Settembre fa storicamente rima con “campionato”. Eppure, mai come quest’anno, sono in tanti a dover ancora vedere l’alba della nuova stagione. Fallimenti, ripescaggi sì, ripescaggi forse, ripescaggi no, partite annullate qualche minuto prima del loro inizio per indisponibilità dei campi e organici ancora da decidere sono solo alcune delle grottesche situazioni che in questi mesi hanno mostrato a tutti lo stato comatoso del calcio italiano.
A tutti tranne a quelli impegnati a descrivere uno sport in netta ripresa per l’arrivo di Cristiano Ronaldo.
La Serie A è un mondo a parte, sempre più distante dal resto dei campionati. Crogiolandosi nei suoi privilegi è praticamente l’unico torneo ad esser partito regolarmente e senza troppi intoppi. Sebbene questo non vada propriamente visto come un punto a suo favore, semmai come l’ennesima dimostrazione del dislivello economico e politico esistente a discapito di tutto un sistema ormai allo sfacelo, che di giorno in giorni si sfalda nel silenzio più totale.
L’ennesima novità di stampo consumista e – manco a dirlo – contro gli interessi dei tifosi, è l’ulteriore spezzettamento delle gare, con date, orari e giorni divenuti ormai al limite del comico. Così è quasi accettabile che il campionato inizi ormai a metà agosto (nel classico periodo vacanziero) e le prime giornate vengano disputate di sera (come se in passato un Paese come l’Italia non avesse mai fatto registrare temperature calde e i giocatori non vi fossero mai sopravvissuti).
Lazio-Frosinone capita in un momento dagli umori contrapposti per le due tifoserie. I ciociari sono tornati in A dopo due stagioni, per riprovare a raggiungere una salvezza che chiuderebbe il cerchio della storica crescita apportata dalla gestione Stirpe. La Lazio ha invece iniziato il campionato con due sconfitte, che tuttavia sono parzialmente giustificabili dagli avversari affrontati: Napoli e Juventus, rispettivamente seconda e prima forza dello scorso campionato.
Momento delicato anche per la Curva Nord, che in settimana ha diramato un comunicato, a firma Irriducibili, con cui ha fatto sapere che “da adesso decideremo noi se, quando e come entrare”. Una protesta che arriva al termine delle ennesime polemiche piovute sul gruppo, successivamente agli ormai celebri volantini distribuiti contro il Napoli, in cui si invitava a ricompattare le prime file stigmatizzando la presenza di “donne, mogli e fidanzate” e invitando le stesse a posizionarsi “dalla decima fila in su o a fare un giro a Villa Borghese”.
Immediatamente giornali, radio e televisioni si sono sperticati per additare lo stesso come “sessista, razzista e discriminatorio”, propinandoci l’ormai canonica retorica anti-ultras e descrivendo il mondo delle curve come un covo di fetidi buzzurri che meriterebbero l’estinzione immediata. Nessuno ha provato – come sempre – ad analizzare e ragionare su quel volantino e tutto il contorno. In Italia si fa a gara ad essere più sfavillanti e scandalistici nei titoli, ma a pochi interessa approfondire i contenuti, non sbattere il mostro in prima pagina e fare informazione come si deve.
Arrivo al nocciolo. Parto dal presupposto che quel volantino si sarebbe potuto scrivere meglio, in maniera più esplicativa e senza mettere in primo piano le donne. Questo per non dar adito ai moralizzatori da quattro soldi di ricamarci sopra. Nel 2018 sappiamo bene come ogni singola frase stampata su un foglio di carta possa passare in pochi secondi sui social e, di conseguenza, tra i maggiori organi di (dis)informazione. Ecco, sicuramente su questo punto si è peccato di superficialità, andando peraltro controcorrente rispetto all’atteggiamento di un gruppo (gli Irriducibili) che storicamente ha dato alla comunicazione sempre molta importanza, usandola quasi sempre in maniera oculata.
Veramente gli Irriducibili volevano dire che le donne non devono occupare le prime file delle curve per motivi sessisti? Qualcuno, soprattutto tra i curvaioli, si è posto questo quesito? Personalmente non ne ho avuto neanche bisogno, capendo alla perfezione quale voleva essere il messaggio originario dello stesso (che, lo ripeto, poteva sicuramente esser scritto meglio). C’è un problema oggettivo, oggigiorno, in quasi tutte le curve italiane: gli ultras hanno perso molto di quella leadership di un tempo e spesso si trovano a dover “guidare” persone che poco c’entrerebbero con quella parte di settore storicamente dedicata alla parte più viscerale del tifo organizzato.
