La malattia per il tifo, contestualmente alla pianificazione di un qualsiasi viaggio, in questo caso quello delle ferie pasquali, porta inevitabilmente a incrociare i calendari di calcio nella speranza di trovare nei dintorni un qualsiasi confronto ultras di un certo interesse. Nel mio caso specifico la scelta ricade su FoggiaPro Vercelli. Motivata più dalla prossimità geografica e dallo splendido periodo di forma della tifoseria rossonera che non dal confronto in sé.

A dirla tutta il confronto che alla vigilia poteva sembrare improponibile per i rapporti di forza in campo, s’è trasformato in un monologo, visto che nel settore ospiti della tifoseria organizzata vercellese non vi è traccia. Ora va bene che è giovedì, che Vercelli non è dietro l’angolo, che i numeri non sono mai stati la forza di questa realtà, che lo stucchevole manuale non scritto della “mentalità”, all’articolo 4 comma 12 sulle trasferte sembra più un atto di penitenza che non di fede e divertimento, però per me un’assenza di un qualsiasi gruppo ultras, in qualsiasi trasferta, è pur sempre una delusione e inevitabilmente si sedimenta come giudizio, ovviamente negativo.

Lo “Zaccheria” nel frattempo si riempie alla spicciolata, visto l’infrasettimanale, ma alla fine risulta ben pieno e fervente di iniziative sin dal pre-partita, con striscioni per ricordare Sandrino, ultras rossonero di lunga data scomparso nei giorni immediatamente precedenti la gara, che si alzano in entrambe le curve. La Nord, sempre in tema di cordoglio, espone in immediata successione uno striscione per onorare i due vigili del fuoco morti durante l’esplosione di una palazzina a Catania e poi, nel secondo tempo, uno per Franco Mancini, lo storico portiere del Foggia degli anni ’90 a cui è dedicato il loro stesso settore.

La memoria monopolizza la giornata, con la Curva Nord che dedica uno striscione a Piero Lasalandra, una delle figure di spicco della Sud e di tutto il tifo foggiano, seguito da cori univoci dei due settori. Stessa scena ma a curve invertite nel secondo tempo, quando è la Sud a ricordare il suo “condottiero” in occasione dell’anniversario della scomparsa. La sinergia canora fra i settori viene replicata quando, sempre la Sud alza il messaggio: “Procura e tribunali noi non siamo criminali”, sottolineato da cori in “stereofonia” contro la repressione che raccontano fra le righe di come i dissapori fra le due parti di inizio stagione appartengano ormai al passato remoto.

Il tifo propriamente detto, ossia quello vocale, non è forse di quelli da ascrivere all’antologia ultras, non pazzesco insomma, ma sicuramente buono. Fermo restando che due curve di questo livello sono un lusso che ormai nemmeno più le realtà metropolitane possono permettersi, e che sommate assieme varrebbero davvero ai foggiani la top ten italiana degli ultras, almeno in questo periodo storico.

fra la Nord e la Sud è la prima a farsi preferire per continuità, potenza, varietà dei cori e per colore in genere, con le sbandierate e le sciarpate (molto fitta e bella quella “ondeggiante” della Nord, un po’ meno partecipata quella della curva opposta) rinforzate da diverse torce che, a più riprese, vengono accese prudentemente nella calca, per sfuggire agli sguardi molesti dei censori. I tamburi sostengono ottimamente il ritmo dei cori e dei battimani aiutando a superare in scioltezza anche le fasi di calo fisiologico-vocale e coinvolgere in maniera contagiosa la folla nei momenti di entusiasmo: già che l’Italia ha candidato la transumanza a patrimonio dell’Unesco, il mondo ultras potrebbe fare altrettanto con il tamburo se non fosse che, in uno slancio “scimmiottesco” di esterofilia, ha archiviato come “subumani” i suoi tratti peculiari più passionali preferendogli la compostezza castrante nordeuropea per non spiegazzare l’ultimo Burberry, l’omologazione più abietta a modelli di mercato, prezzi e stili di vita che sono tutt’altro che popolari o inclusivi come vorrebbe essere il mondo delle gradinate nei suoi principii ispiratori. Potrei capire se, al pari degli scousers in trasferta in Europa negli anni ’80, si andassero a rubare quei capi costosi quanto uno stipendio medio di un operaio, in tutti gli altri casi sono adesioni che singolarmente accetto come libertà e gusto personale, in maniera così massiva come negli ultimi anni non son altro che l’ennesima prova provata di quanto anche la carica antagonista e ribellistica del mondo degli stadi sia stata ridotta a mero campione alla mercé del marketing e della manipolazione esterna commerciale o politica che sia.

Tornando al tifo, dopo un primo tempo straordinario, il secondo si assesta su ritmi sufficienti, con il sostegno alla squadra e il colore che non verranno comunque meno, non scenderanno mai sotto gli standard minimi. D’altronde anche l’evolversi della contesa in campo ha fatto da catalizzatore grazie alla bella rimonta della squadra di mister Stroppa che, dopo aver subito il vantaggio vercellese a firma Reginaldo, in cinque minuti a cavallo fra il ventiduesimo e il ventisettesimo, ribalta a proprio favore la gara grazie alle reti di Deli e Martinelli. Da segnalare le esultanze per i goal (la prima soprattutto…) che sono due autentici ruggiti, due boati poderosi come non sentivo ormai da tempo, in un periodo storico in cui la gente allo stadio sembra andare più per abitudine, quasi con noia e la partecipazione si limita a mero esibizionismo con un coinvolgimento emotivo, vocale e fisico pari a quello del bradipo durante la riproduzione.

Così ì secondi quarantacinque scivolano via un po’ più stancamente, seppur come detto gli elementi di interesse non manchino nemmeno in questo frangente, fra striscioni, pirotecnica, sciarpate, manate e cori contro Bari. Per il principio dei vasi comunicanti, qualche attenzione in più si sposta dal tifo sugli spalti a quanto avviene nel rettangolo verde, dove il Foggia congela la partita anziché chiuderla e la Pro Vercelli onestamente fa poco o nulla per rimetterla in discussione, anche se in qualche contropiede isolato e negli ultimi minuti, fa correre più di qualche brivido sulla schiena dei presenti.

Alla fine dei cinque minuti di recupero non cambia nulla, così il Foggia si riscatta dalla sconfitta di Parma avvicinando la zona playoff e distanziando forse decisivamente quella playout che era stata una sorta di incubo nella parte iniziale di stagione. Sconfitta funesta per la Pro, che si ritrova sola al penultimo posto dopo la contemporanea vittoria dell’Ascoli contro il Bari. La festa quindi è tutta rossonera, con la squadra che festeggia sotto entrambi i settori che, ancora una volta, offrono un sussulto di potenza e colore, grazie alle ultime torce di giornata. Oggi come oggi Foggia è una tifoseria che vale assolutamente la pena di vedere all’opera, come già detto fra le più in forma del panorama nostrano, senza scambiar questo per un mero fuoco di paglia per la ritrovata cadetteria dopo vent’anni: la tradizione ultras della piazza parla chiaro in tal senso e nessuno si può inventare dal nulla.

Matteo Falcone