Luca Della Pietra è là. Per terra. Sotto la traversa della porta che ha difeso con le unghie e con i denti, salvando gol che sembravano già fatti nei turni precedenti, e infondendo nei compagni di squadra quella fiducia che ha portato il Cassino fino alle semifinali. Piange. Perché nel calcio, laddove ancora si può definire così, i sentimenti sono i veri e propri padroni del vapore. Poco dopo si alzerà, per andare sotto la Laterale Sud e lanciare la propria casacca pregna di sudore. Ancora con le lacrime in volto. Righe trasparenti e bagnate che scendono sulle guance. Come quelle dei tifosi sugli spalti. Scioccati e seduti.

Il Cassino non ce l’ha fatta. È stato eliminato nel modo più crudele possibile. Ma anche nel modo più classico che questo sport contempla. Al calcio, infatti, si possono addossare tanti difetti e tante mancanze, ma da sempre è foriero di un insegnamento fondamentale: quando si è troppo leziosi, quando non si concretizzano le occasioni e quando non si chiudono subito i giochi, stai pur certo che prima o poi ti arriverà una mazzata che ricorderai negli anni. Soltanto una settimana prima, a Mazara, i biancoblu avevano chiuso la prima frazione di gioco sullo 0-3. Facendosi incredibilmente riprendere nella ripresa.

La scena finale è di una struggente antitesi tra le due componenti. Increduli i siciliani, tramortiti i laziali. La massima espressione del calcio. Quella dove il sentimento ha preso il sopravvento su tutto. Quella impossibile da annusare o vedere nelle competizioni mainstream. Qua siamo lontani anni luce dalle Champions League e dai capelli meticolosamente pettinati delle star palla al piede. Il dramma sportivo è un qualcosa che si consuma di fronte agli occhi di un pubblico che oggi ha dato tutto, dall’inizio alla fine, dimostrando ancora una volta come Cassino sia una piazza meritevole di ben altri lidi, non ce ne voglia nessuno, neanche il Mazara, bravo e cinico a sfruttare le negligenze degli avversari, approdando alla finale di Firenze.

Era cominciato con tutt’altri auspici il caldo pomeriggio del Salveti. Oltre trenta gradi a inizio aprile fungevano da anestetizzante per una tensione che cresceva spasmodica. Tagliabile con il coltello, potremmo dire. I giocatori in fase di riscaldamento, il pubblico cassinate che, dopo tanti anni, torna ad affollare numeroso le gradinate e spende i giri di quadrante che precedono il fischio d’inizio nel preparare la coreografia. Il settore ospiti che va man mano popolandosi di tifosi giunti dalla lontana Sicilia, anche loro con tante speranze nel cuore.

C’è profumo di pallone in ogni angolo di campo. Il calcio dilettantistico sa ancora prenderti per mano e regalarti la gioia di aver scelto questo sport come palco dal quale raccogliere sentimenti. Spesso beceri, altre volte paragonabili a cose (che sarebbero) ben più importanti nella vita.

Ore 14,30. Le squadre fanno il loro ingresso sul terreno di gioco. Il sole picchia forte, tanto che a livello climatico sembra di giocare a campi invertiti. I raggi sbattono su Montecassino, scendendo perpendicolari sull’erba dello stadio, che emana umidità profumata di campo incolto, mentre di fronte a me si dipana la coreografia degli ultras di casa. Manco a dirlo è l’Abbazia ad essere protagonista. Simbolo cittadino, storico e significativo. Non ci sarebbe neanche bisogno di spiegare cosa vuol dire questa costruzione per gli abitanti del luogo. Oltre al mero significato religioso, è un’icona di come la città abbia saputo resistere a una guerra che, da una parte e dall’altra, ha letteralmente massacrato buona parte della Terra di Lavoro, della Ciociaria e dell’Agro Pontino. Al netto di divisioni campanilistiche, che per ovvie ragioni passano in secondo piano di fronte alla viltà di chi ha distrutto, e in tanti casi stuprato mentalmente e fisicamente, le zone di cui sopra.

Ma non perdiamoci troppo in altri discorsi. Anche su fronte mazarese fa la sua comparsa una coreografia. Semplice, fatta di bandierine gialloblu, ma ben riuscita. Peraltro, se penso alla Mazara calcistica, non posso evitare di rammentare la Brigata Sudista, storico gruppo gialloblu che ai bei tempi faceva regolarmente la sua comparsa sul mitico Supertifo. Oggi i tifosi siculi espongono soltanto lo striscione Ultras, comunque ben fatto.