Gli Irriducibili hanno parlato di “mogli e fidanzate” come avrebbero potuto parlare di persone più impegnate a fare foto, selfie e dirette che a tifare, o di “sbarbatelli” là posizionati per moda, per raccontarlo a scuola il giorno dopo, salvo aprire la bocca due volte su trenta cori. Chi frequenta gli stadi sa bene di cosa parlo. E sa bene come, soprattutto nelle grandi città, sia diventato davvero difficile il compito di coordinazione del tifo. E non tanto per la mancanza di strumenti, quanto per l’assenza di materiale umano.
Se tra le prime file si deve sopportare “squinzie” impegnate a truccarsi, coatti col cellulare per 90′ e gente svogliata è assolutamente necessario intervenire, per non rischiare di sparire lentamente e in maniera definitiva. Certo, parere personale, forse questo lavoro sarebbe meglio farlo a luci spente, “in casa propria”. Ma dato che la demonizzazione difficilmente la digerisco, inviterei a riflettere anziché limitarsi alla condanna.
Non solo trovo fuori luogo la reazione del mondo dell’informazione, ma addirittura ridicola quella di molti appartenenti al nostro movimento. C’è chi ha voluto dare una connotazione politica a questo volantino quando io di politico non ci vedo proprio nulla. Commentare e giudicare è legittimo, farlo in malafede e partendo da un pregiudizio è meschino. La differenza sta tutta qua.
Come promesso, dunque, a inizio partita le prime file rimangono vuote. Gli Irriducibili faranno il proprio ingresso verso la fine del primo tempo, scendendo tutti assieme dalla scalinata centrale con lo striscione tra le mani. Lo stadio li accoglie tra gli applausi, e questo la dice lunga su quanto scoramento ci sia ormai tra la realtà, l’informazione e il fantastico mondo dei social network (dove la loro scelta era stata contestata da parecchi).
Nel secondo tempo la Nord tiferà regolarmente, spingendo la squadra alla vittoria (ottenuta grazie a un gol di Luis Alberto). Una prestazione sufficiente, sebbene il settore sia meno colorato rispetto alle ultime volte che li avevo visti.
Su fronte ospite sono 3.100 i biglietti venduti a Frosinone. I supporter giallazzurri raggiungono l’Olimpico alla spicciolata, con la gestione dell’ordine pubblico che appare al quanto “all’acqua di rose”. Prima del match infatti, molti ciociari si mischiano ai tifosi biancocelesti. Il contingente ultras arriverà a ridosso della partita, con un corteo partito da Circonvallazione Clodia.
Si tratta ovviamente di una trasferta molto sentita a Frosinone (come lo sarà quella con la Roma). Un’occasione per ottenere una piccola rivincita nei confronti della grande città, così vicina ma spesso così lontana nei modi di fare e intendere la vita. È inoltre un orgoglio per tutta quella generazione che ha mangiato polvere negli insidiosi campi della D e della C.
Come sottolineato spesso dai canarini, con Roma e Lazio non sarà mai un derby (che per loro era, è e resterà quello contro Latina). Così come, per ovvi motivi, non può esserlo al contrario. Analizzando queste sfide, però, si può sicuramente riscontrare un’interessante contrapposizione regionale, dove il campanile comunque non manca.
È innegabile l’esistenza di diversi ambienti romani che, soprattutto negli ultimi 70/80 anni, hanno disegnato la figura del ciociaro come “burino”, gretto e sgraziato (che poi, se andiamo a vedere, è il classico atteggiamento tenuto dalle grandi città nei confronti di ciò che le circonda. Assioma valido quasi in tutto il mondo). Uno stereotipo che per ovvie ragioni non può far piacere ai destinatari.
Nella prima frazione il settore ospiti si mette in evidenza con un buon tifo: tanti battimani, cori a rispondere, una sciarpata e complessivamente un’ottima intensità. Nella ripresa il ritmo calerà, pur essendo contraddistinto da bei boati.
Malgrado la sconfitta la squadra viene chiamata sotto il settore e spronata con cori e applausi. La prestazione del Frosinone è stata comunque ottima, soprattutto al cospetto di un’avversaria che in campionato competerà per le prime posizioni.
Ultima appendice la voglio dedicare a Mario Facco, uno dei signori del nostro calcio scomparso proprio nella settimana prima di Lazio-Frosinone. Con i biancocelesti aveva vinto lo scudetto del 1974 e con i giallazzurri aveva ottenuto una bella salvezza in C2 nella stagione ’82/83. Quando i maxi schermi dello stadio Olimpico mandano le sue immagini tutti i presenti lo ricordano con un commosso applauso.
I più giovani lo ricorderanno anche per il sempre puntuale commento tecnico su RaiSport. Un personaggio composto e signorile. Uno di quelli che il nostro pallone, purtroppo, conosce sempre più difficilmente.
È bello pensare che il destino abbia voluto salutarlo mettendo di fronte due delle squadre a cui aveva dedicato parte della propria vita.
Simone Meloni