Torno nuovamente a Prato a distanza di diversi anni, l’ultima volta fu nell’aprile 2015 per un Prato-Teramo, con gli ospiti primi in classifica lanciati per una storica promozione in serie B (poi revocata). Questa volta a scendere in campo non sarà la storica compagine locale ma bensì lo Zenith Prato che affronterà i marchigiani del Castelfidardo nella finale di andata dei playoff nazionali di Eccellenza. Le due squadre arrivano a questa finale in maniera completamente differente, con i padroni di casa che hanno superato agevolmente l’ostacolo Granamica, vittoria 1-3 sul campo dei bolognesi e un 2-2 conservativo in casa; il Castelfidardo invece ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per avere ragione dell’UniPomezia, perdendo in casa 2-3 ma vincendo poi per 0-2 al ritorno con un gol all’ultimo minuto di recupero che ha fatto esultare gli ultras biancoverdi, presenti fuori dall’impianto in quanto si giocava a porte chiuse.

Questa volta si gioca a porte aperte ma, alimentata anche da media, non meno ansiogena è la gestione dell’ordine pubblico, che porta a preferire lo storico “Lungobisenzio” casa del Prato 1908 al “Bruno Chiavacci” dove abitualmente gioca lo Zenith. Vanificato suo malgrado il fattore campo, i Pratesi non possono nemmeno contare su una qualsiasi forma di tifo organizzato nonostante la compagine abbia una storia molto lunga. Centrale per questa compagine è sempre stato il settore giovanile mentre da un punto di vista formale, sono anche dovuti passare attraverso una fusione fra l’allora Zenith Superga Ambrosiana e l’Audax 1972 nel 2010 fino a quando lo Zenith Audax ha mutuato il proprio nome in quello attuale Zenith Prato 1948. Approdato nella massima categoria regionale nel 2015-16, la squadra toscana ha la possibilità di scrivere una nuova pagina di storia tentando la scalata alla D dopo aver già giocato la fase nazionale dei playoff di Eccellenza nel 2017.

Oltre queste motivazioni calcistiche è invece determinante la voglia di rivedere all’opera gli ultras di Castelfidardo, già visti più volte nel corso degli anni, sia in casa che in trasferta, ma essendo passati diversi anni dall’ultima volta è forse l’ora di aggiornarsi su evoluzione e crescita del movimento ultras in questa città di 18 mila abitanti circa.

Con la partita fissata alle 16 posso dormire qualche ora in più e partire alle 9, tornando a viaggiare in pullman ed arrivando nella città toscana alle 12:40, seppur la fermata sia distante quasi 3 km dallo stadio, ma dopo tutte le camminate di questa stagione di certo non mi spaventa questa odierna, nonostante la giornata sia particolarmente calda.

Arrivo presto nei pressi dell’impianto “Lungobisenzio”, dopo una lunga scarpinata di 3 km dalla fermata del mio autobus, l’ennesima di questa lunga stagione. L’impianto che deve ovviamente il suo nome al vicino fiume cittadino, mi ricorda altri stadi con la stessa ubicazione visitati in passato, come per esempio il “Briamasco” di Trento cullato dalle acque del fiume Adige o il “Druso” di Bolzano nei pressi dell’Isarco.

Accolto da alcuni murales degli ultras del Prato, alle 15:15 varco il rettangolo verde non prima di una piacevole chiacchierata con il commissario di campo, digressione insolita vista la spigolosa categoria d’appartenenza con la quale si finisce più spesso a questionare che a parlare amabilmente. Tanti i cambiamenti apportati a questa struttura, con la pista d’atletica venuta meno, il terreno di gioco spostato e i settori avvicinati al campo; nonostante le scelte teoricamente apprezzabili, nei fatti si è passati in mezzo a lavori lunghi e travagliati, sequestri giudiziari e soprattutto alla capienza che è passata nel giro di questi anni da un massimo di 15 mila spettatori ai nemmeno tremila attuali.

