Alla fine è un derby, sì. La sfida tra le squadre rappresentative delle vicine città di Bologna e Ferrara ha assunto pienamente, almeno nel contesto stadio, i caratteri di un vero derby. In ciò il ruolo fondamentale è dei gruppi organizzati, che incitano svariate volte su entrambi i fronti a sfottò e a cori contro l’avversario; gli ultras decidono cosa è un derby, davanti alle etichette dei mass media, che etichetterebbero come “partita non come tutte le altre” anche un Imolese-Bologna.

In un Dall’Ara assiepato da poco più di 25mila spettatori, il settore ospiti vede il tutto esaurito, con qualche centinaio di spallini ad occupare la San Luca, aperta il giorno prima del match anche agli ospiti.

Con oggi si chiude anche la campagna abbonamenti, che ha visto il miglior risultato degli ultimi 15 anni, con 15.375 tessere sottoscritte. L’Andrea Costa fa registrare il tutto esaurito, con la scelta a mio vedere miope di riservare ai soli abbonati il settore più caldo del tifo. Miope perché è un ragionamento che non lascia scampo al tifoso non fidelizzato o soprattutto ai ragazzi più giovani che vorrebbero avvicinarsi alla curva. Il gap tra prezzi di abbonamento della curva e dei distinti è ampio infatti, quindi chi non è abbonato si trova a dover sborsare cifre notevoli o a sperare nell’apertura della San Luca, lontana però dal calore del tifo e popolata nei match con le grandi da tifosi avversari, accorsi per fare due foto a Ronaldo o al calciatore da loro idolatrato al momento. Sarebbe più saggio lasciare un migliaio di biglietti della nord destinati alla libera vendita o abbassare in maniera notevole la differenza di prezzo con l’adiacente settore distinti, all’ombra della torre di Maratona.

Il settore ospiti mostra nel corso della partita cosa voglia dire sedimentare il tifo: buona parte dei cori viene seguita da tutti i presenti, con alcuni battimani ripetuti anche nelle file più in alto. È indubbiamente il risultato di due fattori: un lavoro negli anni in curva da parte delle stesse facce, sempre presenti e attive, e, innegabilmente, dell’entusiasmo di una piazza che fino a pochi anni fa giocava solitamente in terza serie, con la caduta in D di una decina di anni fa e la successiva ripartenza gloriosa.

La combinazione dei due fattori può dare ampi frutti sul lungo periodo, legando in maniera inscindibile molte persone alla squadra estense. Dare momenti di gloria in una piazza provinciale è fondamentale, perché tali momenti rimangono per decenni nell’immaginario personale e della collettività cittadina. A Ferrara la storica presenza ultras sta amalgamando i due fenomeni, oggi però noto uno scarso uso del tamburo e una tendenza da parte di chi occupa la parte più calda della Ovest a stare troppo bassi nel settore. Ogni tanto bisogna tentare di allargarsi, spostare i bandieroni più in alto, imporre il tifo.

L’Andrea Costa apre il match con una piccola coreografia nel settore centrale, sopra la balconata, incitando i propri 11 in campo a dare il meglio per la maglia e per l’allenatore Mihajlovic, oggi in panchina dopo aver concluso il primo ciclo di cure per l’ostica malattia che sta affrontando. Una scelta indubbiamente coraggiosa, che ha colpito ogni sportivo felsineo.

Un paio di cori coinvolgono lo stadio intero, passando dai distinti e attivando anche le voci in San Luca, per il resto buona prova ma poche bandierine al vento se non nei settori soliti, ovvero parte sopra la balconata occupata dal Settore Ostile, la zona sempre attivissima di URB e Freak e la parte a sinistra della balconata. Vocalmente si distinguono alcuni cori potenti, ben uditi anche accanto al settore ospiti da dove ho seguito il match.

Siamo a inizio stagione, la prova di Verona non ha convinto del tutto e il Bologna crea ampiamente sulle fasce ma spreca, pochi cori accendono lo stadio intero fino all’esultanza finale, con Soriano che la butta dentro a pochi minuti dal fischio finale.

Si esce nelle strade, si prende l’ultima birra al bar, qualche suono di clacson ma poi tutti a casa, in centro nessun carosello o motorini e auto con bandiere ai finestrini. Il calore del pubblico che ha assiepato il Renato Dall’Ara rimane lì, in una società che ha perso il senso del collettivo, anche se è palpabile sette giorni su sette tra i portici e le vetrine bolognesi.

Non è così per tutti, va detto: c’è chi i colori decide di viverli sempre, come Zacchi, al secolo Renato Zacchini, scomparso in luglio e ricordato con due striscioni in A. Costa a inizio partita, o Maurizio Marchi, genoano a cui entrambe le tifoserie hanno dedicato un pensiero nel corso del match.

Due esempi di un modo di vivere le curve oltre l’innocenza giovanile, spesso raccontata anni dopo come ingenuità; quella voglia vive ancora, nella bandiere e nelle sciarpe tese di entrambi i settori popolari di stasera, dove ci si stringe un po’ l’uno accanto all’altro, ci si guarda attorno nel mondo della curva trovando gli sguardi di altri come te che hanno dietro famiglie e storie diverse. E ogni giorno si impara qualcosa che si sarebbe forse già dovuto sapere prima di accingersi a fare qualcosa di proprio, ogni tanto si va avanti e ci si rende conto che, davanti alle cose della vita, è troppo tardi. Nelle curve va così, si parte ragazzi e si ritorna uomini, con tutto ciò che la strada ti dà e ti toglie. 

Testo di Amedeo Zoller.
Foto di Fabio Bisio.