Prima di approcciare al libro, liberiamoci dal fardello dei dettagli tecnici: Einaudi Super ET del 2014, a cura di Paolo Collo, 206 pagine copertina flessibile; 12,00 € su (Mondadori Store) ISBN 9788806223168
Venendo al libro vero e proprio nei suoi contenuti, Osvaldo riesce a creare una perla rara, un viaggio attraverso il Sud America; il calcio ne diventa un mezzo più che il fine.
Le fasi di vita di Soriano vanno di pari passo con il mutare dell’ambiente che lo circonda.
Il giovane Soriano, calciatore del Confluencia, che racconta i campi polverosi argentini, un far west dai contorni latini, intrisi di povertà, di rabbia che sa di rivalsa: per chi assiepa gli spalti, la stessa sorte che vivono i ventidue che corrono su quel prato che sembra terra. Quel riscatto sociale che passa attraverso l’ambizione, un giorno, di poter giocare in Europa o nelle squadre Argentine che contano, laddove corruzione e la mancanza di qualsiasi regola in campo, possono essere il non etico trampolino.
Tante le storie dei protagonisti tra calciatori, allenatori e non solo. Tuttavia, non ritroverete mai una scissione definita tra buoni e cattivi, al massimo esempi negativi e positivi, raccontati dalla penna sapiente di Soriano che ne traccerà tutte le loro sfumature: tra miserie e fragilità, azioni e conseguenze degli uomini prima ancora che addetti al campo.
Soriano, per colpa di un infortunio appenderà le scarpe al chiodo, intraprendendo così la carriera da giornalista: sarà un viaggio nella storia argentina, tra flashback che rimandano all’infanzia come il capitolo L’autunno del 53’, ricordo del Peronismo e della morte di Evita. Mentre il Soriano calciatore in erba, avrebbe affrontato gli inglesi proprio a Port Stanley. Le ferite del post Malvinas, laddove l’Argentina perderà la guerra contro l’Inghilterra, col conseguente dissesto economico e l’umiliazione di un Paese. Il tutto, rivissuto nei gesti estremizzati, tragicomici, tra il consigliere municipale Clifton e Don Salvatore il pianista del Colon: quando la Mano de Dios diede quella rivincita sportiva alla sua Patria, dopo aver perso le isole Malvinas, battezzate Falkland dagli inglesi. Un filo diretto lungo una storia di conflitti.
In quelle duecento pagine e più, tanti i racconti: ritroverete il celebre capitolo dedicato al capitano dell’Uruguay Obdulio Varela, famoso per aver vinto la finale di Coppa del Mondo contro il Brasile al Maracanà, un testo che ha rivissuto un nuovo splendore nel reading di Tony Servillo. Il calcio è il mezzo non il fine.
Nei racconti traspare e riesce ad avere una sua rappresentazione pregna, quando attraverso le memorie dello zio Casimiro, si racconta di questo Mondiale in Patagonia nel 1942 che non avrà riscontro storico, giocato tra non professionisti: elettrotecnici del Terzo Reich, i guaranies, gli anarchici italiani e gli antifascisti, i cacciatori d’oro argentini e gli indios mapuches. Il Mondiale si sviluppa nei vari capitoli, Soriano raffigura partite e panorami che si astraggono da qualsiasi convenzionale evento sportivo, per riflettere il punctum su uno scontro tra popoli, con le loro identità storico-politiche e i loro cambiamenti sociali. Il calcio non come semplice sport, bensì fenomeno sociale per raccontare il Mondo. Mezzo e dunque non il fine.
Gian Luca Sapere