A venti minuti dal fischio d’inizio arrivano gli ultras marchigiani, che raggiungono tutti in corteo il proprio settore. Attaccate le varie pezze, sventolano quattro bandieroni ed uno stendardo, facendo sentire ai giocatori tutto il proprio calore fin dal riscaldamento. Per i padroni di casa tribuna piena ma nessuna traccia di tifo se non un cartoncino bianco con sopra la scritta “FORZA ZENITH” che si alza in mezzo al pubblico. Durante la partita però, molto sentita è la partecipazione emotiva al match con, in più di un’occasione, il classico coro “Zenith, Zenith” che prende corpo, oltre alla veemente esultanza per i due gol della formazione blu-amaranto.

Molto più aderente all’idea ultras è invece il tifo riscontrabile nel settore ospiti. Sventolio delle bandiere per salutare l’entrata in campo del Castelfidardo e sostegno continuo e più che positivo. Dopo la prima ventina di minuti, il caldo chiede il suo conto e si fa notare qualche pausa, ma è davvero poca cosa perché poi i tifosi riprendono a cantare in maniera decisa e sostenuta, spronati a più riprese dal lanciacori col megafono che riesce a dare le motivazioni giuste.

Tantissimi i battimani ad accompagnare i cori mentre alla mezzora è lo Zenith Prato a metterli di nuovo alla prova andando in vantaggio con un fortunoso autogol di Imbriola. I fidardensi però sembrano inarrestabili e chiudono la prima parte di gara continuando a tifare come se nulla fosse. Nel secondo tempo aprono la contesa con uno striscione diviso in tre parti che vuole essere un omaggio ai diffidati che non hanno potuto presenziare in terra toscana. Subito dopo riprendono a tifare in maniera ancora più decisa con imponenti battimani e bandiere sempre al vento.

Al sessantatreesimo l’episodio che potrebbe chiudere non solo la partita ma anche il discorso qualificazione: rigore per lo Zenith ed espulsione di Imbriola in evidente giornata no; dal dischetto Chiaramonti porta i suoi sul 2-0 e se in campo la squadra marchigiana rischia seriamente di andare in barca, sugli spalti Castelfidardo non molla di un centimetro. Tifo sempre possente e lineare, battimani decisi, cori contro i rivali di Osimo e infine un nuovo striscione, ancora una volta per gli amici colpiti dall’odioso Daspo (gli ultimi quest’anno, per gli scontri di Civitanova Marche).

Quando tutto sembra irrimediabile, a nove minuti dalla fine il neoentrato Evangelisti accorcia le distanze e rimanda il discorso qualificazione alla partita di ritorno. Gli ultras biancoverdi esultano per questo importantissimo gol e cantano fino al triplice fischio finale, subito dopo applaudono la squadra per la grinta messa in campo e per il gol segnato quando tutto sembrava perduto. Davvero una prestazione maiuscola la loro, la quale conferma tutti i loro continui miglioramenti sotto l’aspetto di gruppo, nonostante le varie diffide ricevute.

Potrebbe calare il sipario su questa bella giornata, ma la mia testardaggine m’impone una visita veloce al “Bruno Chiavacci”, per vedere il vero stadio dei padroni casa. Altri tre chilometri abbondanti adiacente per apprezzare una bella, quanto purtroppo unica, tribuna rialzata la cui capienza è di neanche 600 posti stando a quel che recita la targa affissa sul muro della tribuna stessa. Pur essendo un accanito sostenitore del motto “tutte le squadre dovrebbero giocare nel proprio impianto”, questa volta devo ammettere che la scelta è stata obbligata, visto che oltre ai pochi posti manca completamente un settore dedicato agli ospiti.

D’altronde la delusione per non aver potuto vedere la gara nel suo scenario ideale era stata già ampiamente mitigata dalla prestazione maiuscola della tifoseria castellana che ha intonato più volte il desiderio di tornare in D! Tra sette giorni avremo la matematica certezza di chi veramente avrà tagliato l’ambito e tanto sospirato traguardo.

Marco Gasparri