Muovo alla volta del “Dino Manuzzi” con una certa curiosità. Essenzialmente quella di toccare con mano lo stato di salute della Curva Mare, in questo momento calcisticamente molto particolare per la compagine romagnola, ultima in classifica in coabitazione con Ternana e Ascoli. Stessa curiosità, ma per motivi diversi, mi spinge a voler rivedere all’opera i salernitani dopo lungo tempo. Nel mentre mi ponevo quesiti sulla comune amicizia di entrambe le tifoserie con Brescia, per chiarire subito il loro rapporto diretto, il contingente ospite manda immediatamente a quel paese Cesena, non prima di aver levato un “Schalke, Schalke” per salutare i gemellati di Gelsenkirchen al loro fianco, presenti inoltre con una pezza e una bandierina.

Il prepartita dei cesenati procede più sornione, con i gradoni che si riempiono lentamente, ma poi fortunatamente offriranno un buon colpo d’occhio, di gran lunga superiore a quello che la misera classifica lasciasse sperare. I loro minuti iniziali sono contraddistinti dal ricordo di Gianluca Giulianini, per tutti “Giulio”, tifoso bianconero scomparso alla vigilia del match. Anche la squadra, nella persona del centrocampista Manuel Cascione, dedica un pensiero portando la maglia bianconera alla sua famiglia presente in curva, dove già un paio di striscioni a firma WSB e Bronx Vigne lasciavano intendere il lutto. Al margine destro della Curva c’è un altro striscione dedicato a “Pastor”, ossia Silvio Pastorelli, altro tifoso recentemente scomparso.

Al di là dei colori, come recita il loro stesso striscione (“Al di là dei colori, Ciao Giulio”), anche i salernitani omaggiano il ricordo del tifoso cesenate, raccogliendo gli applausi dei dirimpettai che inneggiano al Mondo Ultras in genere, riconoscendo l’alto valore morale e solidaristico nel gesto degli avversari. Nel frattempo, nella balaustra principale, i salernitani avevano issato anche il messaggio a caratteri cubitali: “LOTTA E VINCI INSIEME A NOI”.

Fra le note di cronaca di questo inizio di gara, si intuiscono i cori della curva di casa verso la parte alta del settore stesso: oggetto delle loro attenzioni l’indimenticato bomber Dario Hubner che, come ogni tanto avviene, preferisce seguire la sua ex squadra dal settore popolare e con la sua gente, quella che lo ha sempre supportato da calciatore, anziché nei salotti borghesi e artefatti delle tribune vip a cui avrebbe facilmente accesso in virtù del suo passato.

Nel primo tempo il tifo vocale, in termini di potenza, è ad appannaggio degli ospiti che sono davvero in buon numero e soprattutto appaiono in forma ancora migliore. Contrariamente a quelli che erano i miei timori però, la tifoseria di casa,  pur essendo chiaramente ben lontana dal massimo che il suo potenziale gli potrebbe permettere di esprimere, fa il suo dovere fino in fondo. Aiutati anche dall’immediato vantaggio, WSB e soci tengono degnamente testa ai dirimpettai anche se – spero mi si perdoni se sono brutalmente sincero – non è nell’ordine naturale delle cose che una tifoseria di questo livello debba (anziché imporre un doveroso fattore campo come potrebbe e dovrebbe) galleggiare sulla linea della sufficienza, facendo giusto il suo compitino. Ma d’altronde i tempi sono questi, sono duri e forse la via per ritornare ai livelli della propria tradizione, passano attraverso questa fase di pura resistenza.

Il secondo tempo, mentre nella curva di casa appare un messaggio di condoglianze agli UCN Palermo per la perdita del loro fratello Dario, si apre con la semplice ma bella coreografia salernitana. Si ripropone, in sostanza, i due aste già visti nella gara interna contro il Bari, a comporre la scritta “CURVA SUD” al centro della quale compare il volto del “Siberiano” di cui la Sud stessa porta il nome.

La parte iniziale di frazione ricalca più o meno lo stesso copione del primo tempo, con la tifoseria di casa che cerca di serrare i ranghi e spingere la propria squadra a difendere il 2-1 fin qui maturato, con risultati persino migliori dei primi 45′. Alla stessa maniera anche il settore ospiti migliora la propria performance, spingendo sull’acceleratore a sostegno della propria compagine a caccia del pareggio.

Con l’inerzia iniziale che va esaurendosi però, i cesenati cominciano a perdere potenza, a differenza dei salernitani che inanellano cori su cori tutti di buonissimo livello, continuità e potenza. Chi mi conosce, direttamente o indirettamente attraverso i miei articoli, sa benissimo il mio odio cieco verso i cori di stampo latino-americano, su tutti il “Despacito”, la quintessenza della bruttezza, ma devo onestamente ammettere che la tifoseria granata riesce persino a farmi dimenticare la mia idiosincrasia per questo coro che, sentito cantare da altri, in altre occasioni, mi ha fatto sinceramente vergognare di appartenere al genere umano. Loro invece sono belli e bravi, poco da dire: davvero riescono a trasformare in oro tutto ciò che toccano. Bello, molto bello anche il coro lento sulle note di “Bella Ciao”.

Poco dopo il 20esimo minuto il Cesena allunga 3-1, ma l’evento sembra non spostare gli equilibri, soprattutto non sembra scalfire il pubblico di fede salernitana che continua a crederci. Non per niente, un paio di minuti prima del 3-1, Bocalon s’era letteralmente mangiato il 2-2 a porta vuota. Subito dopo la Salernitana resta addirittura in dieci per una somma di ammonizioni a carico di Gatto, eppure paradossalmente e a stretto giro, lo stesso Bocalon si fa perdonare il madornale errore di qualche minuto prima e rimette in discussione una gara che ormai sembrava chiusa a doppio sigillo.

Questa è la miccia che riaccende la gara, in campo e sugli spalti. Bisogna attendere solo altri 5 minuti, al 33esimo del secondo tempo per essere precisi, per arrivare alla deflagrazione definitiva con la Salernitana che trova la rete del 3-3 e il tifo praticamente prende il volo sulle ali dell’entusiasmo. A proposito di deflagrazioni e metafore pirotecniche, si vedono anche un paio di torce, un fumogeno e anche un paio di bombe carta sul versante ospite. Va da sé che questo secondo tempo è a completa dominanza granata.

Il risultato non cambierà più fino alla fine. Gli ospiti vengono trattenuti all’interno in attesa che lo stadio e i suoi dintorni defluiscano completamente, ne approfitteranno per alzare ancora qualche altro coro in ricordo di Gabriele Sandri, di cui proprio il giorno prima ricorreva il decimo anniversario della scomparsa, e contro il suo assassino Spaccarotella.

Qui lo confesso: spessissimo negli ultimi tempi avevo preso la brutta abitudine di lasciare lo stadio anzitempo per giocare d’anticipo sul traffico in uscita e poter arrivare a casa in tempo ragionevole, visto che il calcio e il tifo mi erano venuti parecchio a noia. Questa volta no, ho abbandonato praticamente per ultimo la tribuna stampa e mi sarei trattenuto ancora oltre: i salernitani sono stati davvero bellissimi da vedere e da sentire, tanto di cappello per loro. I cesenati meno peggio di quel che temevo, ma onestamente molto al di sotto di quelli che so essere i loro standard e che con altrettanta sicurezza so che potranno tornare ad esprimere quanto prima.

Matteo Falcone