatante. Il loro sostegno è abbastanza lineare, per tutti i 90 minuti di gioco, ma non raggiungono mai particolari picchi di potenza, forse sfavoriti da un gelido vento che sferza e attutisce i cori. Usando il vento per farne vela, almeno, possono sventolare senza pausa i loro due bellissimi bandieroni. Non tantissimi i battimani, mentre invece sono molto belli e ricercati i testi dei loro cori. Tra questi il famoso tormentone “Un giorno all’improvviso” su “Vamos a la playa”, “Quando un giorno morire dovrò…” sulle note di “Spirit in the Sky” di Doctor & the Medics o, ancora, “Sei parte della mia vita sei dentro me” che è la loro reinterpretazione di “Vengo del Barrio de Boedo” dei tifosi del San Lorenzo.
Casualmente proprio su questi cori si accendono spesso delle dispute mitomani su chi abbia cantato prima cosa, o chi abbia copiato chi. Gli aquilani sono indicati tra quelli a cui si attribuisce la paternità di alcuni di questi: sinceramente non ho idea e nemmeno mi interessa se siano stati davvero loro i primi o no, fatto sta che risultano veramente originali nel loro repertorio ed hanno uno stile ricercato ed unico, che li differenzia dalle altre decine di tifoserie, tutte fotocopie di fotocopie di fotocopie.
Che poi, per dirla tutta, fare una polemica su chi abbia cantato per primo una canzone già esistente (il più delle volte una hit sputtanatissima), su cui chiunque, scherzando con gli amici durante una bevuta o facendosi la barba inventa parole nuove, è davvero emblematico della pochezza a cui s’è ribassato il nostro mondo ultras. In forte e parallelo declino con il nostro calcio.
Faremmo meglio a pensare anche noi alle cose serie, a pensare anche noi al nostro “back yard”.
Matteo Falcone.