Come già scritto dal nostro Simone nell’articolo della partita tra Roma e Bayern Monaco, gli ultras italiani dovrebbero scendere dal piedistallo e cominciare a rendersi conto del sorpasso da parte di diverse tifoserie europee. Mancherò di nazionalismo e di diplomazia ma, in questa partita di Europa League, il gap tra interisti e tifosi del St.Etienne mi è sembrato persino imbarazzante.

Cosa c’è da dire quando, di Giovedì, ti arrivano 10.000 francesi, autori di una prova di Tifo con la “T” maiuscola, mentre dall’altra parte c’è uno stadio “Meazza” più vuoto che pieno e con una Curva Nord che presenta fin troppi spazi deserti, inizia a tifare dopo 20 minuti e, in seguito, farà fatica a brillare?

Chi dice che sono gli stranieri ad aver imparato da noi e che, per questo, rimarranno sempre indietro a noi, ha due fette di prosciutto davanti agli occhi: se è vero che in passato insegnavamo noi, al resto d’Europa, l’arte del tifo, è anche vero, dall’altra parte, che non si può campare sempre e solo di rendita. Rendita che, in Italia, se non è già finita, sta comunque raschiando il fondo del barile.

Non c’è solo un discorso di ultras in tutto ciò. Perché se l’ultras è il cuore pulsante di una tifoseria, è anche vero che ogni singolo tifoso, con azioni, pensieri e giudizi determina la resa finale. Quando vedi un intero settore che partecipa al tifo, e pensi che quello stesso settore non è composto unicamente da ultras, riesci a renderti conto di come quella nostrana non sia solo un’involuzione numerica, ma mentale.

Il tifoso medio – non ultras – di Bayern Monaco o Partizan Belgrado o PAOK Salonicco che sia, ha prima di ogni cosa un forte senso di identità con la propria realtà sociale, con la propria città e, di conseguenza, con la propria squadra. In molte piazze estere, andare allo stadio esprime innanzi tutto un senso di appartenenza che noi abbiamo perso sotto ogni punto di vista.

Certo, diranno i nostri professori di stanza alla Facebook University, molto dipende dalla repressione diversa da Paese a Paese. In parte è vero, perché le norme anti-tifoso italiane sono forse le più dure al mondo. Ma nessuno mi venga a dire che non c’è repressione in Francia, dove un gruppo può essere sciolto d’ufficio dallo Stato o allontanato a vita dalla società, o in Germania, dove si rischiano concrete condanne penali per una torcia accesa, o in Grecia, dove il più delle trasferte vengono semplicemente vietate, compresi i derby cittadini. Da buoni italiani, cerchiamo scuse su scuse per dire che siamo i migliori quando, all’atto pratico, abbiamo perso tutto anche per demerito nostro.

C’è la già citata repressione, per carità, il carobiglietti, le tessere del tifoso ed i biglietti nominativi, la televisione, e così via, ma sicuramente c’è stato un momento in cui siamo stati noi stessi a decretare la morte del nostro movimento. Se ci fosse ancora la vera massa, nelle curve, la repressione sarebbe un fardello molto meno pesante, ma la massa stessa si è allontanata, sia perché l’ultras, consapevolmente, ad un certo punto ha smesso di fare aggregazione e si è auto-emarginato, sia perché determinati atteggiamenti di chi tirava le fila nelle curve hanno cominciato a schifare prima chi c’era già, e dopo i ragazzi più ingenui appena entrati nel mondo della vita ultrà.

Inter-St. Etienne, per il sottoscritto, è stata una partita veritiera ed emblematica sullo stato di salute delle nostre tifoserie. C’è poco da dire: i Francesi, aiutati da molti gemellati arrivati da ogni angolo d’Europa (Italia, Germania, Grecia) hanno dato spettacolo con i loro cori potenti, gli effetti speciali, la moltitudine di torce accese (alcune anche a pochi centimetri dagli steward, e qual è il problema?) e le sciarpe alzate.

Una prova, quella di Magic Fans, Green Angels e compagnia, che ha coinvolto non solo il terzo anello (praticamente pieno), ma anche i tanti tifosi Verts del primo e secondo anello. In tribuna, intorno a me, tanti altri supporters del St.Etienne. Una prova magistrale quella dei transalpini, forse più nel primo tempo che nel secondo ma, in fin dei conti, davvero niente da eccepire. Riuscisse anche solo una delle nostre tifoserie ad andare in Francia con questi numeri per una partita di Europa League e fare un tifo del genere.

Capitolo interisti: mi attirerò astio e non poche critiche, ma l’obiettività è la prima cosa. Curva Nord semivuota fino al 20° del primo tempo, quando sono arrivati gli ultras del Nizza e del Varese. Da quel momento la Nord ha almeno provato, a più riprese, a fare un tifo su livelli sufficienti. Quando la Nord si è messa in testa di farsi sentire, nonostante la minoranza numerica, l’ha fatto, ma questo è successo poche volte. Per il resto tanti silenzi, qualche torcia accesa, un paio di bomboni e bandiere sventolate abbastanza di continuo.

Lo 0-0 finale fa felici i francesi ma non il popolo nerazzurro che, a fine partita, ha inviato copiosi fischi all’indirizzo della propria squadra.

Testo di Stefano Severi.
Foto di Stefano Severi e Emmanuel Regent.
Video di Stefano Severi.

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