«Siamo qui per l’ennesima volta, nostro malgrado a fare un excursus di ciò che è successo questa stagione. Per capire meglio le ragioni delle nostre azioni è sempre preferibile cominciare dal principio. E spiegare come lo si fa ai bambini, puntualizzando con cura causa/effetto (anche se non abbiamo dubbi della perspicacia dei nostri interlocutori). Dopo la solita estate di passione passati tra gli immancabili tiramolla societari, grotteschi incontri all’Ipercoop con presunti salvatori della patria, voci incontrollate di nuovi benefattori all’orizzonte…cosa facciamo? Ovvio! Usciamo di tasca nostra i soldi e rinnoviamo come ogni anno lo sport nazionale tranese per antonomasia: la colletta! Miniabbonamenti a 20 euro per invogliare qualche altro presunto disinteressato signore a rilevare le sorti di una società quasi abbandonata da un Pellegrini stanco e demotivato dalle nostre richieste di un Trani vincente. Che finalmente puntasse in alto senza remore. Questo era la nostra unica e insindacabile condizione! Dopo anni e anni di anonimato in categorie infime, con l’eterna spada di Damocle di progetti a brevissimo termine, incerti e traballanti già a dicembre.
Eravamo pronti anche ad affrontare un anno sabbatico purchè si ripartisse con un progetto chiaro, lineare e soprattutto vincente. La cordata ruvese che ha rilevato le sorti della società si è presentata come se avesse preso un lungodegente in coma irreversibile e gli avesse dato dei farmaci per campare alla giornata. Della serie: “Ci hanno chiamato, noi non volevamo venire. Non pretendete nulla, ci dovete solo ringraziare!”. A gente che mangia “melma” da 20 anni. Ad una piazza disillusa, stanca, apatica. E proprio di quest’apatia loro si volevano servire. Inizia la stagione, si comincia a parlare come sempre già di gestione stadio. Prima conferenza stampa: parla il direttore sportivo chiedendo nome e cognome di chi interviene per fare domande, manco se fosse ad un congresso politico. L’atteggiamento è spocchioso, sfrontato, non di certo empatico. I dubbi sulla reale consistenza economica della società vengono fugati da un atteggiamento megalomane, quasi di sfida. Per il main sponsor, citiamo testualmente: “200.000 o 300.000 euro non fanno differenza”. La gente chiede più impegno, soprattutto nei derby dopo la sconfitta di Molfetta. Loro si piazzano sulla difensiva e cominciano con il refrain che ci ha accompagnato lungo tutta la stagione: “se siete qui ci dovete solo ringraziare”. La squadra veleggia a metà classifica, il sostegno non manca.
Poi arriva Trani-Mesagne, vinciamo in maniera sofferta giocando in maniera pessima. A fine partita ci confrontiamo con i giocatori sotto la gradinata con toni forti ma in maniera civile, ed ecco che un uomo si palesa dalle retrovie intimando i giocatori a lasciar perdere quei 4 deficienti e a tornare negli spogliatoi. E’ sempre quel gran comunicatore del direttore sportivo. Mai, in tanti anni di stadio, abbiamo assistito ad una cosa del genere. Le scuse non possono bastare. Chiediamo la testa di questo Clint Eastwood de noantri, la società ovviamente risponde picche e se lo tiene ben stretto. Giusto il tempo di farsi espellere quelle 20 volte. La pazienza comincia ad esaurirsi, contro il Mola (squadra smantellata e imbottita di giovani) pareggiamo a stento in casa. A questo punto inizia la nostra contestazione, decisa. Presenziamo sempre, ma senza esporre la nostra pezza. La dignità prima di tutto. Il nostro è un silenzio pieno di parole, significato, ma purtroppo la comprensione del linguaggio non verbale non è per tutti. La società invece di ricucire lo strappo continua a lamentare lo scarso pubblico, la poca passione. L’allenatore fa da eco. L’unico colpevole è sempre e solo il pubblico. Come se queste parole in passato non le avessimo già ascoltate, addirittura si arriva ad affermare “dieci anni fa a Ruvo facevamo mille spettatori”. A Ruvo! Una città che nel 1999 invademmo in duemila per conquistare l’Eccellenza dalla Promozione. Mentre l’erba del vicino, si sa, è sempre più verde: il nostro main sponsor preferisce andare a vedere le partite in Andria, nostra rivale storica, e ribadirlo con fierezza in conferenza stampa. Una conferenza avvenuta dopo aver vinto la gara della gestione stadio e che ha avuto come argomento principale il: “del domani non vi è certezza, di certo quest’anno c’è stato poco pubblico.” Si comincia e si finisce con la solita immancabile canzone: è colpa della piazza! Quella “piazza” che nonostante l’abbandono di Flora, da secondi in classifica nel campionato di serie D, ha fatto gruppo e capendo le difficoltà del momento si è stretto attorno ad una persona dai sani principi e dalla passione smisurata per la nostra maglia, il presidente Alberto Altieri. Sembrerà strano a molti ma quell’anno finì con la salvezza all’ultima giornata che forse è valsa più di una promozione. La nostra città ha bisogno di persone come Alberto che hanno capacità di saper trasmettere “passione vera”, dedizione, voglia di raggiungere obbiettivi senza lamentarsi del passato. Ed è proprio cio’ che manca alla società Ruvese infatti il nostro striscione, esposto l’ ultima in casa, è stato chiaro ma assolutamente pacato nei termini: “vogliamo chiarezza”. Ed ecco che qui, colpo di teatro finale, subiamo addirittura in tv un attacco mirato e offensivo: “Lo striscione era di 40 lettere, loro sono venti.” Tanto per dire mi fate il solletico, potete dire ciò che volete per me siete zero. Settimana successiva: striscione ironico, Ippedico cambia improvvisamente la considerazione sui quei 20 insignificanti tifosi. Per colpa loro lascio la società. L’allenatore ci dà addirittura dei vigliacchi, dopo che nel post-partita col Grottaglie dicemmo chiaramente cosa pensavamo di lui. Senza filtri.
Lasciamo all’intelligenza di ognuno le proprie considerazioni poichè la nostra intelligenza è stata più volte insultata, calpestata da gente che fa di questi giochetti subdoli il proprio stile di vita. Noi saremo pochi, insignificanti, ma fin quando verrà questa gente a Trani noi saremo sempre pronti in prima linea a dire la nostra. Il Trani è non sola la nostra passione, ma un pezzo importante delle nostre vite. E chi pensa di venir qua a fare “ciò che vuole” si sbaglia di grosso. Che sia di monito ai prossimi furbetti di quartiere. Tanto, chissà perché, abbiamo come la sensazione che tutto rimarrà inalterato nei quartieri alti della società, che sia davanti o dietro le quinte…scommettiamo? La nostra presenza sarà garantita sempre ma il nostro stendardo e la nostra voce lo vedrete e la sentirete solo quando alla guida di questa gloriosa squadra ci sarà gente seria e che prenda realmente a cuore le sorti del Trani Calcio».