A Cosenza si respira una strana atmosfera, atmosfera che ha il retrogusto degli anni passati, di 30 anni fa per la precisione, quando la stessa febbre scoppiò per le gesta della squadra di Gianni Di Marzio.
Le aspettative hanno trovato ampia conferma sugli spalti del “Marulla”, dove si sono ritrovate 20.000 persone, una città unità per cantare e spingere i lupi silani alla vittoria. Durante la partita, più volte i brividi hanno attraversato la schiena dei presenti: una giornata davvero carica di emozioni.
Tredici i tifosi tirolesi che ovviamente hanno dovuto ripiegare allo schiacciante rapporto di forze in essere. Hanno potuto anch’essi assistere alla prova di una tifoseria in grande spolvero, non di certo quel “Far West” che qualcuno incautamente paventava prima della gara d’andata, ma un ambiente trasudante solo pura passione.
Il “Marulla” risulta infatti un continuo fermento che si protrae ben oltre i 90 minuti, con i cori di Tribuna e Curva che sicuramente resteranno impressi a lungo nella memoria di tutti i tifosi e i calciatori presenti. Alla fine di questi 94 minuti, calciatori, tifosi e ultras in un abbraccio simbiotico hanno lungamente festeggiato sulle note di canzoni storiche della tifoseria della città dei Bruzi.
Il sogno può quindi continuare: si vola ora a Pescara, laddove si giocherà la finale contro i toscani del Siena con la prevedibile scorta di un lungo torpedone di auto e pullman lungo l’Adriatico alla volta dell’omonimo stadio. Nella speranza che sia sul serio una festa popolare, a scanso di qualcuno che sembra già arrabattarsi inventandosi assurde direttive per rovinare questa trasferta storica, o forse per scoraggiarne il seguito, se proprio si vuol pensare male. E su questi improbabili “osservatori” ce n’è da pensar male.
Al sogno che sembrava impossibile, parafrasando una delle prime coreografie della tifoseria, tocca solo crederci ancora un po’ affinché, parafrasando un altro vecchio due aste di quella storica promozione del 1988 (che a sua volta faceva il verso ad una nota pubblicità), l’uomo del monte possa pronunciare di nuovo quella seconda lettera dell’alfabeto che resta per ora sogno scaramanticamente dissimulato.
Gianluca Romita