Domenica 23 aprile, si disputa, nel capiente palazzetto dello sport di Fondi, la finale di Coppa Italia del massimo campionato nazionale di pallamano: un evento prestigioso per una cittadina che, poche ore prima, ha visto la promozione in Serie B del Foggia Calcio, impegnato al “Purificato” contro la locale squadra calcistica.
Vengo a sapere di questo bellissimo appuntamento nel pomeriggio, informato da un amico; ricevute le necessarie informazioni sull’ orario del match, faccio mente locale e ricordo che la compagine fasanese può vantare un buon tifo al seguito: prendo dunque la palla al balzo, convincendomi a mettere piede nell’impianto fondano.
Giungo nei pressi della struttura al momento dell’inno nazionale. Il primo pensiero è quello di trovare un posto a sedere, in quanto il palasport registra il (quasi) tutto esaurito. La struttura presenta due tribune: mi sistemo in quella opposta al settore fasanese, considerato che da parte bolzanese non si registra alcuna forma di tifo organizzato. Fortunatamente trovo un seggiolino nella fila più in basso, avendo proprio di fronte la macchia azzurra ospite.
I sostenitori fasanesi si sistemano dietro lo striscione “Junior Supporters” e alcuni altri vessilli. Salutano l’ingresso in campo delle squadre lanciando alcuni pezzetti di carta e sventolando due bandierine con i colori sociali del club; iniziata la gara, poi, cominciano a tifare, con gli ultras in prima fila che cercano di coinvolgere tutto il settore.
Una differenza che noto in discipline come pallacanestro o pallamano rispetto al calcio, è che ogni momento della gara è fondamentale nell’economia dell’incontro; ciò si riflette, a mio avviso, anche negli atteggiamenti dei tifosi, che seguono le vicende del parquet con maggior coinvolgimento rispetto ai “colleghi” del calcio alle prese con i 22 sul manto verde. Inevitabilmente, poi, le esultanze sono più numerose che nel football, così come i “fischi” rivolti agli attacchi della squadra avversaria: insomma, l’impressione che ricevo è, appunto, quella di una maggior condizionamento delle diverse fasi del gioco sugli umori del pubblico (ultras e non).
Il tifo fasanese risulta continuo per tutta la gara, a sostegno di una squadra che soffre per tutto il secondo tempo ma poi ottiene la gloria all’ultimo attacco di De Santis, che a pochi secondi dalla sirena finale trova la rete decisiva, per il 29 ˗ 30 definitivo in favore degli azzurri. Il settore esplode, mentre la gioia dei giocatori in campo è incontenibile, a fronte della disperazione disegnata sui volti degli altoatesini.
A rovinare questi momenti di gioia (ovviamente parlo in base ai miei gusti, conscio che qualcuno può non pensarla come me) è l’atmosfera da discoteca creata nel palazzetto, con la proiezione di luci accecanti e il sottofondo di una “musica” che soffoca le urla di giubilo dei tifosi e degli atleti.
Mi riprendo quando noto la scena del trofeo consegnato ai tifosi: un ringraziamento a chi ha macinato chilometri, rivelandosi poi l’ottavo uomo in campo.
Andrea Calabrese.