Minuto 3:34 dell’Extra Time: dopo una partita equilibrata e assai tesa, Lhotak lancia Monnet che in backhand batte l’incolpevole Merzlikins: la Valascia esplode in un boato liberatorio, tutta la squadra va sotto la curva. La partita è finita e l’Ambrì si aggiudica il derby del Ticino n°211. Il pubblico di casa prima salta all’unisono per gridare al mondo che “Luganese non è…”, per poi intonare la Montanara con le sciarpe alzate. I Luganesi, non demoralizzati, concludono alla grande la loro prova continuando a cantare senza sosta, come avevano già fatto fino a quel momento, incuranti dei decibel della Valascia.

In questi brevi momenti si racchiude il bello di uno sport pieno di energia e adrenalina e si rinnova l’emozione di un derby acceso e sentito.

Un Ambrì-Lugano difficilmente delude poiché esso racchiude molti di quegli elementi comuni nelle curve italiane di pochi anni fa ma ormai estremamente difficili da rintracciare alle nostre latitudini: coreografie, striscioni tematici, cori di sfottò e in più la classica dicotomia città-campagna.

Avevo bisogno di un rientro ad Ambrì dopo diverso tempo, almeno per chiedere a me stesso se sono cambiate le sensazioni del periodo in cui ero un frequentatore assiduo della Valascia: le montagne, la funicolare di fronte alla pista, il centro abitato con case in legno o in stile mitteleuropeo, l’ambiente intimo ma allo stesso popolare, l’atmosfera mista tra evento sportivo e sagra di paese.

Dopo essere arrivato con oltre due ore di anticipo e aver rispolverato in pompa magna il cappotto invernale, mi immergo in un ambiente che reputo ancora familiare: i tifosi presenti in gran numero che si ritrovano nei vari bar sparsi intorno alla pista, l’ambiente carico, Eros Wagner in postazione, la tribunetta in legno. Già, tutto immutato e immutabile, ma per poco tempo.

La Nuova Valascia è ormai una realtà progettuale e probabilmente già dal 2018 sostituirà il palaghiaccio attuale. Un colpo al cuore per tutti i tifosi dell’Ambrì, perché quel ghiaccio ha segnato ogni piccolo pezzo di storia del club sin dai tempi epici in cui le partite erano rigorosamente all’aperto. Oggi le parole d’ordine sono confort, ritorno economico e diritti televisivi, lasciando ben poco spazio al romanticismo.

Entrato nella pista un cambiamento mi appare evidente: rispetto all’ultima volta in cui ho scattato, il settore ospiti è stato dimezzato per dare più spazio al pubblico di casa. Se prima la capienza era di circa 400 o poco più posti, ora si viaggia sui 200. Nella partita di oggi, in soldoni, vuol dire spicchio esaurito ma anche un derby un po’ più monco: se già prima in Curva Sud era difficile sentire i cori dal settore ospiti, ora è praticamente impossibile; di più: eventuali striscioni alzati da chi è in trasferta sono illeggibili per la parte opposta.

La scelta ovviamente ha un suo perché: già nel 2014 la dirigenza dell’Ambrì si lamentava di quel settore mai pieno spesso neanche per metà (tranne che nei derby ticinesi, ovviamente), mentre il pubblico di casa sta perennemente stretto. Quindi si è detto: perché non allargare gli spalti del nostro pubblico e limare il settore ospiti sin troppo grande per i numeri mediamente registrati? Tant’è.

Il bello di queste partite è che già ben oltre un’ora prima la curva di casa è praticamente piena. Si inizia ad intuire parte dello striscione della coreografia, mentre non può non balzare agli occhi, benché defilato rispetto alla mia postazione, uno striscione dedicato agli amici pisani per il brutto periodo che stanno vivendo in termini di repressione.

Già dal riscaldamento i primi cori biancoblu coprono la musica degli altoparlanti, con la mia curiosità che si sposta sull’ingresso nell’impianto dei tifosi luganesi. Ciò avviene ad una ventina di minuti dall’inizio del match. I bianconeri, o almeno i ragazzi della Nord, arrivano a bordo di due pullman, mentre tutti gli altri supporters sono arrivati con auto private.

Come detto, il confino degli ospiti in uno spicchio striminzito toglie molto sale a questo derby. Sicuramente alla Resega, almeno da questo punto di vista, l’effetto è migliore.

