Ogni tanto le vecchie abitudini riemergono e ti viene voglia di restare un po’ di più fuori dallo stadio, prima della partita.
Dall’impulso accelerato dei sensi, si capisce che non è una partita qualunque. L’agitazione nei passi frettolosi che vanno verso San Siro è palpabile. Il blu dei lampeggianti riflette nella patina di pioggia che ha ricoperto Milano.
Suoni, clacson, qualche sirena. Davanti all’ingresso del settore ospiti, in un corteo controllatissimo, stanno arrivando gli ultras del Napoli.
Mi dirigo verso il corridoio che porta alle poco simpatiche perquisizioni, in attesa del loro passaggio. Dopo un po’ di moderata agitazione, la telecamera della Digos dietro i caschi trasparenti cerca di non farsi sfuggire nulla dell’ordinato passaggio degli ultras partenopei.
Pochi, dico tra me e me. Non è più il tempo delle fiumane infinite e di cori cantati a squarciagola per sfidare gli avversari al gioco della supremazia territoriale.
È il momento di andare dalla parte opposta, sotto la Nord, per vedere che aria tira. Un napoletano, col suo inconfondibile accento e i decibel alti, parla con qualcuno al telefono. Fino a poco tempo fa, quella telefonata non sarebbe mai avvenuta o sarebbe stata troncata anzitempo per un sopraggiunto imprevisto.
La rivalità è palpabile nei ragazzi che inveiscono contro i “terroni” e in qualche coro cantato da piccoli gruppetti. Una rivalità all’ovatta rispetto ad un passato elettrico.
Il campo chiede altre sfide. Da una parte c’è quel popolo che nell’ultimo minuto di un ormai rassegnato Napoli-Roma ha applaudito in maniera spontanea quanto commovente la sua squadra, per cercare di squarciare almeno col cuore la logica di un altro campionato dall’esito scontato.
Dall’altra parte c’è una squadra che, dopo aver rinunciato alle pretese scudetto, cerca di rientrare nel treno Champions per onorare gli appena compiuti 110 anni di storia del club.
In settimana, per festeggiare questo prestigioso anniversario, la Curva Nord si è data appuntamento al Naviglio Grande (dove una targa ricorda la prima partita del club) per organizzare una mega-torciata che ha rischiarato l’umida serata milanese. Il numeroso corteo ha preso il possesso del centro città per una sera e si è infine ritrovato in Piazza Duomo per concludere al meglio la serata.
Una settimana di orgoglio interista che idealmente termina proprio stasera contro il Napoli. Già dalle voci fuori dalla curva capisco che ci sarà una coreografia per onorare la ricorrenza nel suo teatro più naturale.
Il display luminoso all’esterno di San Siro segnala che tutti i residenti della Campania devono essere provvisti di tessera del tifoso, e questo toglierà quel condimento aggiuntivo ad una serata comunque interessante.
I numeri sugli spalti stavolta sono importanti e tutto l’anello centrale è “sold-out”. Anche il settore ad alta quota destinato agli ospiti fa segnare cifre di tutto rispetto e anche qui si arriva ad un quasi tutto esaurito, con qualche vuoto giusto ai margini. In basso lo striscione della Curva A rappresenta gli ultras partenopei, mentre in alto, spazio alla rappresentanza dei vari club di napoletani fuori sede.
Già dall’antipasto si capisce che la rivalità fra le due fazioni è salda e non concede sconti di sorta. La curva nerazzurra mostra in balaustra le pezze dei gemellati di Varese e Valencia.
L’entrata in campo delle squadre è accolta con entusiasmo e tante bandiere un po’ in tutto lo stadio, specie nelle curve. Ma in Nord la scena, immortalata da telefonini di tutti i settori, è tutta per la coreografia dedicata ai 110 anni del club, anticipata da un’animazione sul maxischermo della tribuna che ripercorre, con qualche boato generale, gli highlight di una storia importante.
Dopo la festa il silenzio, per ricordare sia la tragedia di Davide Astori, sia la scomparsa di Gian Marco Moratti, fratello del sempre amato presidente Angelo.
La realtà riprende la supremazia e sono subito gli ospiti a prendere di petto i rivali interisti. Sarà l’inizio di uno scambio fitto di “complimenti” lungo tutta la partita. Anzi, soprattutto su sponda interista, i cori più gettonati sono gli evergreen anti-Napoli conosciuti e cantati da molte curve d’Italia, mentre gli azzurri usano, come fanno sempre, l’arma dell’ironia per rispondere uno ad uno.
La Curva Nord, forte dei suoi effettivi, riesce ad offrire un sostegno di buona qualità, con alcuni picchi di alta intensità, diversi battimani e molto colore. Si vede che l’importanza della partita ha dato degli stimoli in più rispetto ad altre partite sottotono.
Anche dal settore ospiti i cori si innalzano con una certa potenza, grazie all’aiuto abbastanza continuo di una buona parte di settore. Nonostante i tempi non siano i migliori per giudicare la sostanza di qualsiasi tifoseria, la presenza proattiva dei supporter azzurri conferma una passionalità che poche piazze possono vantare.
Il primo tempo, avaro di vere occasioni, si perde in uno 0-0 frutto di squadre molto rigide, concrete ma poco fantasiose.
Il secondo tempo è più emozionante, in campo e sugli spalti. Le gambe dei giocatori ingranano, così come la voce delle curve. Per diversi minuti, nella parte centrale del secondo tempo, si torna indietro nel tempo con torce da una parte e dall’altra.
I napoletani toccano un picco emozionante e prolungato sulle note di Noemi, mentre su sponda interista due battimani consecutivi trascinano tutta la curva e la consecutiva sciarpata fa il suo degno effetto.
Diciamo che 10 minuti così come quelli tra il 65° e il 75° di questa partita, se riproposti con più frequenza, darebbero una nuova luce al nostro movimento, troppo spesso oscurato dalla mancanza di entusiasmo di chi ancora c’è, soprattutto dei più giovani.
Dopo si va in calando, con gli ultimi picchi e qualche scampolo di emozione, prima di uno 0-0 che non piace a nessuno ma che, ai punti, soddisfa di più i nerazzurri.
Il campionato non è ancora terminato ma, come il più scontato dei romanzi, il finale è già stato intuito da molti lettori. Che, fino all’ultima riga, sperano in un epilogo – almeno per una volta – sorprendente.
Stefano Severi