Che la contesa calcistica sia complicata e difficile da districare, soprattutto per i padroni di casa, lo si capisce quasi da subito. Dopo solo un quarto d’ora l’esperto David Masciantonio si fa espellere per fallo di reazione. Giusto? Sbagliato? Decisione esagerata del direttore di gara? Ai posteri l’ardua sentenza. Di sicuro è un passaggio fondamentale per l’economia dell’intera gara. Il Cassino fatica incredibilmente, anche se gli avversari, pur tenendo in mano il pallino del gioco, non riescono a rendersi pericolosi. Il pubblico lo capisce, la Laterale Sud sfodera una prestazione maiuscola in tutto e per tutto. Gettando davvero il cuore oltre l’ostacolo.

Eppure, tornando a parlare di quel fato con cui abbiamo aperto l’articolo, quel fato misto alla dura legge del calcio, nella ripresa un episodio cosparge inquietudine e cattivi presagi nell’anima dei tifosi locali. Il Cassino ha l’occasione per mettere il punto finale al discorso qualificazione. Il direttore di gara assegna un rigore ai laziali ed espelle un giocatore ospite. Sul dischetto va Longobardi, la sua traiettoria spiazza l’estremo difensore mazarese ma il pallone impatta sul palo tornando in gioco. Chi mastica minimamente di calcio sa, e lo sa molto bene, che tutta questa serie di circostanze ha un suo risvolto della medaglia ben definito. E si materializza una ventina di minuti dopo, quando i gialloblu, sugli sviluppi di un corner, trovano la rete che ammutolisce letteralmente il Salveti e fa esplodere il settore ospiti, fino ad allora autore di un tifo buono, anche se intervallato da qualche pausa di troppo.

Il rush finale è un qualcosa di totalmente inutile. Come da copione in questi casi. Casi in cui è anche difficile scindere il tifo dalla partita. Il fischio finale, come detto, è l’apoteosi da una parte, il risveglio brusco, terribile, dall’altra. Una di quelle giornate che lasceranno il segno nel cuore dei presenti ma che, per come la vedo io, ha la possibilità di rafforzare il senso di appartenenza e il sentimento verso la propria città. Ovvio che, senza girarci attorno, sono le vittorie a creare entusiasmo, permettendo di ingrossare le fila e ampliare il seguito, ma anche l’intensità di come è maturata una sconfitta, la tensione massima vissuta per 90′, può essere inaspettata alleata alle volte.

Esattamente come il pianto di Della Pietra e dei suoi compagni. Rinfrancati dai giocatori avversari, che con un bel gesto di sportività, prima di andare a festeggiare con i propri tifosi, tentano di rialzare i giocatori del Cassino da terra.

L’ultima scena della giornata purtroppo non è bella, ma esemplificativa. Da lontano noto una rappresentante delle forze dell’ordine invitare i tifosi isolani, con maniere tutt’altro che gentili, a togliere gli striscioni per andarsene. Purtroppo non ha fatto i conti con i giocatori gialloblu, che pochi istanti dopo giungono sotto al settore per festeggiare. Anche loro vengono apostrofati dal soggetto in questione, che li invita ad andarsene per far sfollare il settore ospiti. Tra l’euforia c’è chi invita a ballare la funzionaria della PS e chi addirittura le bacia le mani, provocando ancor più la sua ira funesta.

Anche il sottoscritto, soltanto per aver effettuato qualche scatto in più ai mazaresi, viene redarguito e invitato a uscire. Del resto poi ci si chiede come mai il rapporto tra tifosi e istituzioni sia tutt’altro che amichevole. E qualcuno ha anche il coraggio di stigmatizzare il comportamento dei tifosi, da sempre poco inclini al dialogo con le forze dell’ordine. Beh, se in una partita di Eccellenza, con le due tifoserie tranquillissime e con una festa in corso, si debbono usare le maniere forti, senza giustificazione alcuna, la risposta è presto servita. Da una parte parliamo di SLO, di incontri e di pacificazione, dall’altra poi, come Paese, dimostriamo tutta l’atavica arretratezza e l’incompetenza anche in situazione facilmente gestibili. Contenti voi, scontenti tutti.

Simone Meloni.