Un leone ferito che ruggisce ancora. Questo è Teo Furleo, l’ultras fasanese rimasto gravemente ferito dall’esplosione di una potente bomba carta travestita da torcia di segnalazione, “torcia infame” la chiamano, avvenuta al termine della finale di Coppa Puglia di Promozione disputata contro il Cerignola, il giovedì precedente, sul campo neutro di Gravina in Puglia.

Teo, dicevamo, è un ultras di lungo corso, nonchè membro dell’associazione Il Fasano siamo Noi, e quella sera si era prestato a svolgere le mansioni di steward nei pressi del settore dello stadio occupato dai sostenitori fasanesi e, quindi, anche dai suoi stessi compagni di curva.

Al termine dell’incontro, vinto dal Cerignola per 1 a 0 ma che ha visto il Fasano combattere ad armi pari ed uscire dal campo a testa alta, mentre i giocatori biancoazzurri erano sotto il settore occupato da Allentati e Fasano Ultras per i ringraziamenti di rito, da un altro settore della stessa gradinata qualcuno ha lanciato in campo una torcia che Teo, per evitare che si danneggiasse il manto in erba sintetica, ha raccolto da terra.

Un attimo dopo la terribile esplosione che ha quasi completamente dilaniato la mano destra di Teo, provocandogli anche una ferita ad una gamba.

Ma per capire cosa ci facesse Teo, un ultras, in campo nelle vesti di steward, occorre fare un passo indietro e spiegare cosa sta avvenendo a Fasano ed al calcio fasanese da un po’ di tempo a questa parte.

Da alcuni mesi, infatti, la gestione della principale società calcististica di Fasano è affidata all’associazione Il Fasano siamo Noi, azionariato popolare che raggruppa tutti coloro, ultras e semplici tifosi, che hanno a cuore le sorti della U.S. Città di Fasano ed il relativo progetto sportivo e sociale che aveva accompagnato la rinascita stessa del calcio fasanese all’indomani dell’ennesimo fallimento. Fallimento che aveva escluso la compagine biancoazzurra dal campionato di Eccellenza pugliese, costringendola a ripartire dalla 2^ categoria.

E proprio l’associazione Il Fasano siamo Noi, che inizialmente era sorta con lo scopo di supportare le iniziative della U.S. Città di Fasano e, nel contempo, vigilare sul buon andamento del progetto stesso, ad un certo punto aveva deciso di mettersi in gioco in modo diretto, stante il progressivo disimpegno della proprietà che, inevitabilmente, aveva messo a rischio tutto quanto era stato fino ad allora progettato e realizzato per favorire la rinascita ed il definitivo rilancio del calcio fasanese.

Alla luce di tutto ciò, i soci de Il Fasano siamo Noi erano riusciti a convincere i dirigenti della U.S. Città di Fasano ad affidare a loro la gestione dell’intera struttura societaria, tanto della prima squadra quanto dell’intero settore giovanile, con l’obiettivo primario di portare a termine nel migliore dei modi la stagione sportiva attualmente in corso e traghettare poi l’intera compagine societaria verso una nuova proprietà.

Una nuova proprietà che, in futuro, potrebbe fare capo ad uno o più imprenditori disposti ad investire nel calcio fasanese oppure rimanere nelle mani della stessa associazione Il Fasano siamo Noi, che continuerebbe a gestirla secondo i principi dell’azionariato popolare.

Nel frattempo, quindi, essendo la gestione societaria affidata ai suoi stessi tifosi, questi si sono rimboccati le maniche e si sono subito messi al lavoro, suddividendosi compiti ed incarichi per portare avanti tutte le attività connesse alla stagione sportiva in corso.

Ecco spiegato perchè Teo, quel giorno, si trovasse in campo a svolgere le funzioni di steward.

E proprio il suo senso del dovere e di responsabilità ha fatto sì che, inconsapevolmente, sia stata evitata una ulteriore tragedia, visto che nei pressi del punto in cui è atterrata la torcia-bomba lanciata dagli spalti, c’erano altre persone, tra cui anche alcuni bambini che durante la partita avevano fatto da raccattapalle.

Che cosa abbia spinto l’autore dell’insensato gesto a fare ciò che ha fatto, rimane ancora inspiegabile, anche se forse è circoscrivibile alla pura e semplice stupidità.

Che cosa volesse dimostrare, lanciando in campo una bomba carta camuffata da torcia, lo dovrà spiegare lui, a tempo debito e a chi di dovere.

Inutile dire come un gesto del genere abbia finito per minare seriamente tutto quanto di buono era stato costruito fino a quel momento dai soci de Il Fasano siamo Noi, in particolare dai ragazzi degli Allentati e della Fasano Ultras che in questo progetto ci hanno messo la faccia, l’impegno, il tempo ed il lavoro, a costo di enormi sacrifici che, ancora una volta, hanno affrontato con caparbietà e determinazione.

Sì, perché non deve essere cosa facile ritrovarsi da un giorno all’altro a doversi improvvisare dirigente sportivo, se fino al giorno prima si è sempre e solo fatto l’ultras.

Ma i ragazzi della Curva Sud fasanese, come sempre, non si sono certo tirati indietro ed hanno accettato la nuova sfida con risultati che fino a questo momento li stanno premiando e ne confermano le qualità e le capacità.

Si arriva così, a soli tre giorni di distanza dalla maledetta serata di Gravina, alla partita odierna contro il Carovigno.

