Il Portogallo è una delle nazioni più interessanti di Europa. È il luogo del buon cibo, delle tradizioni, del popolo colorato e dei paesaggi che riescono ancora ad emozionare. Dal punto più occidentale di Europa, Cabo da Roca, passando dall’aristocratica Sintra e dal sottobosco giovanile di Ericeira, dove uno skate o un surf sono “semplicemente” porte per il Paradiso. E poi ovviamente Lisbona, che si sveglia così distinta quanto assonnata, per le ore piccole passate tra un Porto e una Sagres, che la rendono una delle città più caratteristiche e identitarie del continente, grazie al suo fervore artistico e musicale.

Dopo quasi un anno, torno in terra lusitana e, approfittando di qualche giorno di vacanza, decido di seguire Benfica – Vitoria Guimaraes, valevole per la prima giornata della Primeira Liga. Stampo il biglietto di Gate Red Power e faccio un giro, con un amico, in zona Stadio “da Luz”, detto “La Cattedrale” dai tifosi locali. Impianto inaugurato nel 2003, oltre ad ospitare le partite del Benfica è stato teatro di alcuni incontri di Euro 2004, tra cui la finale tra Portogallo e Grecia, finita 1-0 per gli ellenici. Il precedente stadio del Benfica fu demolito e fu sostituito da un nuovo impianto di 66.147 posti: l’architetto Damon Lavelle progettò una struttura che sfruttasse il più possibile la luce naturale, e i suoi vari accorgimenti hanno fatto sì che lo stesso fosse riconosciuto dalla UEFA come stadio “Elite” (agnizione che consente allo stadio di ospitare le finali delle coppe europee). Adiacentemente alla curva principale (il cosiddetto Gate Sagres), sorge il Museo Cosme Damiao, secondo gli addetti ai lavori una delle strutture più belle, tra quelle dedicate ad una squadra di calcio, per via dell’ esposizione di coppe e del camminamento storico. Negli spazi limitrofi vi è la statua di Eusebio (vero e proprio mito per le Aquile) nonché una sorta di hall of fame dei giocatori più rappresentativi.

Aspettando la partita.

Dalle prime battute, mi rendo conto nuovamente (avevo visto in passato, dal vivo, lo Sporting) di alcune “anomalie”, rispetto ai nostri impianti: struttura in condizioni perfette, botteghini aperti, forze dell’ordine presenti in moderatissime unità, e nessun prefiltraggio o controllo. Da un punto di vista ultras, il Portogallo non è mai stato un avamposto di Europa, e questo è tangibile e verificabile dal fatto che le tifoserie “organizzate” sono pochissime. Probabilmente, questo dato è causato dalla repressione che, anche qui, attanaglia il movimento nazionale (fuori dall’impianto si è aggirato, per lunghi tratti, un drone della polizia). Vi è una stringente normativa che prevede che ogni tifoseria debba essere riconosciuta (e, in caso affermativo, finanziata) dalla Società di riferimento, solo se abbia fatto istanza con cui chiede di poter introdurre nello stadio materiale pirotecnico, striscioni e bandiere. Per intenderci, come funziona per i club organizzati, per i centri coordinamento di tifosi nostrani, e per chi ha aderito alla normativa del 2007, ove l’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, dopo aver messo al bando tamburi e mezzi di diffusione sonora, ha subordinato l’introduzione di striscioni, di materiale assimilabile, di materiale coreografico, alla concessione di specifica autorizzazione.

Questa premessa è doverosa in quanto nel cuore del tifo locale, e più specificamente in Curva Sagres, il gruppo organizzato, in realtà, è “clandestino”, in quanto non rispetta queste specifiche prescrizioni statali: i NO NAME BOYS (il nome è tutto un programma), che prendono posto nel primo anello (o “Piso”, come si dice da queste parti) non hanno striscioni, non hanno un lanciacori, non hanno megafoni, ma danno comunque vita a 90 minuti costanti, fatti di treni, battimani e cori secchi che partono in maniera “spontanea” dal centro del Gate. Un modo di tifare molto british, che talvolta coinvolge anche i restanti settori, come la Curva Red Power, in cui si sistemano i Diabos Vermelhos (Diavoli Rossi), piccolo gruppetto composto da una 80ina di unità che si sbatte per coinvolgere il Gate nel tifo (mi sembra di scorgere, tra loro, gli ultras iberici del Merida, con relativa pezza in balaustra).

La presenza ospite

Capitolo ospiti: vengo a sapere, anticipatamente, che nel novero dei gruppi più importanti della nazione, gli ultras di Guimaraes godono di un discreto rispetto e popolarità. Effettivamente, devo ammettere che mi hanno fatto una bella impressione. Giunti in circa 300 unità, compatti a bordo di pullman, hanno dato vita a 90 minuti di buon tifo, soprattutto in zona Ultras e White Angels, i gruppi principali della curva, riservando anche diversi cori di sfottò ai padroni di casa (la parola “Merda” ha il medesimo significato, da noi e loro…).

Giusto per la cronaca, e per gli appassionati statistici, l’incontro finisce 3-2 per il Benfica, con la tripletta di un interessante Luís Miguel Afonso Fernandes, noto come Pizzi, pilastro della nazionale portoghese. Ora posso abbandonare lo stadio, seguendo il deflusso ordinato dei tifosi delle Aquile rosse, non prima di aver partecipato al “terzo tempo” del post gara, fatto di quantitativi industriali di luppolo, consumati nelle paninoteche limitrofe.

Gianluca De Cesare