Fiorentina-Sampdoria è una di quelle sfide che sa di vecchio calcio.
Sarà per il contrasto cromatico. Sarà per una lunga sequela di incidenti e tensioni che negli anni hanno caratterizzato questa sfida. Sarà perché immaginare il giglio e il Baciccia in contrapposizione ci fa venire in mente le falcate di Antognoni e le magie di Roberto Mancini.
Sarà perché questa partita disputata in Coppa Italia, alle 17:30, assume dei contorni particolarmente unici. Per pochi intimi. Ingiusto dire “solo per quelli che ci tengono”. Ingiusto considerando il lavoro che molti non possono lasciare. Ad esempio.
Ma questa è la coppa nazionale in Italia. Persino stucchevole tornarci su. Una formula che con gli anni è divenuta sempre più discriminatoria verso le squadre meno forti e ha reso quella che potrebbe essere la più bella rassegna calcistica del Paese – in grado di far sognare le proverbiali Cenerentole – nello specchio più fedele del nostro pallone: letteralmente ridicola.
A coronamento di tutto ciò ci sono poi, per l’appunto, orari improbabili. Tutti questi soloni “carciofari” che ci tediano quotidianamente parlando di “famiglie allo stadio” e puntano il dito contro la violenza, lo sanno che se in questa partita non ci fosse stato il tifo organizzato si sarebbe giocato praticamente a porte chiuse?
Rimane allora da convertire la realtà e prendere ciò che di bello ci offre. Lo scenario di un Franchi semivuoto, lo zoccolo duro della Fiesole che si compatta al centro e non molla per 90′ al suono dei suoi tamburi e il ritorno nel capoluogo toscano degli ultras doriani.
Un revival niente male. Con i loro bandieroni, la loro voce e il loro modo di vivere la curva che offre sempre qualche spunto di unicità. Un po’ come i tanti cori originali coniati negli anni dalla tifoseria blucerchiata.
Sono 150/200 nel formaggino e non ce n’è uno che smetta di cantare durante tutto l’arco della partita. È questo il motivo che ancora mi spinge a impegnare giornate intere e sferragliare su lenti treni regionali. La coscienza che in queste sfide ci troverai solo gli ultras e tornerai a casa soddisfatto, perché in fondo a quanti altri è interessato questo Fiorentina-Sampdoria? In molti non si sono presi la briga di partire da Prato o da Figline per venire allo stadio, figuriamoci se qualcuno ci sarebbe venuto da Roma.
Però i colori a macchia, quelli che scaldano il grigio dei seggiolini del Franchi, meritano rispetto. Perché in questi casi nascondono comunque un sacrificio e una passione indelebile. Un po’ come le sciarpate effettuate dalle due tifoserie. Un po’ come l’esultanza liberatoria della Fiesole al rigore del 3-2 a tempo scaduto.
C’è da dire che questa stagione un qualcosa di “nuovo” lo ha portato. Magari non sempre, ma rivedere alcune tifoserie in trasferta è stata una immensa iniezione di fiducia verso chi, negli ultimi dieci anni, ha visto a poco a poco ingiallire il mondo ultras. Senza striscioni, senza ospiti, senza tamburi. Senza.
Sta scendendo un freddo umido su Firenze, quando alquanto trafelato mi avvio verso Campo di Marte, per non perdere il primo treno utile per Roma. È dicembre del 2017 e forse dovrei dedicare questo tempo ad altro. Ma quando mi guardo dietro, con alcuni ragazzi fomentati dall’esser stati in curva e il treno che sta per arrivare, riconosco il mio ambiente. Mi entra prepotente nei polmoni e lo respiro appieno.
Non ne potrei mai fare a meno.
Simone Meloni