Se questo fosse un tema istintivamente preferirei fosse una traccia libera. Se mi fermo a ragionare però convengo – con me stesso – su quanto probabilmente sia meglio categorizzarlo. “Obbrobri e prevaricazioni di Roma”, forse il titolo migliore.
Premessa: in occasione di questa partita i ragazzi delle Brigate avevano preparato uno stendardo – assolutamente non offensivo o ingiurioso verso terzi – per i compagni di curva diffidati in seguito agli episodi di qualche settimana fa contro l’Eurobasket. Fatti su cui abbiamo approfondito ampiamente e su cui ci sarebbe tanto altro da dire. Ciò che rimane è un grande senso di ingiustizia. L’impressione che si sia voluto colpire con una forza sproporzionata agli eventi. Sta di fatto che a suddetto stendardo è stato impedito l’accesso motivo per cui il gruppo ha deciso di lasciare nuovamente la Curva Ancilotto vuota.
Dunque, cosa succede spesso in Italia se provi a portare un pensiero o un messaggio di solidarietà in un posto dove generalmente si aggregano decine di giovani per amore del tifo e dello sport? Non te lo fanno entrare. E se ti dice male rischi anche una bella sanzione amministrativa o il Daspo (ormai virale panacea a tutti i mali della nostra società). Di esempi ne potremmo fare a decine ma sicuramente, se vogliamo restare circoscritti a quest’annata, ci basterebbe menzionare lo striscione pro terremotati vietato allo stadio Olimpico ai tifosi doriani. Certo, a logica possiamo dire: non fanno entrare un messaggio per chi non ha più casa, lo possono far entrare per i diffidati?
Ricorderemo tutti la polemica per le maglie e gli striscioni “Speziale libero”. Pur essendo un qualcosa di diverso e con un differente peso specifico, occorre ricordare quanto esprimere la propria solidarietà nei confronti di una persona a cui è stata preclusa la libertà e per cui sono in atto procedimenti giudiziari che – a livello pubblico – hanno spesso mostrato quanto alcune tesi accusatorie siano vacillanti, non rappresenti reato. Qualcuno potrà sentirsi offeso e storcere il naso ma in questo Paese la si deve smettere di confondere il confine tra ciò che è consentito anche se non rispecchia la morale di tutti e ciò che infrange apertamente le regole.
Del resto un po’ tutti ricorderemo l’orda di politici che nel 2013 manifestarono sulla scalinata del Palazzo di Giustizia di Milano contro i magistrati e in difesa dell’ex premier Silvio Berlusconi. La domanda che verrebbe da fare è: che differenza c’è? A mio avviso – pur non condividendo quest’ultima protesta – entrambe le situazioni sono paritarie e applicabili nella massima libertà.
È quasi puerile dire che abbiamo una Costituzione apposita per tutelare tutto ciò. Siamo arrivati al punto di sentirci stupidi – e anche infantili – nel rammentare determinate libertà con cui negli anni di scuola ci ubriacano.
Come si fa a non sentirsi in gabbia in un posto dove ormai è tutto vietato? A Roma non si può tifare, non si può manifestare, non si può esprimere il proprio pensiero liberamente senza temere che qualcuno ti si ritorca contro. Veramente, risulta difficile discostarsi da questo genere di articolo quando si tocca con mano la costante oppressione di determinati diritti. Ma ciò che risulta più frustrante è sapere che ormai non si tratta tanto dell’impuntatura del funzionario di turno quanto di vere e proprie direttive che provengono “dall’alto”. Un’attenzione minuziosa a tutto quello che avviene ovunque ci sia tifo. Una solerzia che meriterebbe ben altri palcoscenici in una città che implode su se stessa e che invece negli ultimi anni vede come unico focus da parte di Questore e Prefetti quello di annientare le tifoserie organizzate.
Eppure basterebbe davvero poco per convivere in pace. Basterebbe far rispettare le tegole con autorevolezza e intelligenza e non sconfinare in continui abusi che giorno dopo giorno infiammano la tensione sociale e rendono sempre più flebile la fiducia del cittadino nei confronti delle istituzioni. Sequestrare e inibire un pensiero non fa più notizia, dovremmo renderci conto che questa è la cosa più grave che ci potesse accadere.
Dicono: “Vabbè, ma fai tutto questo casino per quattro ragazzini a cui non fanno entrare gli striscioni allo stadio?”. Leggete e analizzate bene la storia recente di questo Paese. E forse capirete che tante cose vietate sugli spalti sono ora proibite anche nella vita di tutti i giorni.
Come facciamo a credere in uno Stato che usa il pugno di ferro contro striscioni, tamburi, megafoni e bandiere in stadi e palazzetti ma al contempo non è spesso in grado di garantire una dignitosa esistenza alla gioventù? Sì, sarò pure qualunquista. Ma il dubbio rimane atrocemente.
Simone Meloni