Come da copione, in Sud si alza il sipario (il classico telone biancoblu) per provare la coreografia e limare gli ultimi particolari. All’ingresso delle squadre in campo il velo cala su una delle tante ma mai scontate coreografie di questi derby: la GBB stavolta sceglie il tema del fuoco.

Lo striscione posto in balaustra, ”Il fuoco che arde dentro me”, non lascia dubbi interpretativi. Cartoncini lucenti rossi, tre bandieroni rappresentanti il fuoco (uno dei quali a “corona” del simbolo dell’Ambrì) e, in alto, la scritta “Welcome to hell”. Ma, soprattutto, come può non esserci il fuoco? E così ecco che alcune torce vengono intelligentemente accese sotto al bandierone dell’HCAP e dietro il “Welcome to hell”. Come sempre centinaia di telefonini immortalano lo spettacolo degli altri settori, e gli applausi sono a scena aperta.

Purtroppo, dalla postazione fotografi della Valascia, risulta impossibile fare buoni scatti e capire il contenuto dello striscione iniziale alzato dai Luganesi. Un po’ più chiaro il successivo bandierone raffigurante una mucca (chiaro sfottò ai dirimpettai), ma il quadro generale appare sfumato. Un altro effetto negativo del settore ospiti formato “XS”.

Nonostante i continui boati della Sud impediscano di sentire chiaramente i cori degli ospiti, posso serenamente affermare che questi hanno sostenuto attivamente la loro squadra per l’intera durata della partita. Praticamente, non li ho mai visti fermi tra continui sventolii di bandiere, mani alzate o mani battenti. Il corista si dà veramente un gran daffare e, di tanto in tanto, qualche decibel isolato arriva persino alla mia postazione, decisamente collocata più verso la Curva Sud.

Mi dispiace non poter dire molto di più sugli ospiti, ma questo è il risultato della mia percezione. Sicuramente belle le esultanze e altrettanto sicuramente i bianconeri hanno onorato al meglio questo derby.

Nulla da dire neanche sul tifo della Sud, di alto livello e in alcuni frangenti veramente indiavolato, specie quando è l’intera Valascia a sostenere la GBB. Tantissimi gli effettivi in curva, gradevole il colore tra sciarpe, bandiere e due aste, tenuti assai a lungo diversi cori, notevoli i battimani. Anche qui, se ci sono state delle sbavature personalmente non le ho notate.

La seconda coreografia della Gioventù, tra primo e secondo periodo, è a sfondo goliardico: un “Lugano merda” viene tradotto e trascritto su più striscioni e in diverse lingue, tra cui, se non erro, il russo, l’ebraico e il cinese, senza disdegnare le lingue nazionali, l’inglese, lo spagnolo ed altre ancora. Lo striscione “main theme” recita “Tutto il mondo vi odia”.

Capitolo striscioni: ad inizio partita la Valascia dedica un minuto di silenzio per i cinque anni dalla scomparsa dell’ex-giocatore e dirigente dell’Ambrì Peter Jaks, di cui avevo raccontato la storia in uno dei miei precedenti articoli. Il raccoglimento è seguito dal coro “Fedeltà” scandito dalla Sud.

Un altro striscione della Gioventù recita “Multe, diffide, ammonimenti, Lega Hockey branco di pezzenti”: credo che contenuto e destinatari siano chiari.

Dedica “speciale” della Sud, invece, tra secondo e terzo periodo: “JJ dalla fogna sei arrivato… hai preso aria… e poi ci sei tornato”. Pur lasciandomi qualche dubbio, lo striscione dovrebbe essere rivolto a Jean-Jacques Aeschlimann, ex giocatore del Lugano, poi allenatore dell’Ambrì ed infine di nuovo dirigente del Lugano.

Tra terzo periodo ed extra-time ritrova spazio lo sfottò da derby con un “Non procreate per carità… fatelo per l’umanità”.

Il resto è tante emozioni, dalle tante sfaccettature della sfida sugli spalti all’andamento della partita sul ghiaccio, col Lugano avanti due volte ed altrettante volte riagguantato nel giro di pochi minuti. Fino all’epilogo finale ai tempi supplementari, con un finale decisamente inadatto ai deboli di cuore.

Stefano Severi.