Per l’occasione la Curva Sud decide di rimanere a riflettere, in silenzio, per tutto il primo tempo, per rispetto nei confronti dell’amico Teo.

Con questo gesto gli ultras fasanesi intendono manifestare una sorta di assunzione di responsabilità, seppure indiretta, rispetto a ciò che è accaduto a Teo.

Di certo in loro c’è tanta amarezza per non essere riusciti ad impedirlo.

Magari, si dicono i ragazzi, se quella sera si fosse riusciti a controllare meglio tutti quelli che erano presenti nel settore fasanese dello stadio di Gravina (circa 500/600 persone), o se magari si fosse riusciti ad educare meglio, a suo tempo, quei personaggi che dimostravano meno di altri l’attitudine a stare in gruppo, ad adeguarsi alle regole ed ai codici di comportamento ultras, chissà.

Sta di fatto che di colpe, gli ultras della Curva Sud di Fasano, non ne hanno, dal momento che tutto nasce solo ed esclusivamente dalla stupidità di un singolo individuo che, è bene sottolinearlo, nulla ha a che fare con i gruppi ultras fasanesi.

Individuo che si era recato in trasferta per conto proprio e che aveva assistito alla partita da un punto della gradinata diverso rispetto a quello in cui si erano posizionati gli Allentati e la Fasano Ultras.

Tornando al match odierno contro il Carovigno, il primo tempo scorre in silenzio, senza tifo e senza cori di sostegno, malgrado i due goal messi a segno dal Fasano.

Gli unici suoni che si sentono sono rappresentati dallo sventolio delle bandiere biancoazzurre e dalle voci di due esponenti dei gruppi ultras della Curva Sud, che si rivolgono ai presenti con una serie di messaggi per far capire in maniera chiara e definitiva la gravità di quanto accaduto a Teo, ribadendo con forza che il gesto di un singolo, nel bene e nel male, finisce sempre per riflettersi sui gruppi e sulla curva, invitando perciò tutti i ragazzi e le ragazze presenti ad un maggiore senso di responsabilità.

Con l’inizio del secondo tempo, prende il via anche il tifo, perchè si vuole ritornare alla normalità, c’è bisogno di tornare alla normalità.

Ed il sostegno che ne viene fuori è senza dubbio lo specchio del momento che sta vivendo la Curva SudRabbioso ma allo stesso tempo orgoglioso.

Si canta di rabbia per Teo, prima di tutto. Per quell’amico ferito, costretto in ospedale a Bari e che tutti vorrebbero avere in curva al proprio fianco.

E si canta di orgoglio per la propria curva, per il proprio credo ultras, per amore della maglia e per la propria terra, che nel loro piccolo stanno cercando di rendere un posto migliore in cui vivere, anche attraverso una squadra di calcio che si vuol far sopravvivere e rilanciare.

Perché i ragazi della Curva Sud lo sanno bene, l’hanno imparato a loro spese nel corso degli anni, mangiando polvere e fango… il calcio, da queste parti non è soltanto un gioco, è molto di più.

È aggregazione, è socialità ed aiuta a creare un senso di appartenenza e di unione tra la gente che vive nella stessa terra, tra mille sacrifici, tra mille illusioni ed altrettante delusioni.

La stessa gente che attraverso il calcio, almeno una volta ogni tanto, può sentirsi orgogliosa di qualcosa che gli appartiene e a cui sente di appartenere.

Questo e molto altro è per tutti loro l’Unione Sportiva Città di Fasano. Questo e molto altro stanno cercando di far sopravvivere, a costo di enormi sacrifici.

E tutto ciò, oggi, io lo riesco a sentire. Nei loro cori, nei battimani, nel continuo e fiero sventolio delle bandiere con il simbolo della città di Fasano, che svetta nel cielo limpido di questo luminoso pomeriggio di fine Febbraio.

E le stesse sensazioni, evidentemente, devono provarle anche i giocatori in maglia biancoazzurra che, immancabilmente, a fine partita si recano sotto la curva per raccogliere i meritati applausi e per partecipare ai cori degli ultras.

Quegli stessi calciatori che, pur di continuare a fare parte di questo progetto e di questa piccola grande storia, hanno scelto di restare, rinunciando ai loro già magri compensi.

Una piccola grande storia a cui ho la fortuna di poter assistere anch’io e che un giorno, ne sono certo, racconterò come l’inizio di tutto. Di tutto ciò che di buono ed importante il futuro ha in serbo per la U.S. Città di Fasano e per i suoi sostenitori.

Arriva il momento dei saluti e, come sempre, non è facile congedarmi dagli amici di Fasano. Ma cerco di farlo con il sorriso e, fortunatamente, a darmi un po’ di buonumonore ci pensa l’incontro che faccio con il sosia locale di Cristiano Ronaldo.

L’ultimo pensiero della giornata è per Teo, l’ultras che si è improvvisato steward per dare una mano alla sua squadra del cuore e che, con il suo inconsapevole sacrificio, ha forse evitato che la tragedia colpisse qualche altro innocente.

Teo, con la sua grande forza d’animo, che non gli ha tolto il sorriso e gli fa addirittura dire che in fondo, poteva andarmi anche peggio.

E certe cose, si sa, le dice solo chi ha un coraggio da leone. Un leone ferito, sì, ma che ruggisce ancora.

 

Testo di Giangiuseppe Gassi.
Foto di Uccio “Fasanboy” Laguardia.