Estrema periferia sud est. A pochi chilometri dalla linea del Raccordo Anulare che, convenzionalmente, demarca il confine tra l’area metropolitana della Capitale e il suo hinterland. Siamo a Tor Sapienza, una delle tante zone periferiche di Roma che si riconosce dietro al prefisso Tor. Un’abbreviazione quasi poetica, divenuta poi sinonimo di rudezza applicata alle borgate romane, che indica abbastanza palesemente la presenza di una torre, in questo caso duecentesca, trasformata poi in casale e arrivata persino a essere un magazzino per munizioni tedesche, nella seconda guerra mondiale.

Il fatto che questo ex innalzamento abbastanza elegante, decorato da laterizi e merli quadrati in cima alle mura, sia seguito dalla parola Sapienza, lo si deve agli studenti perugini del Collegio di San Girolamo, che lo rinominarono “Sapienza nuova”. Breve ma efficace spiegazioni a chi si chiede come mai in determinate aree esistano delle nomenclature che tante volte si ripetono all’infinito.

Inoltre ho trovato sempre queste zone molto interessanti a livello sociale e strutturale. Basti pensare al campo di oggi, quel Giorgio Castelli che prende le vere e proprie dimensioni di uno stadio. Non inferiore a tanti impianti della Serie D e, perché no, della Lega Pro. Incastonato tra le case, con le tribune dipinte con i colori sociali della squadra che vi gioca e il nome che richiama alla memoria di un ragazzo precocemente scomparso dietro a un pallone, per arresto cardiaco. Perché il calcio dà tanto, ma spesso toglie inesorabilmente.

Si respira profumo di semplicità entrando dalla Via Collatina, una delle arterie più trafficate della Capitale. Le villette a schiera si affollano le une sopra le altre, sovrastate dai palazzi e dalle abitazioni più o meno ordinate che danno vita alla borgata. Inaugurata nel 1923, dal ferroviere molisano Michele Testa, padre della “Cooperativa Tor Sapienza dell’Agro Romano”.

Il cancello dello stadio è aperto. Nessun obolo da pagare, nessun biglietto e nessuna macchina della polizia. Nonostante si tratti di Eccellenza, il gradino più alto del calcio regionale, il clima è quello da calcio dilettantistico in tutto e per tutto. Nella sua accezione migliore. Più rilassata e ludica. Entrare nel cuore degli spogliatoi, con tutta la sacralità e i rituali dei giocatori che stanno per fare il loro ingresso in campo, è sempre un qualcosa di particolare e a tratti suggestivo. Dall’odore delle casacche pulite al custode del campo, che Dio glorifichi questa vetusta e romantica figura, che ti porge la pettorina per entrare sul terreno di gioco.

Nel frattempo sugli spalti i ragazzi di casa hanno preso posto dietro le proprie pezze. Tor Sapienza è stata una delle prime piazze capitoline a poter contare su un supporto abbastanza continuo. Un discorso che i Wardens, letteralmente Guardiani, portano avanti con dedizione, sfruttando anche l’ottimo trend del Real, che in pochi anni ha saputo scalare la piramide calcistica regionale. Dall’altra parte c’è una realtà attiva da un paio di anni, quella di Fregene, frazione del comune di Fiumicino e rinomata zona marina dove da giugno in poi è quasi impossibile trovare un lembo di spiaggia dove stendere il proprio telo.

È proprio la presenza di due tifoserie che mi ha attirato. Quando metto piede sul sintetico del Castelli ci sono soltanto i ragazzi di casa, i biancorossi, infatti, faranno il proprio ingresso qualche minuto dopo, a match iniziato. Per quanto riguarda gli ultras gialloverdi, devo dire che resto ben impressionato. Nell’arco dei novanta minuti non smettono mai di cantare, alternando cori a rispondere a canti tenuti a lungo e belle manate, il tutto contraddistinto da un’impeccabile intensità e dal colore delle bandierine che nella ripresa sventolano incessantemente, nonostante in campo le cose si mettano male sin dalle prime battute, quando i tirrenici trovano la rete del vantaggio.

Si vede che c’è unità d’intenti e che i presenti non sono sulle gradinate per caso. La sincronia dei movimenti, le movenze e l’approccio al tifo fanno intuire che dietro le quinte viene svolto un ottimo lavoro. Ovviamente, come dico sempre in questi casi, la cartina al tornasole sarà la continuità che questi ragazzi riusciranno a dare alla propria militanza, aspetto fondamentale e certamente più difficile tra le componenti di un gruppo di quartiere.

Su fronte fregenate, i presenti esordiscono con una discreta sbandierata e una fumogenata che colora il proprio settore. Diverse manate e cori nella prima frazione, mentre nella ripresa il tifo andrà lentamente a spegnersi. Divertenti le pezze che ironizzano sulla loro provenienza marina.

In campo finisce con la vittoria per 2-0 del Fregene. Ciononostante fioccano applausi anche per il Tor Sapienza, mentre io, per non rimanere imbottigliato nelle strette viuzze adiacenti lo stadio, esco con netta solerzia qualche secondo dopo il fischio finale, con il sole che questa mattina mi regala una giornata più adatta a luglio che ad aprile, e la netta certezza che di questi tempi sempre più ragazzi sentono il bisogno di sfogare il proprio bisogno di calcio tornando alle origini, dando lustro e visibilità alla squadra con cui hanno giocato da piccoli o che gioca semplicemente sotto casa. E anche solo il fatto che abbiano ancora questa cultura di appartenenza calcistica, a prescindere dai modi e dalle maniere di come viene messa in atto, è un dato significativo e a tratti rinfrancante. Soprattutto in quelle borgate divenute negli anni simbolo di una Roma che, inoltrandosi verso il centro, sta scomparendo lentamente.

Simone Meloni.