L’auto-narrazione è stata una necessità per il mondo del tifo, al fine di incrinare l’ottica viziata da pregiudizio e moralismo di chi quel mondo l’ha raccontato dall’esterno, senza mai capirlo davvero e condannandolo a prescindere. Ma anche questo tentativo endogeno è finito per lo più in scacco ad una referenzialità vanamente celebrativa, parlandosi addosso o sbrodolandosi nel vittimismo inutile. Ricostruire la memoria, fuori dalla dubbia tradizione orale e costretti a diffidare persino delle fonti ufficiali, degli archivi di Stato e di quelli giornalistici, imbevuti di luoghi comuni e macroscopiche falsità, diventa un compito davvero arduo che deve imprescindibilmente passare da una rigorosa interpretazione delle fonti stesse. Non è un caso se, oltre all’analisi sociologica che riesce in certo qual modo a diversificare il suo punto di vista, quando si parla di ultras in ambito storico si finisce per leggere le solite due-tre storielle che, a forza di ripetizione, cominciano ad assumere i crismi della stanca litania: le ripetono tutti i fedeli dandole per verità assolute, ma in mancanza di ulteriori riscontri o approfondimenti, vi si deposita un patina di leggenda che di fatto indebolisce la forza profonda e oggettiva della storia.   

Per questi motivi ho accolto con piacere e curiosità la scelta di una rivista di storia come “Zapruder” di dedicare un numero monografico al tifo. Una scelta che di per sé costituisce già un riconoscimento della dimensione sociale e dell’importanza che il tifo ha sempre rivestito, ma che in pochi hanno riconosciuto, inquadrando spesso il fenomeno dall’alto verso il basso e liquidandolo come barbaro istinto sottoproletario, cortocircuitato dal proverbiale oppio dei popoli moderno.

Una doverosa premessa: “Zapruder” è espressione di un collettivo politicamente orientato a sinistra, quindi lo sconsiglio da subito a quanti, per visione opposta, considerano questo un paletto invalicabile. Onestamente anche io ho sempre delle riserve laddove militanti di sinistra o politici in genere si approcciano all’argomento tifo, proprio perché finiscono spesso per accanirsi unidirezionalmente sul discorso politico, non avvedendosi degli altri mille volti rappresentativi di questo universo, poliedrico e al tempo stesso liquido e mutevole.

Posso dire che l’insidia è stata abilmente superata e che nel complesso, il numero 48 di questa rivista storica restituisce un’immagine abbastanza fedele del tifo inteso in senso estensivo. Non si parla solo di calcio infatti, ma anche di pugilato per esempio, nella fattispecie delle storie di Battling Siki, Leone Jacovacci e Johann Trollmann in cui l’apporto dei tifosi ha contribuito a scrivere un verdetto che per i regimi dell’epoca era stato già predeterminato a tavolino. Altra divagazione riguarda il ciclismo, ma è una mera recensione del Museo del Ciclismo sul Passo del Ghisallo che poi lascia il campo ad un’appendice finale schiettamente politica e che al lettore ultras potrebbe interessare poco.

Poco rilevante e mal assortito il corredo fotografico. Un paio di articoli lasciano un po’ il tempo che trovano, senza apportare granché di nuovo, mentre è sicuramente di grande interesse il capitolo “La nascita del tifo. Sport e Spettacolo nell’antichità” a cura di Giuseppe Cilenti che, rispetto al tormentone trito e ritrito degli scontri di Pompei del 59 d.C. citati negli Annales di Tacito, offre un quadro minuziosamente circostanziato e pertinente della partecipazione del pubblico agli eventi ludici in certi casi antesignani degli sport attuali.

Davvero notevole anche Lorenzo Giudici in “Così lo vedi cosa succede…”, un’analisi su “Economia politica e conflitto nel calcio moderno”. Basandosi su una serie di interviste raccolte personalmente a esponenti di varie tifoserie, offre una prospettiva molto intrigante e insolita, ribaltando gli ultras da soggetto a oggetto nella narrazione della repressione e delle dinamiche del calcio moderno. Che qualcuno ci tiene a dirci che non esiste, che il calcio è sempre stato moderno e che gli ultras non sono mai stati conflittuali ma volenti o nolenti clienti. Eppure tanto Giudici quanto altri narratori testimoniano di storie di resistenza, di partecipazione attiva ai cambiamenti. Di scontro, talvolta strisciante talvolta aperto, con un calcio che sarà forse davvero sempre stato moderno, ma dall’avvento delle pay-tv ha evidentemente inasprito il suo approccio al pubblico, dalla prospettiva dominante sì ritenuto mera clientela, ma altresì attore e portatore di istanze sottoculturali e talvolta persino civiche e politiche non trascurabili, se non con un certo snobismo borghese.

Mai banale anche il buon caro Claudio Dionesalvi, vecchio esponente del tifo cosentino che, fra le tante cose, apre ad un aspetto meritevole di ben più ampio approfondimento (ovviamente non in chiave moralistica), ossia l’impatto che la cocaina sta avendo sul mondo ultras attuale, per certi versi molto più distruttivo della scia di morti che ha lasciato l’eroina fra i pionieri del mondo ultras delle prime decadi.

In definitiva un buon lavoro, svolto con il rigore che ci si aspetterebbe da una rivista storica. Al di là degli enumerati picchi di eccellenza e come altrettanto sottolineato, ci sono alcuni passaggi fisiologicamente meno potenti, ma è una lettura che mi sentirei di consigliare a tutti gli amanti del lato storico e sociologico del mondo ultras. Il prezzo è di 14 €, chi volesse acquistarlo, può farlo direttamente alla fonte: http://storieinmovimento.org/categoria-prodotto/numeri-singoli/

Matteo Falcone